Gioventù, tu non sei morta

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

Seconda recita con un cast di giovani - più o meno pronti al cimento del capolavoro pucciniano - e un pubblico in cui spiccavano giovanissimi studenti liceali per La bohème al Teatro Filarmonico. Sempre notevoli, e, anzi, in crescendo, la concertazione di Jader Bignamini e la regia di Pier Francesco Maestrini.

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VERONA, 11 novembre 2014 - A due giorni di distanza dalla prima torna in scena La bohème al Teatro Filarmonico di Verona con un cast rinnovato, per questa martedì sera, in tutti gli interpreti principali. Una compagnia di cantanti giovani, che ha saputo mettere in mostra buone qualità, specialmente nei registri gravi. I giovani, poi, non erano solo in scena, ma anche in platea: infatti, grazie alla promozione “Arena young” che ha offerto loro biglietti a prezzi veramente accessibili, la sala del teatro ha potuto offrire un buon colpo d'occhio con la presenza di molti ragazzi delle scuole che, con la rappresentazione di un titolo fra i più popolari, hanno potuto, forse per la prima volta, accostarsi al mondo dell'opera lirica.

Ovviamente, il clima è risultato più rilassato rispetto alla prima e la regia è risultata ancor più godibile, grazie al diverso punto di vista da cui vi abbiamo assistito (ben più vicini alla scena). Dello spettacolo di Pier Francesco Maestrini abbiamo avuto modo di parlare lungamente recensendo il debutto di domenica pomeriggio, tuttavia piace rimarcare come non abbia assolutamente annoiato o non sia risultato scontato, grazie a molti piccoli dettagli che si sono meglio potuti cogliere a una seconda visione e a un appropriato adattamento al carattere di diversi cantanti, leggermente mutati nella mimica, rispetto ai più celebri colleghi.

Partendo dalle note liete, va presa in considerazione la buona prova di Francesco Vulataggio come Schaunard: il baritono ha messo in mostra maturità vocale e scenica, risultando, seppur ancor giovane, un interprete di sicura affidabilità e solide prospettive. Vista la diversa corporatura e modalità nell'affrontare il personaggio, rispetto a Francesco Verna, Vultaggio ha disegnato l'allegro musicista come una figura meno eccentrica ed esuberante, ma, comunque, divertita quando necessario. Marcello era Sundet Baigohzhin, bravo scenicamente e dotato di una voce estremamente interessante, forse un po' grezza nell'emissione, ma sonora e ben calibrata in tutti i registri. Ci auguriamo possa presto giungere a una ancor maggior maturità, che gli consenta di potersi considerare un cantante adatto a teatri importanti come il Filarmonico anche, magari, in prima compagnia. Romano dal Zovo è stato un Colline efficace e degno di attenzione per questo repertorio. Forse “Vecchia zimarra” avrebbe potuto essere maggiormente curata dal punto di vista del puro fraseggio, ma per lui vale lo stesso discorso di Marcello e, considerata l'età, siamo convinti che questi saranno dettagli che potranno essere migliorati con l'esperienza.

Il tenore Francesco Abete non ci sembra particolarmente adatto al ruolo: ha una sicuramente abilità di attore di livello, parimenti alle doti interpretative, ma palesa, in più punti, diversi limiti tecnici e di scelta del repertorio. Giusto proporlo in questo cast di giovani, ma il timbro non baciato da madre natura, poco squillo e difficoltà nel far girare bene la voce nel registro acuto suscitano diverse perplessità. Nonostante la cura nell'interpretazione i momenti più lirici e quelli più romantici non risultano affatto memorabili, come nell'attacco di “O soave fanciulla” o in una delle frasi più belle dell'intero libretto di Giacosa e Illica: “Mimì tu più non torni”, che abbiamo potuto ascoltare, non più tardi di due giorni fa, nella bellissima interpretazione di Jean-François Borras. Sarebbe molto interessante riascoltare Abete fra qualche anno, poiché potrebbe diventare un Rodolfo pienamente credibile, se la voce si acquisisse spessore e venissero corretti alcuni difetti tecnici.

Elisa Balbo (Mimì) non si dimostra all'altezza: attrice impacciata, ha qualche buona intenzione, quando libera il suono, ma il canto sparisce troppo spesso e diventa affatto flebile, in contrasto con altri momenti quando la voce corre, improvvisamente, di più. Il timbro sarebbe bello, se non fosse afflitto da un vibrato stretto che conferisce troppo spesso un senso metallico l'emissione.

Pienamente insufficiente Rosanna Lo Greco, come Musetta. Molto della bella caratteratterizzazione che Pier Franceso Maestrini ha voluto dare al personaggio viene meno. L'ingresso della grisette parigina dovrebbe essere una delle cifre maggiormente caratteristiche di questo allestimento, ma la Lo Greco è troppo rigida nei muovimenti e danza male il Waltzer; rigidità mantenuta anche nella recitazione, poco spigliata e completamente priva delle caratteristiche precipue dell'amata di Marcello. I suoni risultano spesso schiacciati e la voce viene gonfiata oltremodo.

Jader Bignamini pare aver preso maggiore confidenza con l'orchestra, dirigendo ancor meglio di quanto non avesse fatto nel corso della prima rappresentazione. La sua è una concertazione eccellente e le dinamiche coinvolgenti. Quando dal palco pare mancare il pathos emotivo indispensabile nella Bohème, ci pensa la sua bacchetta a suscitare l'immancabile e incontenibile commozione che si prova udendo il capolavoro pucciniano.

Bene il Benoît di Davide Pellissero e lo squillante Parpignol di Salvatore Schiano di Sona. Come per loro in tutte le recite in programma, completano il cast Pietro Toscano, come Alcindoro, Valentino Perera, come Sergente dei doganieri, e Nicolò Regano, come doganiere.

Come sempre ottima la prova del coro, preparato nell'occasione da Andrea Cristofolini, del coro di voci bianche A.LI.VE, guidato da Paolo Facincani e dei ballerini Marco Fagioli ed Evghenij Kurstev.

Al temine convinti applausi per tutti gli artisti.

Con questo titolo si chiude la stagione 2013/2014 del Teatro Filarmonico di Verona, in attesa, come da tradizione, del prossimo 13 diembre, quando le porte della sala del Bibbiena si schiuderanno nuovamente al pubblico scaligero, pronto ad applaudire Lucia di Lammermoor.