martina franca, festival della valle d'itria

Eclissi d'amore

FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA

Il programma completo della 44ª edizione “Eclissi d’amore”:

opere rare, repertorio barocco e omaggio a Rossini

Fabio Luisi sul podio della Scintilla per il Rinaldo di Händel con la regia di Giorgio Sangati

Sesto Quatrini dirige l’inaugurale Giulietta e Romeo di Vaccaj con la regia di Cecilia Ligorio

Nuova collaborazione con la Taranta per Il barbiere di Siviglia con Elio e Francesco Micheli

Per l’attesa Opera in masseria Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti

Martina Franca, 13 luglio – 4 agosto 2018

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l programma nel dettaglio

  • Calendario completo

  • Eclissi d'amore

  • Si intitola “Eclissi d’amore” la 44ª edizione del Festival della Valle d’Itria, che si svolgerà come sempre a Martina Franca, dal 13 luglio al 4 agosto, seguendo un cartellone con circa trenta appuntamenti in venti giorni, firmato dal Direttore artistico Alberto Triola e dal Direttore musicale Fabio Luisi che affiancano il presidente Franco Punzi, fra i fondatori di quella che è una delle più longeve rassegne italiane.

    «Il Festival della Valle d’Itria – sottolinea il Direttore artistico Alberto Triola – sviluppa di anno in anno un filo rosso attraverso quattro secoli di teatro musicale, nel segno della tradizione belcantistica italiana che Rodolfo Celletti faceva risalire al“recitar cantando” monteverdiano. L’edizione 2018 si concentra sul periodo d’oro del belcantismo: dal 1718 – anno di composizione del Rinaldo napoletano e del Trionfo dell’onore di Scarlatti – al 1825, con il debutto in scena di Giulietta e Romeo di Vaccaj. È un cartellone che – nel sorprendente incontro tra Händel e la Scuola musicale napoletana – esalta la più pura tradizione belcantistica italiana. Un festival, però, non sarebbe tale se rinunciasse a integrare il rigore della proposta – e la coerenza del suo percorso – con la fantasia e la curiosità di inoltrarsi su sentieri anche molto divergenti tra loro, che continuano a testimoniare la straordinaria fecondità dell’invenzione originaria e le potenzialità tutt’ora dirompenti del teatro in musica. Per questa 44ª edizione abbiamo scelto un titolo particolarmente “barocco”, “Eclissi d’amore”: il buio improvviso e raggelante che segna il passaggio dall’incanto del più idealizzato dei sentimenti alle ombre della disillusione, e addirittura al buio della lacerazione e al dramma. Barocco è anche il gioco delle contaminazioni e dei rimandi, e il cartellone si diverte a mescolare le carte tra melodramma e tradizione popolare, tra serio e buffo, rigore e ironia; non c’è, in questo, modello migliore di Rossini, il cui genio non smette di rivelarsi più moderno del contemporaneo stesso. Il cartellone di quest’anno gli riserva un’attenzione del tutto particolare, e con proposte in linea con lo spirito di ricerca e di invenzione tipico del Festival, sorprendentemente “rossiniano” anche nello spirito del puro divertissement».

    Due i titoli d’opera in scena nel Cortile del Palazzo Ducale: Giulietta e Romeo di Nicola Vaccaj (13, 15 e 31 luglio),gioiello del belcanto del 1825, a Martina Franca nell’edizione critica di Ilaria Narici, affidato alla direzione di Sesto Quatrini, con l’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza; quindi Rinaldo di Händel / Leo (et al.) proposto nella versione di Napoli del 1718 in prima esecuzione in tempi moderni (29 luglio, 2 e 4 agosto), per il quale salirà sul podio dell’Orchestra “La Scintilla” il direttore musicale Fabio Luisi. I due spettacoli sono affidati rispettivamente alla regia di Cecilia Ligorio e di Giorgio Sangati, interessanti talenti che negli ultimi anni si stanno affermando sui palcoscenici di prosa e lirica per la cura e l’originalità delle loro proposte; queste scelte inoltre confermano l’attenzione del Festival verso le nuove generazioni di artisti e un legame sempre molto forte – nel caso di Sangati – con il Piccolo Teatro di Milano,fucina di talenti, nel segno e nel ricordo di Paolo Grassi. Per entrambe le opere avranno luogo le anteprime under30 dedicate ai più giovani e Rai Radio 3, come ogni anno, trasmetterà la diretta in occasione delle prime rappresentazioni.

    Una delle iniziative di maggior successo nelle ultime edizioni del festival è stata “L’opera in masseria”: quest’anno si torna alla Masseria Palesi per la messa in scena dell’unica commedia di Alessandro Scarlatti, Il trionfo dell’onore (22, 24, 26 e 28 luglio) in un originale progetto teatrale di Eco di fondo e la direzione di Jacopo Raffaele.

    Ampio spazio alle celebrazioni rossiniane nei 150 anni dalla morte del compositore pesarese, le cui pagine saranno presenti nella programmazione concertistica (14, 17, 18, 20, 25, 26, 28 e 30 luglio, 1° agosto) compreso l’appuntamento monografico “Tra dolci e cari palpiti”diretto da Fabio Luisi (20 luglio, Palazzo Ducale), dedicato alla memoria di Alberto Zedda.

    Non solo però: grazie a un nuovo importante lavoro di coproduzione che lega alcune fra le più importanti manifestazioni culturali pugliesi – il Festival della Valle d’Itria, la Notte della Taranta e il Carnevale di Putignano – andrà in scena a Martina Franca (21 e 23 luglio, Atrio dell’Ateneo Bruni) e a Otranto (3 agosto, via delle Torri) Figaro su, Figaro giù…! Rossini e il Barbiere: tutta un’altra storia, una originale versione del capolavoro rossiniano con la partecipazione straordinaria di Elio e Francesco Micheli – che da oltre un anno sono impegnati in tutta Italia con un ampio progetto di divulgazione dell’opera – e che per questa nuova collaborazione pugliese proporranno uno spettacolo originale su drammaturgia di Micheli in cui ci sarà posto, oltre che per Rossini, per Stendhal, Dioniso e anche per i danzatori della Taranta; la regia è di Gianmaria Aliverta, mentre la direzione dell’Orchestra popolare della Notte della Taranta è affidata a Giuseppe Grazioli.Altro momento rossiniano è quello del Festival Junior con C’era una volta… Cenerentola! (25 luglio, Chiostro di San Domenico).

    Tanti gli interpreti che si alterneranno sul palcoscenico di Palazzo Ducale e su quelli appositamente creati in masseria, nei chiostri e nelle chiese di una delle perle del barocco pugliese, da Raffaella Lupinacci e Leonor Bonilla in Giulietta e Romeo, a Teresa Iervolino e Carmela Remigio in Rinaldo, Raffaele Pe per Scarlatti, un “maestro” come Michele Pertusi – al quale verrà assegnato il Premio Celletti 2018 – e ancora il pianista e compositore Orazio Sciortino e il violinista Yury Revich, “Giovane artista dell’anno” agli International Classical Music Awards 2015, cui poi si aggiungono i cantanti dell’Accademia di Belcanto “Rodolfo Celletti” e importanti ensemble orchestrali come l’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala, la zurighese Orchestra “La Scintilla” – fra i più prestigiosi organici specializzati nel repertorio antico a livello internazionale –, l’ICO della Magna Grecia di Taranto e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza.

