La ricerca dell'equilibrio

di Roberta Pedrotti

Il Requiem di Mozart unisce le forze della Filarmonica Marchigiana, del Coro Giovanile delle Marche e dell'Accademia di arte lirica di Osimo sotto la direzione di Luigi Piovano.

PESARO, 11 aprile 2025 - Il teatro Rossini pieno è sempre un bel colpo d'occhio e anche in un inizio aprile freschetto anzichenò ci riporta alle immagini estive del Rof. Questa volta, però, non è Gioachino a richiamare pubblico da tutto il mondo, ma colui che egli stesso definì “fu l'ammirazione della mia giovinezza, la disperazione della mia maturità, e la consolazione della mia vecchiaia", Wolfgang Amadé.

In cartellone, per la stagione della Form e dell'Ente Concerti pesarese, c'è il Requiem di Mozart: titolo noto nell'universo e in altri siti, se non altro per il Dies Irae e per aver visto il cianotico e sudaticcio Tom Hulce dettare a F. Murray Abraham qualche battuta del Confutatis e del Lacrymosa. (più sofisticata è forse la citazione delle Szenen aus Mozarts Leben di Lorzing, che nel 1832 già ricomponeva un'aria sul tema di Rex tremendae maiestatis – e chi scrive la udì con uno straniante Bruno Praticò). Poi, naturalmente, ci sono le fantastorie e le fantamusicologie ad allettare la curiosità popolare, da quelle rispettabilmente artistiche che da Puskin arrivano al citato Forman tramite Shaffer, alle leggende metropolitane facilmente smentibili (no, non c'è nulla di così patetico e umiliante nella sepoltura di Mozart, che corrispondeva all'uso e agli ideali del tempo), a bizzarrie pretenziose che nemmeno meriterebbero d'essere ricordate.

Uno dei grandi capolavori incompiuti della storia, tanto più per la forma in cui ci è pervenuto, con un senso di sospensione che il completamento di Süßmayr non può redimere e, anzi, amplifica, attrae inesorabilmente dal musicologo più scafato allo spettatore intermittente, dal curioso occasionale al musicofilo scafato.

Il concerto pasquale dell'orchestra regionale marchigiana, con tappa anche a Montepulciano, presenta in Requiem in collaborazione con il Coro giovanile delle Marche diretto da Giovanni Farina e con l'Accademia Internazionale d'Arte Lirica. Ottima, virtuosa idea che si pone sulla stessa linea del lavoro svolto con i Conservatori per Ein Heldenleben di Strauss. Purtroppo, a fronte di un'ottima preparazione del coro, che esce a testa alta da un cimento non indifferente, specie per una compagine che per definizione non può vantare una grande esperienza, il quartetto solistico non convince granché. Si distinguono la interpreti femminili, con la delicatezza angelica del soprano Laura Khamzatova (in sostituzione della prevista Antonella Granata) e il mezzosoprano Nutsa Zakaidze, mentre deludono quelli maschili: troppo fragili e acerbe paiono la voce e la musicalità del tenore Alessandro Fiocchetti, mentre una precoce usura e sclerotizzazione pare già affliggere il basso Aleksandr Utkin.

Sul podio, Luigi Piovano si prodiga, da fine musicista qual è, di indicazioni, fra ampi gesti indirizzati alle voci sul fondo e ripetuti richiami al piano rivolti ai musicisti più vicini. Ne deriva, però, anche una tendenza a squilibri sonori che penalizza proprio la ricerca di sfumature e di un fraseggio articolato in sapienti e fluide scelte agogiche, che passano in secondo piano quando il coro e gli ottoni arrivano a sovrastare gli archi, specie nel Kyrie e nel Dies Irae, in cui signoreggia il trombone. L'effetto quasi disorienta perché ciò che si intende dell'idea musicale di Piovano va nella direzione di un equilibrio cesellato in cui si dovrebbero stagliare forti contrasti di colore (si pensi al Confutatis maledictis, in cui le voci femminili sono spinte a un piano tanto estremo da rendere fin troppo evanescente l'emissione) e tuttavia reso sfuggente dal bilanciamento perfettibile.

La scrittura più composta dell'Ave Verum proposto come fuori programma da Piovano con ispirata devozione sembra meglio evidenziare le qualità di coro e orchestra e la sensibilità del concertatore. 

Il successo di pubblico è caloroso e scalpitante.

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