Il cantiere nel cantiere

di Giuseppe Guggino

Conclusosi con successo il Festival Donizetti Opera 2019, facciamo il punto direttamente dal cantiere sui lavori di restauro del Teatro Donizetti, che verrà riaperto per l'edizione 2020, quando ospiterà le produzioni di Marino Faliero e La fille du régiment.

Bergamo, bilancio finale Donizetti Opera 2019

Bergamo, Gala inaugurale Donizetti Opera, 14/11/2019

Bergamo, Pietro il grande, 15/11/2019

Bergamo, L'ange de Nisida, 16/11/2019

Bergamo, Lucrezia Borgia, 22/11/2019

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È appena calato il sipario sulla fortunata quinta edizione del Festival Donizetti Opera a Bergamo e – fra i resoconti finali di numeri (presenze, percentuali di riempimento sala, paesi di provenienza degli spettatori, etc.) – già si annunciano i titoli per l’edizione ventura, che vedrà il ritorno del Teatro Donizetti come location principale per le opere di maggior richiamo e il prezioso Teatro Sociale di Città Alta riservato alla terza produzione del cartellone, quella del progetto #donizetti200.

La scelta di mettere in scena L’ange de Nisida in prima esecuzione nel cantiere non ancora concluso del Teatro Donizetti è apparsa senza dubbio audace: una scommessa, che nelle intenzioni sembrava più voler esorcizzare la paura tutta italiana per le solite infinite procrastinazioni del taglio di nastro. L’attuale stato dei lavori del Donizetti, dopo esserci entrati, pare distinguere Bergamo dalla lunga fattispecie dei lavori infiniti nei teatri, che invece accomuna e caratterizza l’ultraventennale restauro parziale del Teatro Massimo di Palermo, la ricostruzione del Petruzzelli, o le lievitazioni di importi d’appalto e dei termini di completamento per imprevisti imprevedibilissimi, del Parco della Musica e del nuovo Teatro dell’Opera di Firenze (scandalo tutto italiano quest’ultimo: appaltato nel 2008 per una previsione di completamento in 600 gg naturali e consecutivi nonché per un importo d’appalto di 69˙820˙170 € e parzialmente inaugurato oltre 350 gg la fine del 150° anniversario dell’Unità d’Italia – pur nel novero di opere pubbliche finanziate e appaltate per celebrare la ricorrenza –, per un esborso complessivo di 171˙849˙051 € + 57˙636˙370 €, reso infine funzionale per l’opera solamente nella stagione 2014-2015, a circa 6 anni dalla posa della prima pietra1).

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Ma non avendo ragguagli sull’avanzamento lavori era lecito temere il peggio prima dell’inizio dello spettacolo, se non altro per via delle due proroghe già concesse sui tempi di completamento; quindi, entrando sospettosi nel foyer-cantiere all’ultima recita dell’Ange, abbiamo ironicamente stuzzicato l’ufficio stampa del Festival che, evitate le giaculatorie in burocratese, ci ha sorpreso non poco, conducendoci a una tanto inusuale quanto discreta presenza a piantonare il portone di ingresso:

− Lui è l’ing. Marcello Maltagliati, della direzione tecnica del cantiere per conto delle imprese esecutrici: per ogni domanda sui lavori, sul mancato completamento, su quanto rimane da fare, lui è la persona “giusta”!

Piacere, ingegnere!

− Piacere. Da dove cominciamo?

Beh… ovviamente dai tempi, per la fine del mese di settembre i lavori avrebbero dovuto essere conclusi, e invece?

− Ah, partiamo dalla fine? (sorride) Ok, ma come si può constatare siamo piuttosto a buon punto: non manca molto alla conclusione del cantiere e tutto sommato stiamo “sforando” non di molto i tempi!

E per la prossima edizione festival siete certi di fare in tempo a sbaraccare?

− Assolutamente sì, ormai mancano solamente interventi accessori; gli aspetti sostanziali degli lavori sono ormai compiutamente definiti.