    Come ogni anno, non manca la fondamentale collaborazione con l’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” e l’attenzione per la ricerca e il repertorio novecentesco e contemporaneo, testimoniata dagli appuntamenti del ciclo Novecento e oltre fra cui “Gatta canta, gatto danza”(14 luglio, Palazzo Ducale e poi a Cisternino, Matera e Ceglie Messapica) concerto dedicato ai gatti, con La Gattomachia di Orazio Sciortino, da Lope de Vega, al fianco del celebre Duetto dei gatti di Rossini, o ancora la prima esecuzione dei Tre pezzi sacri di Giampaolo Testoni (Concerto per lo spirito, 30 luglio).

    Confermati i Concerti del sorbetto in collaborazione con il Caffè Tripoli (Chiostro di San Domenico, 14, 21, 28 luglio, ore 17), Canta la notte, concerto notturno nella Chiesa di San Domenico (1°agosto, ore 23), e i concerti All’ora sesta (15, 22, 29 luglio, ore 12).

    Biglietteria

    I biglietti hanno un costo da 10 a 60 euro (ridotto per under30 e over65).

    Sono in vendita online sul sito bookingshow.it

    La biglietteria di Martina Franca sarà aperta dal 2 luglio -Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

    Informazioni

    Centro artistico musicale “Paolo Grassi”

    Tel. 080 4805100 / 080 4307259 (dal lunedì al venerdì, ore 10-13)

    Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

    www.skillandmusic.com


     

    44° Festival della Valle d’Itria

    Il programma nel dettaglio

    Le opere

    Quella di Romeo e Giulietta è probabilmente la storia d’amore più nota nella tradizione letteraria occidentale e affonda le sue radici nelle Metamorfosi di Ovidio con la vicenda di Piramo e Tisbe per poi trovare la massima diffusione con la tragedia di Shakespeare. Amata dal pubblico, nel corso dei secoli è stata scelta come soggetto da tanti compositori fra i quali Nicola Vaccaj (1790-1848) che, con la sua opera Giulietta e Romeo (13, 15 e 29 luglio), crea un manifesto del belcanto italiano. Contemporaneo di Rossini, Bellini e Donizetti, Vaccaj è stato uno stimato teorico e didatta del canto, celebre il suo Metodo pratico di canto italiano da camera. Su libretto di Felice Romani, Giulietta e Romeo va in scena per la prima volta al Teatro della Canobbiana di Milano nel 1825 con recitativi secchi. Dieci anni più tardi, sempre nella città lombarda ma al Teatro alla Scala, il titolo torna in una nuova versione con recitativi accompagnati: nel ruolo di Romeo, Maria Malibran, cantante con un ruolo decisivo per la storia di questo titolo e per il suo finale: è infatti nota la vicenda secondo la quale la Malibran suggerisce prima e poi ottiene la sostituzione dell’ultima scena della partitura di Bellini dei Capuleti e Montecchi con quella di Vaccaj, il “finale Vaccaj” in occasione di una messa in scena bolognese del 1832, scelta che trovò consenso e impiego durante tutto l’Ottocento. A Martina Franca Giulietta e Romeo di Vaccaj sarà proposta nell’edizione critica a cura di Ilaria Narici, edita da Casa Ricordi, basata sulla prima versione del 1825 ma con i recitativi accompagnati, ricostruiti per la messa in scena martinese da Sesto Quatrini, che sarà sul podio dell’Orchestra Accademia Teatro alla Scala. Il cast è composto dal soprano Leonor Bonilla (Giulietta), dal mezzosoprano Raffaella Lupinacci (Romeo), dal tenore Leonardo Cortellazzi (Capellio) e dal baritono Christian Senn (Frate Lorenzo). La regia è affidata a Cecilia Ligorio, le scene ad Alessia Colosso, i costumi a Giuseppe Palella e le luci a Luciano Novelli.

    Il secondo titolo ospitato nel 2018 a Palazzo Ducale è Rinaldo (29 luglio, 2 e 4 agosto) di Georg Friedrich Händel (1685-1759), opera in tre atti su libretto italiano di Giacomo Rossi e Aaron Hill – tratto dalle storie narrate nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso – che inaugurò un periodo di quaranta anni di successi per il compositore tedesco a Londra. Rinaldo debuttò al Queen’s Theater nel 1711, prima opera italiana in Regno Unito: ebbe un enorme seguito, rimanendo in cartellone per ben sette stagioni di fila e registrando innumerevoli repliche. Fu l’inizio non solo della notorietà per Händel, ma anche per i titoli italiani, da allora sempre più eseguiti. Il primo interprete della parte del protagonista Rinaldo fu il castrato napoletano Nicolò Grimaldi (detto Nicolino), che ebbe grande successo a Londra e che fece ritorno a Napoli nel 1718. All’insaputa di Händel, il castrato trafugò la partitura e la portò a Napoli, dove Leonardo Leo e altri musicisti napoletani vi intervennero, realizzando una “versione napoletana” del Rinaldo che andò in scena al Teatro di San Bartolomeo con l’aggiunta di intermezzi e due personaggi buffi, Lesbina e Nesso, interpretati da una celebre coppia di attori locali. Grazie allo studio e alla partitura approntata da Giovanni Andrea Sechi, a Martina Franca verrà proposta per la prima volta in tempi moderni il Rinaldo “napoletano” affidato alle cure del Direttore musicale del Festival Fabio Luisi, per l’occasione sul podio della blasonata Orchestra La Scintilla, impostasi a livello internazionale per l’attenzione alle prassi esecutive originali. Nella parte en travesti di Rinaldo, il mezzosoprano Teresa Iervolino, in quella di Armida il soprano Carmela Remigio, e ancora Loriana Castellano (Almirena), Francesca Ascioti (Argante), Francisco Fernandez Rueda (Goffredo), Dara Savinova (Eustazio) e, per i ruoli buffi di Nesso e Lesbina, Simone Tangolo e Valentina Cardinali, attori provenienti dal Piccolo Teatro di Milano. La regia è di Giorgio Sangati, con le scene di Alberto Nonnato, i costumi di Gianluca Sbicca e le luci di Paolo Pollo Rodighiero.

    Assoluta novità per il Festival della Valle d’Itria è Figaro su, Figaro giù…! Rossini e il Barbiere: tutta un’altra storia, libero rivisitazione del Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini (21 e 23 luglio a Martina Franca, 3 agosto a Otranto), con un nuovo progetto drammaturgico di Francesco Micheli che con Elio propone uno spettacolo volutamente pop in cui si fondono il sapiente ordine del ritmo rossiniano con la percussiva tradizione musicale del tarantismo. Rosina sarà salvata dal leggendario morso della tarantola attraverso la figura demiurgica di Figaro, prescelto dalla forza “superiore” di un inedito Rossini/Dioniso, senza dimenticare Stendhal. Strumenti e prassi esecutive tradizionali e classiche fonderanno i loro suoni sotto la guida del direttore Giuseppe Grazioli. La regia è affidata a Gianmaria Aliverta, il progetto scenico a Benito Leonori e i costumi a Sara Marcucci e Francesco Bondì. Il cast prevede Davide Terenzi nel personaggio di Figaro, Maria Aleida come Rosina; e poi Marco Filippo Romano (Don Bartolo), David Ferri Durà (il Conte d’Almaviva), Peter Kellner (Don Basilio). L’iniziativa segna per la prima volta l’unione di tre grandi istituzioni culturali pugliesi: la Fondazione “La Notte della Taranta”, la Fondazione “Carnevale di Putignano” e naturalmente il Festival della Valle d’Itria.

