Dionilla, seconda a nessuno

di Roberta Pedrotti

Gabriele Cesaretti

Dionilla Santolini, diva "inattuale"

Zecchini Editore, 2013

ISBN 13: 978-88-6540-030-2

Pagine 154

Dionilla Santolini nacque con una voce anacronistica, per un repertorio che stava tramontando e che sarebbe risorto, in un mondo completamente mutato, un secolo dopo la sua morte, ma seppe contrastare la contingenza e modellarsi una carriera che merita attenzione proprio per l'incedere discontinuo ed errabondo, ma ostinatamente determinato a protrarsi per oltre un trentennio.

Nel bicentenario dalla nascita, la riscoperta di questa cantante maceratese avrebbe facilmente potuto dar luogo a una semplice compilazione biografica celebrativa di respiro localistico; invece Gabriele Cesaretti, al suo promettentissimo debutto editoriale, sceglie felicemente un altro taglio narrativo per raccontare Dionilla. Consapevole della scarsità di testimonianze relativa alla sua vita privata non si abbandona a fantasie che potrebbero facilmente farsi romanzesche se non morbose, ma analizza con garbo i fatti lasciando trasparire il carattere forte della donna concreta, indipendente, affettuosamente legata alla famiglia e alle amicizie, con tutta probabilità impegnatasi, o comunque attenta e partecipe, anche in ambito politico. Non cade nel patetico né nell'ironico nel raccontare dell'ultimo documento pervenutoci prima del testamento olografo, una lettera a un giornale locale in cui la Santolini lamentava il comportamento incivile di alcuni vicini.

Dionilla ci viene restituita come una donna per certi versi eccezionale, soprattutto nel suo tempo, caparbia e coraggiosa, una vera imprenditrice di sé stessa, ma anche per questo, vista con gli occhi di oggi, anche normale, autentica e concreta. Una voce inattuale, quella di contralto belcantista versato ai ruoli en travesti e a scritture che ne mettessero in luce la prodigiosa estensione anche a discapito di qualche disuguaglianza e disomogeneità, ma una personalità capace di guardare senza timore negli occhi la sua contemporaneità , di sfidarla e di sviluppare così una carriera, nel bene e nel male, attualissima. Sono proprio i frequenti paralleli con la realtà più vicina a noi sottolineati da Cesaretti a rendere più accattivante la prospettiva storica e critica e a stimolare la riflessione su una storia del canto che non si snoda solo per leggende e rimpianti, ma soprattutto per storie di uomini, donne, di teatro e musica, che per definizione vivono nell'attimo e non possono mai ripetersi uguali a se stessi e pur tuttavia, nel tempo, rimangono i medesimi, nel bene e nel male.

La Santolini sarebbe stata una fra le tante cantanti del XIX secolo, occasionalmente ricordata solo per la giovanile creazione, nemmeno troppo fortunata, del ruolo di Garzia nella donizettiana Sancia di Castiglia; un nome fra i molti che ricorrono nelle cronache senza entrare però nell'Olimpo dei miti del canto. Ma proprio per questo l'impostazione del volume è avvincente, perché non fa la sterile biografia né tantomeno l'agiografia di Dionilla: la rende una figura familiare, ci fa ascoltare le voci dirette delle polemiche giornalistiche, degli annunci, dei contratti, degli epistolari, delle odi poetiche e delle rievocazioni letterarie. E attraverso queste voci ci fa vivere il romanzo vivido e autentico del teatro d'opera, nell'Ottocento come oggi, della condizione dell'artista e della donna.

Meglio prima in un villaggio che seconda a Roma, Dionilla cantò in Spagna e in Romania, ha battuto le provincie e toccato i grandi teatri, ma sempre e solo da primadonna, cercando di cambiare registro e repertorio, se lo riteneva conveniente, cercando, osando, sperimentando per poi trovare comunque le più solide soddisfazioni in Maffio Orsini e in quelle parti “inattuali” nelle quali la sua natura poteva brillare. Facendo tesoro delle critiche, evidentemente, con una concreta saggezza che si sposava all'orgoglio in modo costruttivo. Quanti paralleli, positivi e negativi, si potrebbero instaurare con artisti odierni. Cesaretti allude, annota, ma, giustamente, non azzarda nomi e riferimenti specifici: basta sapere che l'inattualità di Dionilla l'ha resa un caso attualissimo da conoscere leggere con spirito critico e storico.

Il volumetto, agile e piacevole, si legge tutto d'un fiato e non si può non rivolgere alla Zecchini una lode particolare per lo spazio vivace che conserva alla saggistica musicale e in particolare, come in questo caso, alle firme emergenti più meritevoli. Non sarà questo il caso più eclatante, però ci sia permesso cogliere l'occasione per levare un lamento che è anche un auspicio in favore della figura dei correttori di bozze. I refusi sono fisiologici: chi può dire di essere sempre impeccabile, di non aver mai visto una parola rimanere nella mente e non passare nella carta, un dito scivolare su una tastiera, un correttore automatico fare le bizze? Cosa sarebbe la filologia se non esistessero errori da individuare e catalogare? Per questo, però, nell'editoria d'ogni genere è preziosa la figura del correttore, che invece pare si stia estinguendo. Abbiamo visto i più diversi editori, anche prestigiosissimi, incappare in una doppia saltata o addirittura in orrori ortografici sbattuti in copertina (“un'artista” riferito a un basso), per non parlare delle testate giornalistiche. Capita e nel volume di cui stiamo parlando si tratta di una manciata di sviste di composizione e rilettura facilmente riconoscibili, che non ledono il valore della ricerca documentaria, l'intelligenza dell'impostazione e la piacevolezza della lettura. Però, a maggior ragione, ci ricordano l'importanza del correttore di bozze per dare pieno valore all'opera dell'autore. Saramago dedicò un romanzo a questa figura, cantandone la poesia creativa celata nell'ombra: rileggiamo la Storia dell'assedio di Lisbona e pensiamo a quanto siano preziosi i vari Raimundo Silva, insostituibili. Lunga vita a loro e agli studiosi come Cesaretti.

 

La quarta di copertina

Si definisce inattuale ciò che non corrisponde alle esigenze del momento: inattuale fu pertanto Dionilla Santolini, contralto operante negli anni in cui questo registro vocale scompariva dalle scene italiane, costretta a confrontarsi con un panorama teatrale in cui sembrava sempre più difficile ritagliarsi uno spazio di fama. L'artista maceratese fu una donna nubile e indipendente, unica artefice della propria carriera: la sua vita viene ricostruita in questo volume basandosi su un'ampia disponibilità di documenti d'epoca, tra cui uno spazio privilegiato occupano le cronache teatrali del tempo.

Un'occasione per ricordare, a duecento anni dalla sua anscita, una dimenticata primadonna del XIX secolo, riscoprendone la carriera vissuta a cavallo degli intensi anni del Risorgimento, dal 1829 al 1858.