Ecco… ma su cosa è stato necessario intervenire?

− L’esigenza di intraprendere un complesso di interventi di radicale ristrutturazione del Teatro nasceva dal fatto che ormai si era “in deroga” alla normativa antincendio da troppi anni, i solai delle vie d’esodo erano insufficienti per resistere ad un carico di folla da 600 kg/m² e poi anche la parte impiantistica era decisamente “fuori dal tempo”: tecnologie ormai troppo superate; i camerini e gli altri spazi per uffici erano vetusti… insomma, si trattava di lavori non più rinviabili. E poi c’era la componente più propriamente di restauro: in passato, nel 2007 e 2008 si era intervenuto sulle decorazioni delle sale al livello del terzo ordine di palchi, ma non sulla sala grande e sulle decorazioni dei palchi che vi si affacciano, riconducibili all’intervento ai primi del ‘900 del pittore Francesco Domenighini.

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Per quanto la presenza in foyer di una persona armata di tutto punto di DPI (che nel gergo tecnico sarebbero i “dispositivi di protezione individuale”, ossia scarpe antinfortunistiche, giaccone e pantaloni a bande catarifrangenti e caschetto) sia tanto insolita quanto un poco inquietante, l’ingegnere del cantiere conquista la nostra fiducia, angelo non già di Nisida ma della sicurezza in quel momento, con ogni probabilità non proprio tranquillo, per via di tutta quella gente nel “suo” cantiere… così ci addentriamo più negli aspetti di dettaglio.

− Ma con la sicurezza in cantiere come va?

− Abbiamo cercato di mettercela tutta per mitigare quelli che in gergo si chiamano “rischi specifici” del cantiere e renderlo fruibile da parte di un’utenza non specificamente formata. Formalmente, una volta messo in sicurezza entro il 31 ottobre anche se con qualche pavimento ancora “al rustico”, come da accordi, il cantiere-teatro è stato temporaneamente “riconsegnato” per 25 gg. alla Fondazione Teatro Donizetti che è la “stazione appaltante”. Ci hanno imposto una sospensione dei lavori per questi giorni, al fine di montare lo spettacolo, fare le prove, le recite… e domani si riporteranno via le poltrone dai palchi, così da consentici di riprendere “in consegna” l’area di cantiere, per il completamento finale dei lavori.

Quindi siete “felicissimi” di questa situazione… (il tono ironico suscita il sorrisino di Maltagliati).

− Eh… non sai quanto! A dire il vero non mi era mai capitata una sospensione di lavori per uno spettacolo in cantiere.

La gestione dell’interferenza del pubblico nell’area di cantiere com’è stata impostata?

− Noi ci siamo occupati entro lo scorso 31 ottobre di mettere “in sicurezza” gli spazi sede dello spettacolo e separare fisicamente gli altri spazi, inibiti al pubblico; poi è intervenuta un’altra impresa che si è occupata del montaggio delle scene e della tribuna metallica per aumentare il numero di posti disponibili. Prima dell’inizio dello spettacolo il pubblico in sala sarà informato e formato sui rischi specifici dello spazio in cui si trova, in ossequio al Testo Unico sulla Sicurezza; inoltre la Commissione Comunale di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo ha rilasciato una “autorizzazione provvisoria con prescrizioni” lo scorso 21 ottobre e poi quella definitiva il 6 novembre, una volta che si era ottemperato a tutte le loro richieste… insomma, si è cercato di fare le cose per bene, a garanzia della sicurezza di tutti. Io non mi sono mosso da qui, per tutte le prove, le prove aperte e le serate di spettacolo vero e proprio. E adesso ci sono le ultime tre ore d’opera, da domani il cantiere tornerà ed essere cantiere…

E solleverete “riserva” alla direzione dei lavori, per il tempo “perso” con lo stop imposto?

−Ma ti pare….