    Alla Masseria Palesi andrà in scena Il trionfo dell’onore (22, 24, 26 e 28 luglio) di Alessandro Scarlatti (1660-1725), unica commedia per musica del compositore siciliano, che richiama il mito di Don Giovanni nel personaggio del giovane dissoluto Riccardo Albenori (interpretato da un soprano en travesti). È considerato un caso esemplare, accolto con grande favore dal pubblico napoletano, sempre più interessato a questo repertorio: Scarlatti riuscì infatti a creare un nuovo modello opera buffa in italiano invece che in napoletano e con una struttura drammaturgica e musicale coerente. Il titolo viene ripreso a Martina Franca con un’edizione revisionata sul manoscritto autografo a cura del clavicembalista Jacopo Raffaele e sarà eseguita dall’Ensemble barocco del Festival della Valle d’Itria, che impiega strumenti originali. La messa in scena è ideata dalla compagnia teatrale Eco di fondo, composta da Giacomo Ferraù, Giulia Viana e Libero Stelluti, già presenti con successo al Festival la scorsa edizione in Altri canti d’amor. Nel cast vocale il controtenore Raffaele Pe, il tenore Francesco Castoro e i giovani dell’Accademia del Belcanto. Il progetto è una coproduzione con la Fondazione Paolo Grassi in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Bari, con le scene di Stefano Zullo, i costumi di Sara Marcucci e il contributo della Fondazione Puglia.

    I concerti

    Primo appuntamento sinfonico con il Concerto a Palazzo Ducale (16 luglio) diretto da Michael Halasz, con il violinista Yury Revich e l’Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala impegnati in musiche di Mozart,Paganini e Haydn. In occasione dei 150 anni dalla morte di Rossini, sono dedicati al Cigno di Pesaro numerosi appuntamenti, tra i quali la Soirée Rossini (18 luglio) protagonista Michele Pertusi – vincitore del Premio Celletti 2018 – con Maria Aleida (soprano), Yury Revich (violino), Nicolai Pfeffer (clarinetto) e Simone Di Crescenzo (pianoforte); il concerto “Tra dolci canti e cari palpiti” dedicato ad Alberto Zedda a Palazzo Ducale (20 luglio) e diretto da Fabio Luisie con la partecipazione di Carmela Remigio, Teresa Iervolino, Leonardo Cortellazzi, Christian Senn, Nicolai Pfeffer, l’Orchestra Accademia Teatro alla Scala e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza;il Concerto per lo spirito nella Basilica di San Martino (30 luglio) con la prima esecuzione italiana della rossiniana Messa (detta “di Milano”) diretta da Ferdinando Sulla, affiancata alla prima esecuzione assoluta di Tre pezzi sacri di Giampaolo Testoni.

    Le rassegne

    Per il ciclo “Novecento e oltre” (14, 17, 25, 26, 28, 30 luglio e 1° agosto) – progetto particolarmente vicino alla natura del Festival – sono in programma una serie di concerti che si affiancano le pagine di Rossini al repertorio contemporaneo e prime esecuzioni: si passerà dunque dalla Giovanna d’Arco del Pesarese, alle Danze sinfoniche da West Side Story di Bernstein, da Three Songs from William Shakespeare di Stravinskij ai Dieci pezzi da Romeo e Giulietta op. 75 di Prokof’ev con Anastasia e Liubov Gromoglasova al pianoforte e i cantanti dell’Accademia di Belcanto “Rodolfo Celletti”.Di sicuro interesse Gatta canta, gatto danza in programma a Martina Franca (14 luglio), a Cisternino (25 luglio), a Matera (26 luglio) e a Ceglie Messapica (28 luglio) che ha in programma composizioni dedicate o che rimandano agli amici felini come il Duetto dei gatti di Rossini, pagine da La gatta Cenerentola di Roberto De Simone e La Gattomachia di Orazio Sciortino che sarà anche sul podio dell’Orchestra ICO della Magna Grecia di Taranto con l’attore Mauro Lamantia, il baritono Domenico Colaianni e il violino di Riccardo Zamuner; Sciorino sarà protagonista anche del recital pianistico (30 luglio, ore 23) incentrato sul tema del “Notturno”. In calendario sette appuntamenti “Fuori orario” nelle chiese e nei chiostri di Martina Franca fra i concerti del mattino “All’ora sesta” (15, 22 e 29 luglio, ore 12), quelli del pomeriggio “I concerti del sorbetto” (14, 21 e 28 luglio, ore 17) e della tarda sera “Canta la notte” (30 luglio, ore 23).

    Festival Junior

    Iniziativa che coinvolge i più piccoli della città in uno spettacolo dedicato ai loro coetanei, pensato con lo spirito che contraddistingue il Festival della Valle d’Itria, cioè con uno sguardo rivolto al futuro, torna il Festival Junior (25 luglio), realizzato in collaborazione con l’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”. Una serata che negli anni si è affermata con grande successo, durante la quale i giovani interpreti – istruiti nel corso dei mesi invernali con il progetto “Bambini e Ragazzi... all’Opera!” della Fondazione Paolo Grassi – propongono l'adattamento di capolavori dei compositori più celebri o opere originariamente pensate per i bambini. Quest'anno, nell’ambito del “Progetto Rossini 1868/2018” per i 150 anni dalla morte del compositore pesarese, andrà in scena C’era una volta... Cenerentola!: la versione rossiniana della celebre favola di Perrault sarà proposta a Martina Franca nella adattamento per bambini del giovane attore e regista Marco Bellocchio che ne cura la regia, mentre la preparazione musicale delle voci bianche è affidata ad Angela Lacarbonara. Vincenzo Rana sarà impegnato al pianoforte, mentre l’attore Mauro Lamantia sarà in scena con i più piccoli.

