IL CALENDARIO
Mercoledì 28 novembre 2018 ore 21
Giuseppe Ungaretti
VITTORIO FRANCESCHI letture
ROBERTO PROSSEDA pianoforte
ALESSANDRA AMMARA pianoforte
Nato ad Alessandria d’Egitto, Ungaretti soffrì sempre la sua condizione di figlio di migranti e vide la tanto agognata patria quando era ormai ventiquattrenne. «A che gente appartengo, di dove sono? E se la guerra mi consacrasse italiano? I medesimi rischi, il medesimo eroismo, la medesima vittoria. Finalmente l’unità d’Italia!»: così scriveva all’amico Prezzolini nel 1915, appena fu chiaro che anche l’Italia sarebbe entrata in guerra. Venne spedito sul Carso come soldato semplice, in trincea, e da subito il suo entusiasmo si scontrò con la brutalità della vita del fronte. La poesia fu il suo rifugio davanti all’orrore e alla morte. Qui nacquero i versi immortali che sono scolpiti nella memoria di tanti italiani: Soldati, Veglia, I fiumi, San Martino del Carso, parole asciutte e strazianti che gridano il bisogno di vita e di pace. Tra le ceneri della distruzione, il poeta sembrò trovare se stesso: l’Ungaretti “uomo di pena”, cantore del dolore del mondo, ampliò il suo patriottismo verso un senso di fratellanza universale. Alle sue liriche sono accostate le Pagine di Guerra di Casella, un affresco sonoro del primo conflitto mondiale, accanto alle musiche di Schoenberg e di Bach, il compositore più amato da Ungaretti.
Musica
Johann Sebastian Bach Passacaglia in do minore BWV 582
(versione per pianoforte a quattro mani di Max Reger)
Tre Invenzioni a tre voci per pianoforte BWV 789-797-799
Alfredo Casella Pagine di guerra per pianoforte a quattro mani op. 25
Arnold Schoenberg Sei Piccoli pezzi per pianoforte op. 19
Mercoledì 5 dicembre 2018 ore 21
Joseph Roth
VITTORIO FRANCESCHI letture
QUARTETTO D’ARCHI DELLA SCALA
«Mi sveglio dalle fantasticherie,/ il soffio gelido della vita mi avvinghia». Questi versi furono il primo approccio letterario di colui che sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori del Novecento.
Nato in una famiglia ebraica in Galizia, agli estremi confini dell’Impero, allo scoppio della Grande Guerra Roth fu dichiarato inabile al servizio. Umiliato dalla sua condizione di riformato, nel 1916 si arruolò come volontario e fu inviato al fronte come addetto stampa.
La guerra portò via tanto al giovane Roth. Lo privò della Patria, con il sogno della Grande Austria che si dissolse davanti ai suoi occhi, e con i nuovi confini, sorti dalle ceneri dell’Impero, che di fatto non facevano più di lui un austriaco.
La guerra gli strappò anche la poesia. Era con i versi che aveva espresso la sua delicata anima di adolescente e fu con i versi che raccontò la vita del fronte, il bisogno di ritrovare fratellanza e umanità tra violenza e rovine, il suo più feroce dissenso verso le gerarchie militari. Dopo la guerra non scrisse quasi più in versi: articoli e romanzi divennero il nuovo linguaggio del suo nuovo e più cinico sguardo sul mondo.
Alle sue poesie sarà accostato uno dei più celebri quartetti di Schubert: note nostalgiche del suo sogno austriaco, abbandonato, ma mai dimenticato.
Musica
Franz Schubert Quartetto n. 14 in re minore D 810 – La morte e la fanciulla
Mercoledì 12 dicembre 2018 ore 21
Guillaume Apollinaire
VITTORIO FRANCESCHI letture
ROBERTO PROSSEDA pianoforte
ALESSANDRA AMMARA pianoforte
Nato a Roma da madre polacca, Apollinaire si arruolò per un senso di appartenenza a una Patria che non era nemmeno sua, per prendere parte a qualcosa di grande, di sublime, di epocale, per nutrire quell’insaziabile fame di vita e di esperienza che lo divorò per tutta la vita.
Il poeta si innamorò della vita militare con la stessa passione e irruenza con cui si innamorò per tutta la vita delle donne. La sua anima straripante si nutrì della forza e dell’irruenza che presagiva nella vita da soldato.
L’esperienza della trincea mutò i suoi versi di guerra: vi s’insinuò il presagio della morte, la consapevolezza dello spreco di giovinezza e di vita umana che restava esanime sui campi di battaglia. Ma Apollinaire non fu mai “un uomo di pena” come Ungaretti, non poteva cercare conforto nello spirito: fu l’amore, con i più sensuali e vividi ricordi delle donne del passato e di quelle presenti, a salvarlo. Il 17 marzo del 1916 venne ferito alla testa da una scheggia di granata. La vita al fronte per lui era finita, ma le complicazioni resero necessari più interventi chirurgici che minarono la sua salute, tanto da renderlo più fragile all’attacco della febbre spagnola che mieté, insieme a quella di almeno 20 milioni di europei, anche la vita di Guillaume Apollinaire.
Ai suoi versi sono accostate le musiche dei compositori che conobbe nei suoi anni parigini: Poulenc, che musicò il suo Bestiaire, Ravel e Debussy.
Musica
Francis Poulenc Sei Villageoises
Suite in do maggiore
Claude DebussyDeux Arabesques
Maurice Ravel Gaspard de la nuit