Qui il nostro ingegnere sa bene che le sospensioni disposte dal Responsabile Unico del Procedimento per motivi di pubblico interesse non costituiscono motivo di pretese economiche da parte dell’Appaltatore. Intanto in sala danno le mezze luci, quindi bisogna raggiungere il posto a sedere. Allora aggiorniamo la conversazione al giorno seguente, nell’ufficio del cantiere.

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Con ingegneristica precisione, l’ing. Maltagliati ci aspetta all’appuntamento già con qualche minuto di anticipo. Entriamo nel teatro-cantiere e assistiamo all’imballaggio delle poltrone dei palchi: inscatolate una per una, saranno immagazzinate fino alla riapertura vera e propria della sala. Il nostro ingegnere sembra decisamente sollevato rispetto al giorno precedente: tutto è filato liscio fino all’ultima recita e dal lunedì successivo si può ritornare al lavoro per lo sprint finale.

Ci accomodiamo in una bella sala al primo piano nell’ala sinistra del teatro, dove il grande tavolo delle riunioni e tutte le pareti sono tappezzate di tavole del progetto esecutivo, con una certa analogia rispetto alle riproduzioni dei bifolii sfascicolati dell’Ange de Nisida che, fino alla serata precedente, invadevano la platea del Teatro Donizetti.

Che età ha questo teatro?

− Il Donizetti venne edificato nel giro di un paio d’anni – dopo la distruzione della precedente costruzione a causa di un incendio – nel 1800 su progetto di Giovan Francesco Lucchini. Era un architetto bergamasco di una certa importanza e poi pare che a quell’epoca Bergamo avesse il monopolio anche nel dare i natali ai più grandi tenori di carriera internazionale, ma su questo mi fido di quello che mi raccontano, non so se confermi.

Sì, sì, basti ricordare i nomi di Giacomo David, Andrea Nozzari, Domenico Donzelli e Giovan Battista Rubini, tutti nati nel bergamasco!

− Dopo la costruzione il teatro fu comunque sottoposto a numerosi interventi anche molto radicali. Ad esempio la facciata principale che oggi vediamo non è quella del 1800, ma si tratta di un restyling dell’architetto Pietro Via del 1897, in occasione del centenario dalla nascita di Donizetti, quando il teatro – che fino ad allora si chiamava Riccardi – gli venne intitolato. Fra il 1962 e il 1964 ci furono gli interventi più radicali (dopo gli i lavori minori di riqualificazione del 1951 e del 1953), con la costruzione della torre scenica con struttura in cemento armato, la nuova copertura a capriate della sala grande sempre in cemento armato e il nuovo corpo laterale a destra, che va sotto il nome di “Ridotto Pino Pizzigoni” (poi intitolato al bergamasco Gavazzeni, ndr.), ampliato dall’ing. Pizzigoni figlio nel 1990. E poi arriva il progetto di adeguamento dell’ing. Berlucchi & co., quindi noi che lo stiamo realizzando.

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Ecco, come nasce questo progetto?

− Il progetto esecutivo che noi stiamo realizzando parte dal 2006, quando l’amministrazione comunale dell’epoca si pose il problema della sicurezza del teatro e affidò con una gara la progettazione degli interventi di messa in sicurezza. In realtà fu deciso di non limitarsi al ripristino della sicurezza antincendio e gli orizzonti del progetto furono allargati e orientati verso una rifunzionalizzazione complessiva, con il restauro conservativo anche delle decorazioni. Il progettista non è un singolo soggetto ma un raggruppamento molto articolato, appunto perché doveva essere in grado di coprire l’ambito multidisciplinare di una progettazione complessa. Il raggruppamento per questa progettazione prevede l’ing. Nicola Berlucchi come coordinatore delle prestazioni specialistiche fra il suo studio e quelli di Pezzetti e Arassociati (per architettura e restauro), la SPC del prof. Giorgio Croci (per le strutture, già progettisti delle strutture del MAXXI dell’archistar Zaha Hadid), l’ing. Caratti (per gli impianti tecnici) e la consulenza specialistica dello studio Müller BBM (leader internazionale nella progettazione acustica).