    Il Festival della Valle d’Itria – un po’ di storia

    Il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca è nato nel 1975 su iniziativa di un gruppo di appassionati musicofili capeggiati da Alessandro Caroli, primo presidente del Festival, con il determinante supporto di Franco Punzi, allora Sindaco di Martina Franca, e di Paolo Grassi, all’epoca sovrintendente del Teatro alla Scala. Fin dagli esordi il Festival si è caratterizzato per la coraggiosa riproposta di un repertorio e di una prassi esecutiva sottovalutati: hanno contribuito alla sua affermazione le messe in scena di opere quali Tancredi di Rossini nel 1976 e della Norma nella versione originale con la protagonista dal timbro più scuro rispetto alla giovane Adalgisa.Dal 1980, con la presidenza di Franco Punzi e la direzione artistica di Rodolfo Celletti, grande esperto di vocalità, il Festival ha accentuato la sua identità originaria di rivalutazione del repertorio belcantista (da Monteverdi al protoromanticismo) e della Scuola musicale napoletana di cui grandi protagonisti furono i compositori pugliesi, pur senza trascurare il grande repertorio europeo e, in particolare, la valorizzazione di elementi del belcanto italiano presenti in opere di autori stranieri. Emblematiche le proposte di opere quali Adelaide di Borgogna e Semiramide di Rossini, L’incoronazione di Poppea di Monteverdi, Giulio Cesare di Händel, Fra Diavolo di Auber.Con la direzione artistica di Sergio Segalini, dal 1994 al 2009, il Festival ha ulteriormente sviluppato la dimensione internazionale delle scelte di repertorio a partire dalla Medée di Cherubini nella versione originale francese con i dialoghi parlati, per poi affrontare capolavori come Robert le diable di Meyerbeer, La Grande-Duchesse de Gérolstein di Offenbach, fino alla versione francese di Salomé di Richard Strauss. Alberto Triola, che ha assunto la direzione artistica del Festival nel 2010, ha riportato l’attenzione sul repertorio belcantistico e sul teatro musicale barocco, ma con importanti aperture all’opera del Novecento e contemporanea. Significative le scelte di titoli del biennio 2010-2011: Gianni di Parigi di Donizetti e Aureliano in Palmira di Rossini, Rodelinda, regina de’ Longobardi di Händel e Il novello Giasone di Cavalli-Stradella, Napoli Milionaria! di Rota e il dittico Der Ring des Polykrates (Korngold) – Das geheime Königreich (Krenek), L’Orfeo di Luigi Rossi-Daniela Terranova, Nur di Marco Taralli, Zaira di Bellini, Artaserse di Hasse, Crispino e la Comare dei fratelli Ricci, Maria di Venosa di Francesco d’Avalos, Giovanna d’arco di Verdi. Le produzioni del Festival si distinguono per l’autenticità dei testi (spesso rappresentati in versione integrale) e il rispetto dei tipi vocali, fedeli agli spartiti e alle interpretazioni originali. Il Festival ha contribuito all’affermazione di artisti che avrebbero scritto la storia dell’interpretazione quali Mariella Devia, Martine Dupuy, Paolo Coni, Daniela Dessì, Patrizia Ciofi, Renato Palumbo, per citarne solo alcuni. Dal 1975 sono state oltre cento le opere presentate al Festival della Valle d’Itria. Tra l’altro va ricordato che, nel corso della sua attività, il Festival ha ottenuto per sette volte l’ambito riconoscimento del Premio Abbiati dell’Associazione Nazionale Critici Musicali.


    Calendario completo

    13 luglio

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Giulietta e Romeo di Vaccaj

    14 luglio

    ore 17.00 – Chiostro di San Domenico: Fuori orario – I concerti del sorbetto

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Novecento e oltre – Gatta canta, gatto danza

    15 luglio

    ore 12.00 – Chiesa di Sant’Antantonio ai Capuccini: Fuori orario – All’ora sesta

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Giulietta e Romeo di Vaccaj

    16 luglio

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Concerto a Palazzo Ducale

    17 luglio

    ore 21.00 – Chiostro di San Domenico: Novecento ed oltre

    18 luglio

    ore 21.00 – Chiostro di San Domenico: Soirée Rossini – Premio Celletti 2018

    20 luglio

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: “Tra dolci e cari palpiti”

    21 luglio

    ore 17.00 – Chiostro di San Domenico: Fuori orario – I concerti del sorbetto

    ore 21.00 – Atrio dell’Ateneo Bruni: Figaro su, Figaro giù…!

    22 luglio

    ore 12.00 – Chiesa di Santa Maria della Purità: Fuori orario – All’ora sesta

    ore 21.00 – Masseria Palesi: Il trionfo dell’onore di Scarlatti

    23 luglio

    ore 21.00 – Atrio dell’Ateneo Bruni: Figaro su, Figaro giù…!

    24 luglio

    ore 21.00 – Masseria Palesi: Il trionfo dell’onore di Scarlatti

    25 luglio

    ore 21.00 – Cisternino, Teatro Paolo Grassi: Novecento e oltre – Gatta canta, gatto danza

    ore 21.00 – Chiostro di San Domenico: Festival Junior

    26 luglio

    ore 21.00 – Masseria Palesi: Il trionfo dell’onore di Scarlatti

    ore 21.00 – Matera: Novecento e oltre – Gatta canta, gatto danza

    28 luglio

    ore 17.00 – Chiostro di San Domenico: Fuori orario – I concerti del sorbetto

    ore 21.00 – Masseria Palesi: Il trionfo dell’onore di Scarlatti

    ore 21.00 – Ceglie Messapica: Novecento e oltre – Gatta canta, gatto danza

    29 luglio

    ore 12.00 – Chiesa di San Francesco di Paola: Fuori orario – All’ora sesta

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Rinaldo di Händel/Leo

    30 luglio

    ore 21.00 – Basilica di San Martino: Concerto per lo spirito

    ore 23.00 – Chiesa di San Domenico: Novecento e oltre – Notturno

    31 luglio

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Giulietta e Romeo di Vaccaj

    1 agosto

    ore 21.00 – Chiostro di San Domenico: Novecento ed oltre

    ore 23.00 – Chiostro di San Domenico: Fuori orario – Canta la notte

    2 agosto

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Rinaldo di Händel/Leo

    3 agosto

    ore 21.00 – Otranto: Figaro su, Figaro giù…!

    4 agosto

    ore 21.00 – Palazzo Ducale: Rinaldo di Händel/Leo


     

    44° Festival della Valle d’Itria

    Eclissi d’amore

    Il Festival della Valle d’Itria fa ruotarela44ª edizione intorno alla monumentale figura di Gioachino Rossini, nel 150° anniversario della morte (1868/2018). Il “progetto Rossini” si innesta con evidenza sugli indirizzi culturali e artistici di un festival da quasi mezzo secolo fedelmente impegnato nella ricerca e nell’approfondimento dei diversi ambiti del Belcanto italiano.

    Il cartellone 2018 intende dipanare il filo rosso che percorre quattro secoli di teatro musicale nel segno della tradizione belcantistica italiana, che Rodolfo Celletti faceva risalire al recitar cantando monteverdiano e che prolunga la fioritura dei propri rami fino a tutto il primo quarto del XIX secolo, per inoltrarsi poi su sentieri anche molto divergenti tra loro e dallo spirito delle origini del melodramma. Ambiti diversi e lontani hanno però continuato a testimoniare la straordinaria fecondità dell’invenzione originaria: quel matrimonio alchemico che nella lingua italiana trovò – e non smette di farlo – il crogiolo d’elezione. Il titolo (del resto particolarmente “barocco”) è“Eclissi d’amore”, ed esplora soggetti e affetti in cui il più idealizzato e luminoso dei sentimenti sperimenta il passaggio dai languori della più bella delle illusioni al freddo improvviso della disillusione, e precipita nel dramma della lacerazione e nelle vertigini più cupe e insondabili della psiche umana.

    Il programma intende presentare una possibile ed efficace esemplificazione dei fasti di una fase (lunga un secolo e mezzo) particolarmente gloriosa per gli sviluppi dell’estetica belcantistica, approdando a Nicola Vaccaj (il suo capolavoro è del 1825), passando per il genio di Alessandro Scarlatti e del sommo Händel; per una singolare ma non casuale coincidenza datano entrambe 1718 – e sono quindi esattamente 300 anni da oggi – le due opere “barocche” presenti in cartellone, dove la seconda – il celeberrimo Rinaldo – è presentata in esclusiva assoluta, nella versione “contaminata” (e a tutt’oggi inedita) dalla tradizione napoletana, con il decisivo contributo di Leonardo Leo.

