L’acqua, il fuoco, la terra

di Antonino Trotta

Les Musiciens du Louvre, diretti da Marc Minkowski, chiudono in bellezza la stagione di Lingotto Musica con una splendida esecuzione delle ultime tre sinfonie di Mozart: il pubblico in visibilio e un raffinatissimo fuoriprogramma decretano il successo di una serata di altissimo profilo.

Torino, 20 maggio 2025 – C’è qualcosa di misterioso e perfino mistico nelle ultime tre sinfonie del genio salisburghese. Scritte tutte nel giro di poche settimane nell’estate del 1788, le sinfonie n. 39, 40 e 41 non furono, per quanto ne sappiamo, mai eseguite tutte insieme né pensate ufficialmente come una trilogia. Eppure, ascoltandole oggi, è difficile non percepire un disegno unitario, come se Mozart avesse voluto raccontare un ultimo grande viaggio sinfonico, dalla luce alla crisi, fino alla redenzione finale. Un addio in tre atti, insomma: tre quadri di un’opera che, pur rinunciando al sostegno delle parole, si sviluppa sotto una volta drammatica di irresistibile presa.

Su questo è d’accordo Marc Minkowski che, ospite e protagonista dell’ultimo appuntamento della stagione di Lingotto Musica, non manca di illustrare – senza microfono, con proiezione invidiabile e una buona dose di simpatia – questo possibile filo narrativo, prima di lanciarsi in un’esecuzione che restituisce tutto il respiro teatrale e la tensione interna di queste sublimi pagine sinfoniche. Il direttore francese le interpreta come tre elementi primordiali, tre stati della materia musicale, che corrispondono anche a tre volti diversi dell’anima di Mozart. La Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore è l’acqua: morbida e limpida, ma non per questo priva di profondità. Si apre come un lago immobile al mattino e da lì prende forma un mondo orchestrale raffinato, mobile, in cui i timbri si fondono come correnti sotterranee. Poi, la celeberrima Sinfonia n. 40 in sol minore, con la scrittura inquieta, frenetica, nervosa: manco a dirlo, è il regno del fuoco. Infine, arriva la n. 41 in do maggiore, e a emergere è la terra, solida, maestosa, definitiva. La "Jupiter" è una costruzione monumentale, piantata saldamente nella forma, ma pronta a elevarsi verso l’alto. E verso l’altro vola anche il pubblico, spinto com’è da quella lettura così coinvolgente, magnetica, emozionante che Minkowski e Les Musiciens du Louvre, gli eccellenti complessi nati da una sua costola, sanno assicurare.

Nella Sinfonia n. 39 KV 543, l’orchestra brilla per trasparenza e flessuosità. Minkowski opta per un gesto deciso ma non pesante, facendo emergere con naturalezza il dialogo fra fiati e archi, mentre l’Allegro del primo movimento si dispiega con una freschezza quasi danzante. Il secondo movimento, Andante con moto, si divide invece con stacco netto tra i due poli che ne compongono l’arcata, pur armonizzandosi alla perfezione nel drammatico gioco di opposizioni che il Salisburghese crea: distesa, bucolica, come illuminata da una luce filtrata la sezione ariosa in la bemolle maggiore; cupa, sfogata e tragica quella in fa minore, in cui emerge con forza il secondo tema. Il Menuetto si fa quindi strada con irrefrenabile baldanza ritmica, pomposo e tronfio, quasi rubando la scena all’aggraziato Ländler affidato agli ottimi clarinetti. L’Allegro finale, di irresistibile energia, viene affrontato con slancio dionisiaco e controllo assoluto. Anche nei passaggi dove il gesto di Minkowski può apparire più criptico, l’intesa con i suoi complessi è tale da non concedere la men che minima sbavatura: ne consegue un turbinio sonoro guizzante e iridescente, che esalta al meglio la vitalità straripante di queste battute.

Tutt’altra urgenza espressiva innerva invece la Sinfonia n. 40 KV 550, diretta con un senso di ineluttabile fatalismo e una tensione narrativa che percorre ogni battuta. Minkowski sceglie tempi serrati e una scansione ritmica incisiva, enfatizzando l’inquietudine profonda e l’angoscia sottesa che abitano questo severo affresco. L’orchestra si muove con precisione chirurgica, alternando passaggi di cupa introspezione – dove i temi sembrano quasi sussurrati – ad esplosioni di infuocata intensità che scuotono l’ascoltatore. Nel primo movimento, il fraseggio è teso, quasi spasmodico, puntellato da inflessioni nette e taglienti; l’Andante, con le sue dinamiche pronunciate, acquista un’aria di malinconia dolorosa; il Menuetto, nel terzo movimento, suona imperioso e oscuro, mentre il Trio offre una breve tregua di dolcezza. Il Finale, infine, corre impetuoso, con agogiche e accenti implacabili, verso una conclusione vibrante, lasciando in dono quell’impressione di febbrile agitazione che attraversa tutta la sinfonia.

La Sinfonia n. 41 KV 551, infine, s’impone autorevole e solenne come un monumento sonoro. Minkowski la dirige con autorevolezza di gesto e d’espressione, valorizzando tutta la grandiosità dell’opera in un equilibrio perfetto di forza e delicatezza. Il primo movimento, Allegro vivace, sprigiona, nella varietà degli accenti e nella plasticità di certe sospensioni ritmiche, un vigore quasi regale. Il secondo, Andante cantabile, si distende in una calma quasi pastorale segnata da uno squisito impasto timbrico. Il terzo movimento risuona con eleganza e raffinatezza mentre il Finale, celebre per la sua complessità contrappuntistica, esplode in un trionfo sonoro capace di elevare lo spirito.

Gli applausi interminabili tributati da una platea festante si interrompono appena per un bis di eccezionale caratura: l’Entrée de Polymnie da Les Boréades di Rameau, celestiale chiusura di una stagione che quest’anno ci ha fatto davvero sognare, e che già promette – con nomi come Mutter, Rana, Sokolov, Mehta – di rinnovare quella magia rara che nasce dall’incontro con grandi interpreti, lasciando nell’aria il gusto prezioso delle cose ben fatte e l’attesa, già viva, per ciò che verrà.

Leggi anche:

Verona, concerto Minkowski / Les Musiciens du Louvre, 13/01/2025

Bologna, concerto Minkowski / Musiciens du Louvre, 08/06/2023

Fermo, concerto Gatti / Orchestra Mozart, 21/01/2025