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Cosa prevede il progetto?

− Il progetto, approvato in maniera definitiva nel 2016 dopo gli innumerevoli pareri necessari (ASL, Genio Civile, Soprintendenza, Vigili del fuoco, etc.), prevede lavori di restauro e conservazione delle parti di pregio architettonico, la ricostruzione di tutta l’ala sinistra (che ospiterà sala prove e camerini), il recupero dell’ala destra posteriore detta “propilei” come uffici per la Fondazione e il rinnovo completo di tutti gli impianti.

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Il tutto per un importo di 14,35 Mln€ di cui 584.306,64 € sono i costi per assicurare a noi delle imprese esecutrici le condizioni di salute e sicurezza, mentre la parte complementare di importo è per lavori veri e propri. I 14,35 Mln€, tolta la sicurezza, sono ripartiti in 9,69 Mln€ per i restauri e le opere edili e 4,07 Mln€ per il rifacimento di tutti gli impianti.

Quindi non un importo stratosferico, se ci pensi 14 Mln€ sono l’importo che percepisce dal FUS annualmente una Fondazione lirico-sinfonica medio-grande tipo il San Carlo di Napoli, come contributo per la stagione artistica (da sommare ancora a quello di Comune e Regione). Voi con quei soldi ci rimettete a nuovo una costruzione di notevole pregio storico-architettonico, pagandoci materiali e manodopera!

−Eh… ma qua i bergamaschi ce li fanno sudare i soldi (ride).

Perché… voi di dove siete?

− Noi siamo piemontesi. Una volta completata la fase di predisposizione del progetto, infatti, la Fondazione Teatro Donizetti ha bandito una gara pubblica per la selezione dell’operatore economico a cui appaltare i lavori in maniera trasparente, seguendo il Codice dei Contratti. Alla gara abbiamo partecipato anche noi che siamo un’associazione temporanea di due imprese, la Fantino Costruzioni Spa di Cuneo (al 51%) e la Notari Impresa Spa di Novara (al 49%); nello specifico io sono dipendente della Notari.

Quindi piemontesi che "rubano" il lavoro in terra di costruttori! Con l’immancabile strascico di polemiche, dello stesso livello di stupidità su ciò che si scrive sulla difesa dell’italianità di Alitalia…

−(ride) alla gara, bandita con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, hanno partecipato anche molti raggruppamenti con all’interno un’espressione territoriale. Ma abbiamo vinto noi, con un ribasso del 23,7 % e alcune migliorie tecniche offerte sul progetto esecutivo senza maggiori oneri, quali la pedana mobile automatizzata della fossa dell’orchestra, i paranchi motorizzati e il ricorso a unità di trattamento dell’aria dell’impianto di condizionamento con un migliore rendimento energetico. Quelli della Fondazione Teatro Donizetti sono e vogliono apparire trasparenti al punto che tutta la documentazione di gara, a oltre un anno dall’aggiudicazione, è ancora disponibile sul un sito web creato ad hoc per rendere pienamente conto di questi lavori.

Verificando l’informazione di Maltagliati, in effetti, si trova con una certa facilità il sito web nuovoteatrodonizetti.it dal quale ancora scaricabili tutte le tavole del Progetto Esecutivo posto a base di gara, nonché il bando e i verbali delle sedute fino all’aggiudicazione finale al seguente link: http://nuovoteatrodonizetti.it/amministrazione-trasparente/

E con le polemiche come è andata?

− Ma sai, le polemiche sono più giornalistiche che reali. Devo dire che stiamo lavorando molto bene qui a Bergamo; poi la base operativa è ovviamente qui, quindi parte della manodopera e le forniture alimentano comunque l’economia locale, quindi molte argomentazioni che si leggono non sono neanche fondate.

