Ossequio alla tradizione

di Michele Olivieri

L’emergenza sanitaria ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web importanti proposte arrivano direttamente a casa dando una mano alla cultura e un senso di aiuto per ciascuno di noi. Rai Cultura sul canale Rai5 in collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano ha trasmesso la versione della Bayadère di Natalia Makarova dall’originale di Marius Petipa.

MILANO, aprile 2020 – La Bayadére è uno di quei titoli che, per lo stile coreografico e la drammaturgia narrata, incarnano l’assunzione unanime della danza classica. Il maestro ottocentesco, Marius Petipa, autore sia del soggetto che della coreografia costitutiva, associa i passi della tradizione ballettistica italiana e francese alle estetiche che ravvivano i sogni del pubblico tardo-romantico: promesse d’amore, paesaggi esotici, tradimenti, espressioni tragiche o soffuse e sdolcinate, senza tralasciare quei fenomeni che trascendono i limiti dell’esperienza e della conoscenza umana - come nel momento più “alto” - il “grand pas classique” comunemente chiamato Regno delle ombre: pura danza di creature che con radiosa chiarezza e precisione fanno da contorno ai protagonisti. La musica di Ludwig Minkus (ri-orchestrazione di John Lanchbery) risulta nel suo candore bilanciata all’etereità della danza.

Allestita per la prima volta nel 1877 al Teatro Imperiale Bolshoi Kamenny di San Pietroburgo in Russia, La Bayadère è stata trasmessa da Rai5 nella versione del 2006 ideata da Natalia Makarova (una delle più grandi étoile russe della seconda metà del XX secolo al Kirov prima e all’American Ballet Theatre dopo, danzando in seguito come “guest artist” presso le maggiori compagnie del mondo, tra cui l’Opéra, il National Ballet of Canada, lo Stuttgart Ballet, il Royal Danish Ballet, il London Festival Ballet, nella celeberrima compagnia di Maurice Béjart e in quella storica di Roland Petit). Una Makarova che ha saputo mantenere viva la solida tradizione della scuola del balletto russo derivata dalla sua produzione del 1980 firmata per l’American Ballet Theatre. La Bayadère è stata allestita e rivisitata numerose volte nella sua lunga epopea. Oltre allo stesso Petipa nel 1900, troviamo Alexander Gorsky e Vasily Tikhomirov nel 1904, Agrippina Vaganova nel 1932, Vakhtang Chabukiani e Vladimir Ponomarëv nel 1941, Rudolf Nureyev nel 1992 e Sergei Vikharev nel 2002.

Riassumendo la trama, così accennata di grazia e attraente fragilità, troviamo nel primo atto il guerriero Solor, innamorato della baiadera Nikiya a sua volta amata dal Bramino. Nikiya costringe Solor ad un giuramento d’amore eterno. A Solor viene offerta la mano di Gamzatti, la figlia del Rajah, ed egli accetta dimenticandosi la promessa fatta a Nikiya. Durante i festeggiamenti per il fidanzamento, Gamzatti dice a Nikiya il nome del suo fidanzato e lei si oppone inutilmente a questo fidanzamento. Una schiava, Aya, propone a Gamzatti di uccidere Nikiya. Nel secondo atto vi è la danza delle baiadere alla quale partecipa anche Nikiya. Aya dà a Nikiya un cesto di fiori nel quale è nascosto un serpente velenoso che la morde. Il bramino le propone di salvarla, a patto che lei accetti di sposarlo. Nikyia rifiuta e danza fino a quando muore. Nel terzo atto, Solor per dimenticare il dolore della morte di Nikiya, fuma un particolare veleno, si addormenta e si ritrova nel regno delle ombre e tra esse riscopre anche l’amata Nikiya alla quale giurerà fedeltà eterna. Nel quarto atto durante le nozze tra Solor e Gamzatti, il tempio crolla seppellendoli sotto le macerie, in una perfetta armonia tra scene di massa e personaggi principali, dai sentimenti contrastanti, con momenti di alto lirismo e fascino poetico.

Ad interpretare - in un’India da leggenda - la bella Nikiya, il principe Solor e Gamzatti, troviamo Svetlana Zakharova, Roberto Bolle e Isabelle Brusson. Accanto a loro il Corpo di ballo e l’Orchestra del Teatro alla Scala diretta con velocità d’esecuzione da David Coleman con le maestose colorate scene di Pierluigi Samaritani e gli elaborati lucenti costumi di Yolanda Sonnabend. Da ricordare che “La Bayadère” fu creata espressamente per i primi ballerini dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo Ekaterina Vazem e Lev Ivanov. La versione della Makarova, spolverata dagli antiquati aggiuntivi coreografici (ad esempio le danze che accordano il “divertissement”) lascia trasparire una figurazione maggiormente basica, dando così valore alla convergenza degli elementi consueti dell’opera in forme di progresso e di movimento. Uno dei fatti caratterizzanti nelle produzioni moderne è la mancanza del quarto atto, in cui, durante il matrimonio di Gamzatti e Solor, Solor è ossessionato dall’ombra di Nikiya e il tempio viene distrutto dagli dei come vendetta per la morte di Nikiya. In questa rilettura scaligera il merito della Makarova è quello del totale recupero della partitura originale di Petipa, con il reinserimento della distruzione del tempio, e il ricongiungimento spirituale tra Solor e Nikiya (operazione eseguita con l’accorpamento nel terzo finale atto). La Zakharova è un autentico prodigio, così sicura di sé nel mostrare le sue eccezionali doti avvalorate da un fraseggio fresco e sorprendente, incantevole nell’adagio come nei passaggi allegri, costantemente controllata sfrutta al massimo gli allungamenti estremi sapendo incessantemente dominare la propria arte. Il Solor di Roberto Bolle mostra un corpo perfettamente modellato ed una tecnica accademica irreprensibile.

Il Corpo di ballo, a livello del grande teatro milanese, a tratti soffre in una sincronizzazione non perfetta lasciando venire meno la spiritualità, e la Gamzatti di Isabelle Brusson subisce il confronto teatrale con la Zakharova. Buona la temuta discesa delle 32 ballerine in “arabesques penchées, cambrés, ports de bras” tra bellezza ed abilità (in altre versioni si è arrivati anche a sessantaquattro ballerine per delineare al meglio la quadratura). In scena troviamo inoltre Bryan Hewison, Mick Zeni, Francisco Sedeño, Antonino Sutera, Matthew Endicott, Piera Pedretti, Sabrina Galasso, Lorella Ferraro. Prendendo in esame la completezza dell’allestimento si delinea una consuetudine in linea con la tradizione per virtù e difficoltà esecutiva.