    La terna è di per sé eloquente e parla di epoche, culture, stili e poetiche molto diversitra loro; le opere e i compositori qui richiamati recano però, ciascuno a suo modo e ricorrendo alle risorse che la storia ha via via loro concesso, il suggello di una stessa gloriosa – e riconoscibilissima – civiltà musicale.

    Ogni volta che intelligenza e sensibilità di un interprete – non solo cantante, ma anche direttore e regista – sono in grado di infondere linfa vitale al rapporto tra parola e musica (atto puramente creativo, che pesca nell’intero repertorio tecnico, stilistico ed espressivo, risorse che solo una compiuta consapevolezza della cultura melodrammatica può mettere a disposizione) si alimenta lo stupefacente atanor del recitar cantando: si libera l’intero potenziale espressivo riposto nelle profondità del testo drammatico-musicale; il canto prende a fiorire sul respiro, nel modo più naturale e quasi infantile, come puro ri-generarsi di nuova vita, che si sprigiona autonomamente, slegata da qualunque vincolo materico e fisico con quella reale; non c’è più nulla di concreto, e tutto sembra sciogliersi, a partire dalla stessa legge di gravità. In quella dimensione nuova, limpida e smaterializzata, tutto – persino l’ineffabile, l’inverosimile o il puro astratto – diviene possibile e trova la sua espressione compiuta e la sua propria essenza: è questo il modo belcantistico di interpretare il teatro musicale.

    Tutto ciò è particolarmente evidente nel canto richiesto dal repertorio cosiddetto "barocco", al quale il festival dedica ogni anno, e nelle ultime edizioni con impegno programmatico particolarmente evidente, una particolare attenzione.

    Al popolarissimo soggetto shakespeariano dei due infelici amanti veronesiè riservata l’inaugurazione della 44ª edizione del Festival della Valle d’Itria, con uno spettacolo affidato a un team creativo di giovani e talentuosi artisti, che proprio a Martina Franca hanno potuto farsi conoscere e apprezzare negli ultimi anni.

    Il trionfo che l’opera Giulietta e Romeo colse alla prima milanese del Teatro della Canobbiana, nel 1825, ha garantito a Nicola Vaccaj la fama di buon operista oltre che di maestro di canto, ben noto a tutti i cantanti per un metodo che serve ancor oggi come utilissima base per la formazione al belcanto. Il compositore marchigiano, però, nutriva serie ambizioni anche in campo teatrale; sebbene con scarsa fortuna, riuscì infatti a far rappresentare le sue opere nei maggiori teatri italiani. Si contano nove insuccessi contro un solo esito felicissimo, quello dell’opera scritta sullo stesso libretto che Felice Romani fornirà a Vincenzo Bellini per I Capuleti e i Montecchi, cinque anni più tardi (1830).

    Giulietta e Romeogodette nel corso dell’Ottocento di una fortuna propria e di una indiretta: il grande mezzosoprano Maria Malibran decise di modificare il finale dei Capuleti e i Montecchi di Bellini, innestandovi proprio la scena finale di Romeo dell’opera di Vaccaj. La scelta divenne abitudine consolidata per molti decenni, al punto che l’editore Ricordi, in appendice alla partitura belliniana, riportava proprio il finale “alternativo” di Vaccaj. La Malibran fu applaudita interprete del ruolo di Romeo in alcune riprese dell’opera; fra queste particolarmente significative le rappresentazioni avvenute alla Scala nell’autunno 1835, per le quali il compositore modificò sensibilmente la partitura: cambiò infatti tutti i recitativi secchi in recitativi accompagnati e portò la struttura da due a tre atti, con alcune modifiche drammaturgiche sostanziali, non sempre efficaci.

    Dell’opera di Vaccaj, che ha sofferto fatalmente il confronto con il capolavoro belliniano, si è registrato soltanto un recente recupero (a Jesi nel 1996). Nell’esecuzione di Martina Franca si torneranno ad ascoltare, per la prima volta in tempi moderni, i recitativi accompagnati al posto di quelli secchi, davvero obsoleti in un’opera di questa temperie drammatica.

    Sesto Quatrini torna sul podio del festival dopo l’unanimemente ammirata direzione di Un giorno di regno dello scorso anno; dopo il felice esito della sua regia di Baccanali, il cartellone martinese torna a ospitare la giovane regista Cecilia Ligorio, che, dopo il battesimo di Martina Franca, ha inanellato una serie di prestigiose scritture internazionali. Con la scenografa Alessia Colosso, pure creatura artistica del Festival, e il costumista Giuseppe Palella, uno dei più fantasiosi creativi del costume teatrale italiano, Ligorio ha confezionato il progetto di uno spettacolo di vivida suggestione, che mira a fondere l’eleganza del decorativismo proprio dell’estetica teatrale italiana con una vivacità di affondo drammaturgico del tutto personale. Lo spettacolo è inserito nel protocollo d’intesa siglato con la Fondazione Teatri Piacenza.

    Nel cast, costruito secondo una logica “cinematografica” per l’aderenza degli interpreti all’immaginario collettivo su un capolavoro universalmente conosciuto, si segnala il ritorno, nel ruolo di Giulietta, di Leonor Bonilla, indimenticata protagonista della Francesca da Rimini di Mercadante del 2016 e il debutto al Festival di Raffaella Lupinacci, nel ruolo en travesti di Romeo. Completano il cast il tenore Leonardo Cortellazzi, nel ruolo di Capellio, Christian Senn in quello del Frate Lorenzo.

    Incoraggiati dal felice sviluppo dell’Accademia del Belcanto "Rodolfo Celletti" – che ormai da otto anni offre a giovani cantanti di tutto il mondo un percorso di alta formazione tecnico/artistica nell’ambito dei repertori d’elezione del festival, guadagnandosi una posizione di assoluto rilievo in ambito nazionale e internazionale – crediamo siano maturi i tempi per un sempre maggiore coinvolgimento dei giovani talenti che scelgono Martina Franca per coronare il proprio percorso formativo, specializzandosi nel belcanto sei/settecentesco e protoromantico. Il Festival mette ogni anno in cartellone una intera produzione operistica appositamente ideata e riservata ai giovani cantanti dell’Accademia; il successo del progetto incoraggia a proseguire in questa direzione: l’incontro dei nostri giovani talenti – che per diversi mesi approfondiscono lo studio del repertorio belcantistico, sia dal punto di vista tecnico vocale (e tecnico pianistico per i maestri collaboratori), sia da quello stilistico-interpretativo – con i grandi autori della storia dell’opera italiana, offre uno spazio unico e privilegiato di crescita artistica, anche dal punto di vista dell’espressione attoriale. Il progetto, infatti, prevede anche una lunga fase di formazione laboratoriale con i registi incaricati di portare in scena l’opera, che si sviluppa per alcuni mesi, prima di trovare compimento in uno dei palcoscenici del Festival.