Però vi sentite “osservati speciali”?

− Un po’ sì, ma non per aver vinto l’appalto a discapito di competitor locali. Si tratta di un aspetto invece legato alla fonte di finanziamento che per questi lavori “pubblici” è piuttosto inusuale. Profilandosi con il Progetto Esecutivo l’importo dei lavori, infatti, la Fondazione Teatro Donizetti ha avviato una massiccia campagna di ricerca di sponsor e finanziatori privati già a partire dal 2014, che ha portato ad un totale di circa 9,5 Mln€.

Sempre rovistando fra i documenti disponibili in nuovoteatrodonizetti.it, emerge che fra i donatori più generosi tramite Art Bonus c’è Ubi Banca che con 2 Mln€, seguita dalla Società dell’Aeroporto di Orio al Serio, con 0,50 Mln€, da Brembo e SIAD spa con 0,25 Mln€ fino a piccole donazioni da parte di persone fisiche; il sito riporta l’elenco completo dei donatori, distinto fra società e persone fisiche.

Che è un bell’importo!

− Sì, un importo di poco inferiore alla contribuzione propriamente pubblica ai lavori che è di 10,4 Mln€ dal Comune di Bergamo, più altri 2,86 Mln€ fra Ministero dei Beni Culturali, Regione Lombardia e Camera di Commercio di Bergamo. Quindi un “lavoro pubblico” sì, ma con oltre il 40% di donazioni da privati. Chiaramente sia i privati donatori che alcuni “palchisti” (ossia proprietari di alcuni palchetti, un retaggio di consuetudini ottocentesche che ancora persiste a Bergamo ndr.) ci sorvegliano, vogliono periodicamente dei resoconti sull’andamento dei lavori, e vogliono fare continuamente visite in cantiere!

Addirittura…

− Sì, francamente non mi era mai capitato prima d’ora di fare la guida turistica, oltre che il mio lavoro (ride).

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Una gran rottura…

− Ma no, anzi, fa piacere una volta tanto non lavorare nell’ombra, e anche rilasciare una specie di intervista come sto facendo adesso!

Però ciò nonostante qualche intoppo c’è stato sui tempi. Magari la Fondazione Teatro Donizetti, non occupandosi ordinariamente di opere pubbliche ma di spettacolo non aveva il know-how adatto per una simile attività? Sarebbe stato meglio avere a che fare con l’ufficio tecnico del Comune di Bergamo?

− No, quello devo dire che non è stato un problema per noi. La Fondazione aveva svolto un ruolo proattivo nel reperimento dei fondi privati, quindi presumo che la scelta di far appaltare i lavori a essa sia stata determinata da questo. Poi la gara è stata aggiudicata senza ricorsi, quindi evidentemente non c’erano stati errori nelle procedure: il Presidente della Fondazione, il dott. Giorgio Berta, poi, è un tipo estremamente preciso. Per quanto riguarda la direzione dei lavori, che è la nostra controparte di natura tecnica, la Fondazione ha selezionato un soggetto esterno che prestasse loro il servizio di architettura/ingegneria e così ha fatto anche per il collaudo in corso d’opera e finale. E stiamo lavorando abbastanza bene, in armonia credo di poter dire.

Aggiudicazione definitiva del lavoro il 22 gennaio 2017, consegna del lavoro il 5 febbraio 2017, più 600 giorni naturali e consecutivi, arriviamo a fine settembre 2018 e invece qualcosa deve essere andata storta… o no?

− Più che cose andate storte si è trattato di aggiungere qualche intervento che non era previsto in progetto o di risolvere qualche imprevisto. In particolare abbiamo fatto solamente due perizie di variante al progetto e ne stiamo preparando una terza che sarà l’ultima. La prima perizia di variante ha comportato un maggiore costo di 522˙000 €, con una concessione di un allungamento del tempo contrattuale di 90 gg ed è stata determinata da qualche inconveniente strutturale riscontrato nelle fondazioni delle murature della sala principale e nei solai della galleria.

