L’Ape musicale

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I rimedi per tutelare e guarire la voce

Secondo Svetonio, l’imperatore Nerone, nonostante avesse una voce rauca e sottile, amava molto cantare, per questo motivo non trascurava mai nessuna delle precauzioni necessarie per conservare e migliorare la voce: arrivò perfino a sopportare sul suo petto lastre di piombo e a privarsi dei cibi che potessero recargli danno. Maffei invita a emulare Nerone, inoltre suggerisce di fare uso di erbe medicamentose:

«Assai giovevole rimedio a far buona voce è l’usare spesse volte gli argomenti onde Nerone, al quale tanto dilettava la musica, non avea a sdegno (come riferisce Svetonio tranquillo) l’usargli per potere più dolcemente poi cantare. Buono anco rimedio è il tenere una piastra di piombo nel stomaco, si come anco il medesimo Nerone facea.»

Successivamente, il medico solofrano ci istruisce sulle modalità di realizzazione di pillole che combattano gli effetti dell’umidità sulla voce: è necessario mischiare una mezza dramma (antica unità di misura del peso usata in farmacia, che corrisponde a circa 4 grammi; anche lo scrupolo è un’unità di misura, usata in ambito farmaceutico a partire dal Medioevo) di calamento con uno scrupolo (quasi 2 grammi) di gomma arabica. Il calamento è un’erba aromatica dalle proprietà lenitive nonché depurative, le stesse della gomma arabica:

«Ancora sono buone le seguenti pillole: massimamente quando la voce é guasta per soverchia umidità, togliansi quattro fiche secche levandone le scorze, e togliasi una mezza dramma di calamento e parimente uno scrupolo di gomma arabica, e pestisi ogni cosa insieme nel mortaio e facciasi ballotte, delle quali se ne tenerà una in bocca la notta continuamente e ’l dì.»

Maffei prosegue con altri consigli terapeutici:

«Ecco questo altro: togliasi una dramma di ligoritia e due d’incenso e togliasi anco uno scrupolo di safrano, e, pestando ogni cosa insieme e congiongendole con il rob di vino o d’uva, si userà poi appoco appoco. Il brodo del cavolo al medesimo effetto giova molto.»

La “ligoritia” è la liquirizia, pianta erbacea perenne, viene usata per mascherare sapori sgradevoli, ma anche come bechico, ergo contro la tosse, e espettorante, cioè per promuovere la rimozione di muco. Il “safrano” è, invece, lo zafferano, infine il “rob” è una sorta di sciroppo, che, tuttavia, differisce da quest’ultimo in quanto è costituito solamente da succo, senza zuccheri. La medicina popolare ha da sempre attribuito alle foglie del cavolo interessanti e curiose proprietà antifiammatorie, ecco perchè anche Maffei ci invita a farne uso in caso di bruciore alla gola. Altri rimedi all’“asprezza” della voce sono:

«Ed a tutti questi non è inferiore rimedio per l’asprezza della voce il togliere la cassia, dico il mangiarla nel cannuolo con il coltello, e parimente è molto approvato rimedio il lochsano di Mesué, si come buono rimedio ancora è il gargarismo fatto con un poco di sandaraca e aceto squillitico e alquanto miele; e questo sia detto brevemente intorno alle cose ch’entrano per la bocca quando il difetto della voce viene d’umidità nella gola, che quando si disiderasse rimedio per fuora si potrà usare questo suffomiggio senza entrare ad empiastri, unguenti ed altre ontioni per esser cose di molto fastidio e bruttezza. Togliasi incenso sandaraca stirace, calamento, e mettendosi ne’ carboni se ne toglia il fumo per lo naso e per la bocca. E quando per avventura per causa secca la voce fosse cattiva, il che rare volte avviene, togliasi olio violato e con esso si mescoli tanto zuccaro che l’uno e l’altro divenga come miele, e questo s’inghiottisca appoco appoco, e massimamente quando se va a coricare se ne toglia un cochiaro; ed a questo proposito è buono ancora il brodo di gallina e le fiche secche con umidità molta.»

In botanica, il genere “cassia” comprende piccoli alberi e arbusti con proprietà decongestionanti, parimenti al loch sanum di Mesuè il Giovane (un medico cristiano giacobita della fine del X sec. d.C., autore di un antidotario molto celebre nel Rinascimento), un elettuario con consistenza simile al miele, a base di cinnamomo, issopo e liquirizia. Anche i gargarismi con resina, aceto di cipolla squilla, che è un’erba bulbosa dotata di radici più grandi rispetto a quelle delle cipolle volgari, e miele sono ottimi emollienti per una voce affaticata ed una gola secca a causa dell’umidità. L’olio che si ricava dai fiori di viola, inoltre, attenua le infiammazioni e riduce la tosse e la sensazione di bruciore alla gola; infine, il brodo di gallina e i fichi secchi inumiditi sono ulteriori rimedi utili a guarire una voce arrochita.

Queste ultime pagine costituiscono la degna conclusione di un’epistola dedicata all’arte canora: il medico che alberga nell’autore non eclissa il musicista, bensì fornisce a quest’ultimo validi consigli per avere cura della propria voce. Ciò che colpisce è l’interesse medico per una disciplina artistica in tempi non sospetti; Maffei non è solo orientato a guarire un apparato malato, le sue parole testimoniano una contaminazione del canto da parte della medicina, che non interviene solo in favore di individui in senso generico: si interessa precisamente ai cantanti e alle loro necessità. Tale atteggiamento è estremamente moderno, ed è bene evidenziare il pionierismo di figure come quella di Maffei, il quale, nel Cinquecento, propone una tecnica vocale fortemente incentrata sull’uomo, ancor prima che sull’esecuzione.


 

 

 
 
 

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