    L’edizione 2018 del Festival della Valle d’Itria conferma Opera in masseria quale elemento qualificante del cartellone annuale del Festival. Si tratta di una delle più fortunate iniziative delle ultime stagioni: dopo una fase di sperimentazione via via più strutturata, la produzione si arricchisce quest’anno di un approccio musicale di assoluto rigore filologico, e per la prima volta verrà eseguita con orchestra di strumenti originali, giovandosi della splendida cornice di Masseria Palesi (non soltanto di raro pregio architettonico, ma anche perfettamente funzionale dal punto di vista acustico, e immersa in un paesaggio rurale di impagabile fascino).

    Per più di una ragione si considera la sezione del cartellone denominata Opera in masseria come la sede ideale per la riproposizione di splendide opere comiche della grande scuola pugliese napoletana. Con ferma determinazione, la programmazione pluriennale del Festival intende percorrere un itinerario di riscoperta organica del genere: dopo il Piccinni del 2017, per questa 44ª edizione si è pensato infatti di affidare ai giovani dell’Accademia del Belcanto un’opera comica di Alessandro Scarlatti, particolarmente celebre nella storia del teatro musicale: Il trionfo dell’onore.

    Agli inizi del Settecento il pubblico napoletano iniziava a snobbare il Teatro San Bartolomeo, dove si rappresentava l’opera seria (i “drammi per musica” di Zeno, ad esempio) e accorreva invece numeroso al Teatro dei Fiorentini «ove si fa una vera porcheria, indegna d’esser vista, in lingua napoletana». La “porcheria” cui il conte Francesco Maria Zambeccari, nobile bolognese trapiantato a Napoli, fa riferimento è il nuovo genere di opera buffa per musica in dialetto napoletano. È comprensibile il disprezzo del blasonato censore per un tipo di teatro popolaresco, spesso di bassa lega, che non di rado si divertiva a mettere grossolanamente in caricatura proprio l’ambiente aulico di cui lo Zambeccari faceva parte. L’apprezzamento del pubblico aristocratico per il genere buffo è tuttavia attestato dal crescente successo che gli intermezzi tra un atto e l’altro del dramma per musica riscuotevano in quegli anni, e dalla presenza nell’opera seria di intere scene affidate a personaggi comici, generalmente servi dei protagonisti o, talvolta, maschere della commedia dell’arte. L’utilizzo della lingua italiana invece del dialetto e la compresenza di caratteri e di stili musicali diversi ma coerentemente inseriti nell’impianto drammaturgico portarono alla definizione della commedia per musica, di cui lo scarlattiano Trionfo dell’onore è il primo modello di grande valore storicamente riconosciuto.

    L’opera fu accolta molto calorosamente dal pubblico (ebbe ben diciotto repliche nella stagione 1718-19), ma nonostante il successo iniziale, l’opera non venne più ripresa per oltre due secoli. Nella trascrizione di Dunn venne rappresentata a Londra nel 1938; in Italia la prima ripresa moderna risale al 1941, con la direzione di Antonio Guarnieri. Esiste una versione registrata con Carlo Maria Giulini, ma decisamente inattendibile dal punto di vista stilistico ed estetico.

    Il Festival, nel rispetto della propria identità culturale, presenta un’edizione ragionata e revisionata sul manoscritto autografo, curata dal giovane clavicembalista Jacopo Raffaele, cui è affidata anche la concertazione e la direzione di un ensemble di strumenti originali, decisamente più congeniali ad un’opera del 1718.

    Benché sia l’unica commedia per musica scritta da Scarlatti, il congegno drammatico, che ritrae l’ambiente borghese dell’epoca, è ben strutturato; oltre ai sei personaggi consueti (due coppie di amorosi e una coppia di comici) si aggiungono qui due personaggi di mezzo carattere (gli anziani Flaminio e Cornelia), che conferiscono all’azione un perfetto equilibrio. Esemplare è inoltre la definizione tipologico-musicale di alcuni caratteri, mutuati in gran parte dalle maschere della commedia dell’arte. Anche per questa considerazione, la messa in scena è affidata all’estro della compagnia teatrale Eco di fondo, guidata da Giacomo Ferraù, con Giulia Viana e Libero Stelluti, a cui si deve l’indimenticabile spettacolo monteverdiano Altri canti d’Amor, che ha destato unanime ammirazione nell’edizione 2017 del Festival.

    Il progetto viene realizzato grazie a una coproduzione con la Fondazione Paolo Grassi, con il contributo della Fondazione Puglia, in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Bari. Le scene sono ideate da Stefano Zullo, i costumi da Sara Marcucci.

    Nel cast, accanto ai giovani dell’Accademia del Belcanto, spiccano le presenze ospiti di Raffaele Pe – tra i più interessanti controtenori italiani oggi in attività – e del giovane tenore barese Francesco Castoro, che dopo aver avviato la sua carriera proprio all’Accademia “Rodolfo Celletti” e al Festival, ha avuto modo di mettersi in luce all’Accademia del Teatro alla Scala, e in diverse importanti produzioni.

    Del Rinaldo, il capolavoro di Georg Friedrich Händel, si contano sei riprese in tutto durante la vita del compositore, con tre rappresentazioni a Londra, due ad Amburgo e una a Napoli. Le vicende del dramma che Händel mutua dal Tasso, illustrano pertanto bene, come scrive la studiosa Sabine Ehrmann-Herfort «la presenza dell’opera italiana in Europa all’inizio del XVIII secolo». Punto di partenza è la prima rappresentazione londinese del 1711:con essa si sono confrontate la versione amburghese del 1715 e quella napoletana del 1718. Quest’ultima è stata oggetto delle più morbose attenzioni dei musicologi di diverse generazioni, in quanto esempio più unico che raro di “sincretismo” tra il tipico dramma per musica del Sassone e l’opera di tradizione napoletana. La versione napoletana era stata considerata perduta, ma oggi, grazie al meticoloso e appassionato lavoro di ricostruzione del giovane studioso Giovanni Andrea Sechi, sarà possibile ascoltarla. Sechi ha provveduto al recupero di alcune fonti, e ha operato un’accurata ricostruzione sulle fonti, riuscendo nell’impresa di restituire alla luce la maggior parte dell’impianto drammaturgico-musicale di quella edizione.

    Nel complesso la versione napoletana risulta essere più colorita, variegata e vivace delle due versioni precedenti e ben note.

    Il cambiamento più incisivo, effettuato nella versione napoletana del 1718, consiste nell’inserimento di alcune scene comiche, con l’aggiunta dei due servitori Lesbina e Nesso. Era uso corrente a Napoli inserire tali scene nel dramma per musica come inserti separati: spesso con evidente e totale estraneità drammaturgica all’interno dell’opera.

    Risulta particolarmente significativo che la versione del 1718 fu diretta e rielaborata musicalmente da Leonardo Leo. A Leo, che era uno dei maestri della commedia per musica napoletana, e al suo collaboratore Nicola Serino, l’impresario del Teatro S. Bartolomeo, si devono probabilmente i cambiamenti rispetto alla versione londinese, tra cui l’introduzione nel libretto della tipica coppia di buffi.