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Cosa era previsto dal progetto e cosa avete dovuto fare, invece?

− Per quanto riguarda la sala principale il progetto prevedeva lo svuotamento degli spazi sotto platea con la ricostruzione di nuovi locali tecnici interrati, depositi per strumenti e la fossa dell’orchestra con pedana mobile motorizzata capace di far passare rapidamente da assetto “serata d’opera” ad assetto “serata da concerto” davvero in pochi secondi, e infine la ricostruzione del pavimento platea su assito di legno flottante 30 mm + 20 mm con parquet di completamento da 15 mm.

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Una volta svuotata la platea fino al piano -1 (c’erano strutture in cemento armato realizzate negli anni ’60) ci siamo accorti però che le fondazioni delle murature a ferro di cavallo che sono fondamentali per la statica del nucleo centrale non arrivavano fino a quella quota, e ciò senza che tali murature presentassero segni di dissesto che potessero far ipotizzare il problema. Chiaramente lo studio Croci non aveva elementi per ipotizzare una situazione simile; però, una volta riscontrata, occorreva porvi rimedio. Così si è proceduto a fare delle “sottomurazioni”, ossia a costruire la fondazione sotto le murature a ferro di cavallo per conci, senza far cadere quello che c’era sopra, ovviamente. Un intervento particolarmente complicato che abbiamo realizzato per fasi, al fine di non sbilanciare la struttura, altrimenti avremmo rischiato di far formare delle fessure.

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L’altro imprevisto invece riguardava i solai delle due gallerie di cui il progetto non prevedeva il rifacimento, solamente che poi, smontando i pavimenti, abbiamo riscontrato delle strutture lignee che non davano sufficienti garanzie di sicurezza e durabilità futura, quindi abbiamo optato per il rifacimento di questi solai in sistema misto lamiera grecata e calcestruzzo alleggerito, appunto per non inserire un elemento molto pesante e troppo rigido (cosa estremamente pericolosa in caso di sisma, nelle strutture in muratura).

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La seconda variante, invece?

− È una variante “omnibus”, venuta a costare 1,9 Mln€ in più con un allungamento del termine contrattuale di 148 gg.

Ah… una variante decisamente più massiccia; e quali aspetti ha riguardato?

− Sostanzialmente tre aspetti diversi. Il primo era un aspetto di maggiore sicurezza durante l’esecuzione dei lavori. In particolare nell’ala destra dell’edificio in zona retropalco c’è un corpo autonomo che noi chiamiamo “Corpo propilei”; i solai interni erano tutti a quote sfalsate, che è quanto di peggio ci possa essere in caso di sisma e il progetto esecutivo prevedeva lo sventramento di tutto il costruito all’interno, lasciando solamente le pareti esterne puntellate. La nostra variante è stato il ricorso ad una tecnica di puntellamento che ci ha consentito di lavorare meglio e più in sicurezza, spendendo poco di più.

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E direi che avete fatto bene, e le altre due modifiche?

− Il secondo aspetto della variante ha riguardato la parte impiantistica, per recepire nel progetto alcune modifiche normative intervenute dopo la conclusione del progetto esecutivo; non eravamo pertanto tenuti a prenderle in considerazione, però dal momento che i finanziamenti reperiti per 18 Mln€ superavano l’importo ribassato che è di circa 11,1 Mln€, pur nei limiti alle varianti posti dal Codice degli Appalti, abbiamo proposto alla Direzione dei Lavori di accogliere le modifiche, per pervenire ad un’opera certamente migliorata dal punto di vista prestazionale.

L’art. 149 del Codice, se vi è disponibilità fra le somme a disposizione, vi consentiva di farlo… e quindi, in effetti, fare diversamente non sarebbe stato molto lungimirante. E la terza variazione rispetto al progetto?

