Apollo e Dioniso

di Michele Olivieri

L’emergenza sanitaria ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web importanti proposte arrivano direttamente a casa, dando così una mano alla cultura e un senso di aiuto per ciascuno di noi. Sul canale youtube dell’Hamburg Ballet, è stata temporaneamente visibile l’azione coreografica Morte a Venezia nella versione coreografica di John Neumeier, registrata in Germania.

BADEN-BADEN, maggio 2020 – Come ben sappiamo, Morte a Venezia è un racconto di Thomas Mann e pubblicato nel 1912. L’opera presenta uno scrittore, Gustav von Aschenbach, nel momento più buio della professione, la mancanza di creatività; cercando nuova ispirazione intraprende un viaggio di riscatto in Italia, a Venezia, durante il quale dapprima ritrova serenità, per poi maturare una ossessione rivolta a un giovane dalla bellezza apollinea (Tadzio) incontrato tra gli ospiti del suo stesso hotel, presso il lido lagunare. Lo scrittore, senza mai giungere a un rapporto fisico ma nemmeno a una conversazione, ne rimane talmente affascinato da sconvolgere profondamente la propria esistenza. Di forte attualità, l’infezione da colera che affligge in quei giorni Venezia lascia percepire quel senso di decadimento, che filosoficamente o meglio metaforicamente accomuna la giovane età del fanciullo con lo scorrere inesorabile del tempo dello scrittore, un contrasto estetico così evidente in una passione impossibile.

La coreografia a firma del colto Neumeier presentata dall’Hamburg Ballet dal titolo Tod in Venedig nel 2003 ad Amburgo, ma anche alla Fenice di Venezia in prima italiana nel 2009 (qui ripreso in video nel 2004 al Festspielhaus di Baden-Baden, durata 2 ore e 20 minuti), assume un alto valore per il fascino raffinato con il quale è stata concepita ed allestita; le scenografie e i costumi appaiono semplici e agevoli ma di forte impatto evocativo. I movimenti degli esecutori restituiscono una scioltezza fluida miscelata a passaggi sistemici, sottolineando al contempo i sentimenti sognanti e quelli tumultuosi. La scelta musicale ricade su Johann Sebastian Bach e Richard Wagner - con brani realizzati dal vivo al pianoforte - e risulta opportuna nell’accompagnare concettualmente il ballabile. Una serie di incontri, girandole di un tempo ormai perduto in cui l’aristocrazia godeva di quel pallore sinonimo di nobiltà, tra viaggiatori, marinai, gondolieri, barbieri, chitarristi, sontuose feste all’Hotel des Bains (con accenti rock) in cui è evidente la simbologia dell’amore tra lo stesso sesso. Un ritrovare Apollo e Dioniso in chiave erotica lasciando fuoriuscire i tormenti di von Aschenbach a lungo sopiti e mai risolti, nel nome dell’ideale di bellezza e di un giuoco delle parti; un binomio a incarnare due forme di energia diverse che si possono unificare come due metà di una medesima unità: la forza che scende dal cielo in terra, Apollo, e la forza vulcanica dell’energia che erompe in Dioniso. Tadzio, in un’esplosione dei sensi, è la visione inconscia per eccellenza, con il gesto semplice delle mani a ricreare un binocolo immaginario, guardando l’orizzonte in chiusura di spettacolo dopo una intensa e commovente danza: una danza macabra, come a rifarsi ai temi proposti dall’arte figurativa pittorica o scultorea nell’iconografia medievale. Von Aschenbach si spegne lentamente, cadendo ai piedi del giovane, dopo l’ultima festa di ballo che si tramuta in canto del cigno, mentre Venezia sprofonda nella morte a causa dell’emergenza sanitaria: la scena si fa immobile, la luce sfuma nel nero e giunge il finale toccante.

Il coreografo statunitense e direttore del Balletto di Amburgo crea uno spettacolo signorile (scenografie di Peter Schmidt, costumi di John Neumeier e Peter Schmidt, luci di John Neumeier), lasciando però imperante la danza: il resto è un contorno accennato, i ballerini con la loro arte espressiva e mimica ricreano con tutti i crismi l’atmosfera magica e letteraria. A differenza del libro o del famosissimo film di Luchino Visconti, ma anche dell’omonima opera lirica di Benjamin Britten, il coreografo Neumeier plasma il contatto fisico, rivelando così la passione. Si tratta di un adattamento essenziale, diretto ed intimo, senza alcun dettaglio fuorviante o eccessivo.

Una lode a tutti i danzatori del sempre duttile e preparato Hamburg Ballet, in particolare all’intenso Lloyd Riggins (Gustav von Aschenbach), al poetico Edvin Revazov (Tadzio), a Laura Cazzaniga, Ivan Urban, Hélène Bouchet, Silvia Azzoni, Alexandre Riabko, Jirí Bubenícek, Otto Bubenícek, Anton Alexandrov, Arsen Megrabian, i quali unitamente hanno saputo restituire la voluttà dei corpi nella contemplazione dell’amato. Una produzione non di facile lettura e convinzione per coloro che si trovano impreparati, ma capace di donare allo spettatore più attento una versione originale e curiosa: il suo protagonista non è uno scrittore, ma bensì un coreografo, che cerca di ideare un balletto su Federico il Grande di Prussia. In sintesi un intreccio d’arte aderente all’esistenza umana, in cui la corrispondenza tra materiale e spirituale trova la sua eco nella ‘morte a Venezia’.