    Il “trasferimento” del Rinaldo da Londra a Napoli si deve probabilmente al castrato napoletano Nicola Grimaldi, detto Nicolini, uno dei cantanti più celebri del tempo, che visse tra Londra, Venezia, Napoli e il resto d’Europa. Quando fece ritorno nella sua città natale nel 1717/1718, Nicolini — che aveva grandi qualità di cantante e ancora più grandi qualità d’attore – portò con sé la partitura del Rinaldo, che aveva contribuito in misura decisiva a far trionfare nelle due produzioni precedenti dell’opera, nei panni dell’eroe eponimo. Nicolini conosceva il Rinaldo di Händel come nessun altro cantante. Sicuramente prese parte a Napoli alla rielaborazione del libretto e all’allestimento scenico dell’opera. Del resto per lui si trattava di giocare in casa; adattò dunque la parte di Rinaldo alle proprie esigenze, in modo da conquistare quanto più possibile il pubblico. Prese così dalla parte originale cinque arie, oltre ad ‘appropriarsi’ di altre due arie molto note degli altri protagonisti, ovvero quella di Goffredo "Mio cor, che mi sai dir”e quella, famosissima, di Almirena,“Lascia, ch’io pianga”, quest’ultima ovviamente con un testo modificato.

    La partitura ha quindi le caratteristiche proprie del pasticcio. Non c’è però, nel termine pasticcio, alcuna connotazione negativa, come opportunamente annota il regista Giorgio Sangati: «è la sensibilità contemporanea, figlia della filologia e del diritto d’autore, a vedere in questa pratica un atto lesivo nei confronti dell’operazione artistica».

    Il personale percorso che il direttore musicale del festival Fabio Luisi sta proponendo nell’alveo della tradizione belcantistica di Martina Franca,orientato fino ad ora all’approfondimento delle decadi tra fine Settecento e inizio Ottocento,che preparano, accompagnano e chiariscono la grande fioritura rossiniana, viene arricchito da questo inedito Händel “mediterraneo”, che incontra la grande Scuola Napoletana. Dopo Medea in Corinto di Mayr,dopo Mercadante– autore che il Festival ha assai felicemente onorato nel 2016 con la trionfale prima mondiale assoluta della Francesca da Rimini –, dopo il Meyerbeer cosiddetto “italiano” del 2017e in attesa di avvicinare il neoclassicismo dell’epopea napoleonica con Spontini e Manfroce, Luisi si concede una parentesi assai significativa, affrontando un monumento händeliano riletto attraverso la lente dell’opera napoletana, e di un gigante come Leonardo Leo.

    Il direttore musicale del festival sarà alla guida di un complesso specialistico di grande prestigio internazionale, quale La Scintilla, il gruppo di strumentisti del teatro dell’Opera di Zurigo specificatamente votati al repertorio barocco.

    Improntato alla più tipica tradizione vocale latina il cast scelto per l’occasione: Teresa Iervolino vestirà i panni dell’eroe eponimo, mentre Carmela Remigio darà voce al magnifico personaggio di Armida. Francesca Ascioti, Loriana Castellanoe Francisco Ferdinando Rueda, tra altri giovani specialisti di opera barocca completano un cast decisamente prestigioso.

    Si diceva che una delle caratteristiche più vistose – e gustose – della versione napoletana dell’opera è l’inserimento (per mano di Leo) di intermezzi comici che hanno come protagonisti due nuovi personaggi. La musica relativa è andata irrimediabilmente perduta, ma non il testo del libretto, perfettamente conservato; per salvaguardare il sapore autenticamente napoletano di questa versione, si è presa la decisione di affidare le due parti in questione a due straordinari attori provenienti dal Piccolo Teatro di Milano: Simone Tangolo e Valentina Cardinali, a cui verrà affidata tutta la sorprendente vis comica che il libretto riserva a Nesso e Lesbina.

    Lo spettacolo è firmato da Giorgio Sangati, il cui elegante talento teatrale, maturato nell’alveo della tradizione del Piccolo Teatro di Milano, avrà modo di restituire una lettura drammaturgicamente limpida e una visione certamente non estetizzante del capolavoro händeliano. Le scene sono di Alberto Nonnato e i costumi di Gianluca Sbicca.

    Illuminanti le parole con cui il regista padovano rileva la sostanza drammaturgica che distingue il Rinaldo “napoletano” dall’originale londinese di sette anni precedente: «la vera novità è l’inserimento drammaturgico del tema della gelosia, che accomuna tutti i personaggi e fa passare in secondo piano anche l’aspetto magico che giocava invece un ruolo decisivo nella versione londinese: è un Rinaldo d’intrigo che mette tutti i personaggi sullo stesso piano in preda a sentimenti umanissimi e, in un certo senso, meno eroici. È evidente che il gusto teatrale napoletano influenza questo spostamento, raccontando anche di un pubblico che probabilmente ha voglia di vedere sulla scena emozioni e relazioni più vicine al proprio stato, alla propria condizione: non più solo eroi distanti, ma personaggi capaci di entrare in relazione diretta con il mondo del pubblico. In un certo senso è un’anticipazione di quello che sarà il nucleo del successivo teatro borghese: la grande e sontuosa macchina barocca scricchiola e il meraviglioso comincia a lasciare spazio all’umano, al quotidiano».

    Il cartellone del festival si arricchisce di una straordinaria serata di musica rossiniana, affidata a Fabio Luisi e ai giovani musicisti dell’Orchestra Accademia Teatro alla Scala, che eseguiranno pagine tra le più spettacolari e note dello sterminato catalogo del Pesarese, con la presenza del clarinettista Nicolai Pfeffer, impegnato nel virtuosistico brano Introduzione, tema e variazioni per clarinetto e orchestra. Dopo il celebre Gran concertato a quattordici voci da Il viaggio a Reims, completa la serata – dedicata alla memoria di Alberto Zedda con il titolo “Tra dolci e cari palpiti” – la cantata per soli, coro e orchestra La riconoscenza, con Carmela Remigio, Teresa Iervolino, Leonardo Cortellazzi e Christian Senn.

    Il popolare Concerto per lo spirito nella Basilica di San Martino sarà diretto dal giovane Ferdinando Sulla, con un impaginato che accosta una nuova composizione di Giampaolo Testoni alla inedita Messa detta “di Milano”, di Rossini, ricostruita sulla base dell’autografo dallo stesso Sulla. Con i musicisti dell’Orchestra ICO della Magna Grecia e il Coro del Teatro Municipale di Piacenza.

    L’atteso concerto sinfonico a Palazzo Ducale vedrà impegnata come di consueto l’Orchestra Internazionale d’Italia diretta da Michael Halasz, musicista di esperienza e lunghissima carriera internazionale, che torna a Martina Franca più di quaranta anni dopo la storica Norma del 1977, con Grace Bumbry e Lella Cuberli. Halasz dirigerà un programma classico, tra Mozart e Haydn, con la presenza del ventiseienne virtuoso del violino Yury Revich, già ospite nelle più prestigiose sale da concerto del mondo e “Giovane Artista dell’anno 2015 per l’International Classical Music Awards, impegnato nel celebre concerto di Paganini, “La campanella”.

    Il ciclo Novecento e oltre, su cui il festival ha molto investito in termini progettuali negli ultimi otto anni, proporrà una serie di concerti i cui programmi si dipanano tra il genio di Rossini, e anche di alcuni suoi lavori di più raro ascolto, e la musica del Novecento.

    Nella prima serata l’impaginato prevede la Cantata per contralto e pianoforte di Gioachino Rossini, Giovanna d’Arcoe le Danze sinfoniche da West Side Storyper due pianoforti e percussioni. Il secondo programma mette in fila di Gioachino Rossini leSoirées musicalesper voce e pianoforte, i Three Songs from William Shakespearedi Igor Stravinskij e i Dieci pezzi daGiulietta e Romeoop. 75di Sergej Prokof’ev.