− Riguarda le coperture. Il progetto prevedeva solamente il consolidamento strutturale delle capriate in cemento armato della torre scenica (con rinforzi in FRP, ossia fibre di carbonio incollate che incrementano la resistenza strutturale degli elementi) e ripristini corticali del calcestruzzo degli anni ’60.

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L’aspetto di rifacimento della copertura invece non era contemplato, probabilmente perché la copertura aveva ancora una sua vita utile residua, e il progettista verosimilmente avrà avuto anche i suoi vincoli di perimetro economico assegnatogli. Tuttavia, sempre in relazione alle somme a disposizione – che c’erano – sarebbe stato un peccato non rifare integralmente le coperture perché solamente così facendo si ha la garanzia di non dover tornare a intervenire dopo pochi anni. Quindi valeva la pena aggiungere questi lavori a quanto già previsto.

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Infine… la terza perizia, ancora in fase di predisposizione?

− Come dicevo ieri, mi pare, sarà l’ultima: una perizia di assestamento finale, e riguarderà aspetti di finitura di sale di servizio (sala conferenze, una sala prove e il bar). Complessivamente si attesterà intorno a 1 Mln€ e avrà una richiesta di allungamento dei termini di 25 gg. per consentirci il recupero del tempo perso con il fermo cantiere per l’Ange de Nisida. Anche qui le economie del ribasso di gara e le somme a disposizione ci consentono di poter offrire qualche cosa in più nell’edificio, pur nel rispetto del perimetro tracciato dal Codice degli Appalti, quindi perché non farlo?

Quindi, complessivamente ti ritieni soddisfatto dell’intervento?

− Devo dire di sì. Come imprese sia noi della Notari che i nostri partner, avevamo esperienze di restauri similari ma in teatri o cinema più piccoli e comunque non interessati da un festival che costituisse un appuntamento annuale ineludibile. Questa esposizione per noi è stata un pungolo per lavorare al meglio, comprimendo al massimo i tempi. Mi sono anche appassionato alle problematiche acustiche; ad esempio abbiamo impacchettato dodici prototipi di poltrone per la platea, spedite in Germania per gli ultimi test specifici di riflessione del suono prima del montaggio in sala. Adesso aspetto con ansia gli esiti.

Allora al prossimo teatro da costruire o restaurare?

− Chissà!

Abbiamo raccolto e raccontato con piacere questa conversazione con l’ingegnere Maltagliati perché una volta tanto s’è percepita la netta sensazione d’aver conosciuto il lato sano dell’Italia laboriosa e generosa che ci piace. L’esperienza di Bergamo, segnata da una vivacità culturale che con mezzi non illimitati si mobilita attorno a un festival in costante crescita di edizione in edizione e che, tramite la Fondazione Teatro Donizetti, sa giocare un ruolo di primo piano in un delicato processo di fundraising da quasi 10 Mln€, costituisce certamente un modello virtuoso a cui guardare con grande interesse, anche per il ruolo di controllo etico sulla spesa pubblica esercitato dai privati donatori. Si dirà che ci vuol poco a far funzionare la tanto vituperata idea di “fondazione” nell’agiato contesto economico e industriale della bassa bergamasca; ma il fatto che essa abbia funzionato attorno ad un progetto culturale quale polo attrattore, però, è un messaggio importante, un segnale preciso, che dovrebbe sollecitare i contesti meno agiati ad un approccio più ottimista e costruttivo. Un po’ come accade nella Pesaro rossinana (lanciatasi frattanto nella campagna di solidarietà per il restauro dell’Auditorium Pedrotti), con la speranza che prima o poi anche le terre belliniane, rinunciando al parastatalismo dell’Ente Lirico formato anni ’80, possano spolverare la parola “Fondazione” senza provare l’orrore con il quale – finora – l’han proferita.

1# Per i dettagli del caso si rinvia alla Deliberazione dell’Adunanza n. 68/2010 dell’Autorità Nazionale AntiCorruzione (ANAC) consultabile al link: https://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=4444.