Haenchen e Strauss

di Giuseppe Guggino

Dopo il felice concerto di inaugurazione di questa stagione della Sinfonica Siciliana con Mahler, il ritorno palermitano di Hartmut Haenchen è all’insegna del duale e complementare Strauss. Ottima l’intesa con l’orchestra, siglata da vicendevoli attestazioni di stima agli applausi conclusivi.

Palermo, 9 maggio 2025. Dopo una tellurica Terza di Mahler a inaugurazione della sessantacinquesima stagione dell’Orchestra Sinfonica Siciliana, Hartmut Haenchen fa un altrettanto riuscito ritorno a capo della medesima compagina orchestrale con un intelligente programma monografico incentrato questa volta su Richard Strauss. Duale e complementare rispetto al boemo fra gli appartenenti alla generazione postwagneriana del 1860, il bavarese Strauss – come è noto – esordisce nel terreno della Tondichtung per eleggere poi nei generi dell’opera e del lied le constanti unificatrici della propria parabola artistica. Forse a ciò pensando, il programma monografico saggia ognuno dei tre territori, con il poema sinfonico Tod und Verklärung, i Vier Letzte Lieder, seguiti poi dalla Suite op. 59 dal Rosenkavalier.

Sebbene distanziati da oltre sessant’anni il tema della trasfigurazione del giovanile poema sinfonico op. 24 si riaffaccia come citazione nell’ultimo pannello Im Abendrot degli estremi ultimi quattro lieder, scritti all’indomani della conclusione del secondo conflitto mondiale. Sottile, quindi, la scelta di averli accostati in rapida sequenza nella corposa prima parte del concerto. Pur nelle differenze di scrittura, Haenchen ne dà una lettura unificatrice, stilisticamente forbita oltre che caratterizzata da sonorità levigatissime e nervosissimi scatti. Lo strumento residente del Politeama sa confermarsi ancora una volta duttilissimo ed in grande spolvero, rispondendo alle sollecitazioni dell’autorevole bacchetta con un’omogeneità di fondo e con rilevanti individualità fra cui quantomeno ricordare – senza fare torto agli altri – la notevole spalla di Eva Bindere e l’altrettanto ragguardevole Silvia Bettoli al corno.

I quattro lieder sono affidati alla voce corretta ancorché timbricamente avara di Miah Persson, soprano svedese di ascendenza mozartiana approdata a questo repertorio forte di una buona musicalità ma in debito per peso specifico.

Più esornativa si rivela la scorribanda attraverso le pagine del Rosenkavalier, occasione per lo sfoggio di un virtuosismo orchestrale ben rodato che meriterebbe un pubblico un po’ più affezionato ed educato (quantomeno a non applaudire fra i Vier Letzte Lieder). Quasi scontato il successo finale, condito da vicendevoli attestazioni di stima fra l’orchestra e Haenchen, con l’auspicio che il rapporto possa ulteriormente consolidarsi nelle prossime stagioni.

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