    Nel corso di serata rossiniana di particolare interesse belcantistico (inteso in chiave anche strumentale), il violinista YuryRevich, il clarinettista Nicolai Pfeffer, il pianista Simone Di Crescenzo, insieme al soprano Maria Aleida, si esibiranno in una serie di pagine di alto e raffinato virtuosismo, per un omaggio a Michele Pertusi,che riceverà nell’occasione il tradizionale Premio del Belcanto intitolato allo storico direttore artistico del festival, Rodolfo Celletti.

    Per Festival Junior,la popolare serata dedicata ai giovani interpreti, istruiti nel corso dei mesi invernali, è stato scelto un adattamento del capolavoro comico di Rossini, firmato dal giovane attore e regista Marco Bellocchio: C’era una volta... Cenerentola! affidato alle cure musicali di Angela Lacarbonara, preparatrice del coro di voci bianche.

    Tra i complessi impegnati nella 44ªedizione del Festival, si saluta il debutto a Martina Franca de La Scintilla di Zurigo e dell’Orchestra Accademia Teatro alla Scala, e si registra il ritorno dell’orchestra della ICO di Taranto e del Coro del Teatro Municipale di Piacenza, diretto da Corrado Casati.

    Una menzione a parte merita il giovane Ensemble barocco del Festival della Valle d’Itria, che ha il pregio di mettere insieme alcuni tra i migliori talenti strumentali del territorio con esperti maestri di prestigio internazionale. La costituzione di questo gruppo, che nasce nel 2017 con lo specifico scopo di assicurare alle esecuzioni del festival la più corretta prassi esecutiva per le opere seicentesche e del primo Settecento, è certamente uno dei risultati più evidenti e preziosi della costante e tenace crescita della qualità del prodotto culturale e artistico del Festival.

    Si segnala poi l’assoluta innovatività del progetto di libero adattamento del Barbiere di Siviglia,Figaro su, Figaro giù..! ideato nell’ambito delle celebrazioni rossiniane, coprodotto con la Fondazione "La Notte della Taranta" di Melpignano. La produzione, destinata al più vasto pubblico, ha un’impronta volutamente "pop", e per questo motivo si fonda su una riscrittura drammaturgico-musicale del capolavoro rossiniano, affidato al talento e alla popolarità di un musicista e personaggio televisivo come Elio e di un esperto uomo di teatro e divulgatore come Francesco Micheli. Un complesso di strumenti popolari e anche etnici, tipici della tradizione musicale della “pizzica”, affiancherà un ensemble classico, tutti sotto la guida esperta di un direttore come Giuseppe Grazioli.

    Si tratta di un progetto assolutamente senza precedenti, che parte dall’incontro e dal dialogo di un prestigioso festival di musica “colta” e di ricerca – e dalla sua solida tradizione culturale e identità artistica - con un grande festival di musica popolare – che può contare sulla visibilità e sulle dimensioni dei grandi numeri.

    Il cast annovera un gruppo di giovani di grande personalità artistica e musicale, a partire dalla Rosina di Maria Aleida (che torna al Festival dopo il suo debutto in Aureliano in Palmira del 2011), con il Bartolo di Marco Filippo Romano (irresistibile buffo nella Margherita d’Anjou dello scorso anno) e il Conte di David Ferri Durà, ospite abituale del Festival. Basilio sarà il giovane Peter Kellner, basso di grande avvenire, già prenotato dai più prestigiosi palcoscenici europei, mentre come Figaro si farà ammirare il brillante baritono italiano Davide Terenzi.

    Si tratta di un progetto completamente inedito, che si prefigge lo scopo di intercettare e avvicinare all’opera pubblici potenzialmente distanti, oltre che aumentare considerevolmente – anche grazie alla collaborazione con la Festa della Taranta che ospiterà a Otranto una replica dello spettacolo – il bacino di fruizione di un’operazione culturale di natura trasversale. Il progetto si prefigge altresì lo scopo di approfondire il rapporto tra linguaggio e poetica musicale rossiniani e l’antica tradizione musicale dei fenomeni di tarantismo, in cui l’elemento ancestrale dionisiaco – tanto evidente nello scatenamento ritmico perfettamente organizzato di Rossini – gioca certamente un ruolo facilmente riconoscibile. Con l’occasione di questo spettacolo verrà promossa una tavola rotonda di riflessione critica, con la partecipazione di etnomusicologi, antropologi, musicologi e studiosi del costume popolare.

    Per quanto riguarda lo spettacolo, la regia è affidata all’estro di Gianmaria Aliverta, mentre per le scenografie, si prevede una collaborazione con la Fondazione "Carnevale di Putignano", con il progetto scenico di Benito Leonori e i costumi di Sara Marcucci e Francesco Bondì.

    Di sicuro interesse, infine, è il programma del concerto della ICO “Magna Grecia” di Taranto, affidato alla direzione del giovane Orazio Sciortino, singolare figura di multiforme ed eclettico musicista: compositore, pianista (e in questa veste si esibirà in un raffinato recital notturno), direttore e divulgatore siciliano, la cui biografia già spicca per collaborazioni, incisioni e commissioni di grande rilevanza. Oltre alla sua divertente Gattomachia, che ha debuttato con grande successo nella corrente stagione concertistica del Teatro alla Scala, e che vedrà impegnato come violino concertante il giovanissimo virtuoso napoletano Riccardo Zamuner, il singolare impaginato allinea tra l’altro il Duetto dei gatti di Rossini, trascritto per orchestra d’archi e pagine da La gatta Cenerentola di De Simone, affidati all’estro e alla personalità artistica di Domenico Colaianni.

    La celebrata opera di De Simone, del 1976, si ispira alla fiaba omonima contenuta ne Lo Cunto de li Cunti di Giambattista Basile, ed è il felicissimo frutto di un lavoro di ricerca operato dal compositore, studioso e regista napoletano e dal suo gruppo, la Nuova Compagnia di Canto Popolare, nelle tradizioni orali e musicali del Sud Italia.Da un punto di vista musicale si tratta di un sapiente impasto di musica popolare (villanelle, moresche, tammurriate) e musica colta, e ben si innesta in un cartellone in cui spiccano il progetto di un capolavoro di Rossini rivisitato attraverso un percorso di contaminazione con la più nota tradizione di musica popolare del Salento, e un capolavoro händeliano presentato in una versione, che si pensava perduta, che è ancora frutto di un processo di sincretismo culturale di particolare interesse storico: quello che testimonia l’incontro – episodico ma affatto emblematico – tra dramma per musica di produzione inglese (anzi, tra la prima opera su libretto italiano specificamente composta per la capitale inglese) e modello operistico tipico della scuola napoletana, vale a dire l’opera seria con inserto di intermezzi comici. Il clamoroso innesto restituisce un capolavoro sorprendentemente “umanizzato” rispetto all’originale.

    A ben vedere, quello della contaminazione, e della straordinaria e imprevedibile fecondità dei suoi frutti, è un altro appassionante fil rouge del cartellone della quarantaquattresima edizione del Festival della Valle d’Itria.

    Alberto Triola