L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Nel segno di Verdi

di Roberta Pedrotti

 

Con il ruolo di Amelia in Un ballo in maschera al Regio di Torino nel 2012, forte di una solida gavetta in provincia, Anna Pirozzi si è imposta all'attenzione come una delle più importanti voci sopranili del panorama odierno, affermandosi tra l'altro come l'Abigaille di riferimento dei nostri giorni. Il suo percorso è un esempio prezioso che ricorda a tutti come non sia importante tanto arrivare prima quanto arrivare pronti - tecnicamente fisicamente e psicologicamente  - ai grandi appuntamenti di una carriera artistica.

Dopo il grande successo del concerto Fuoco di gioia [leggi la recensione] al Regio di Parma, in cui ha alternato pagine da Attila, La traviata e La forza del destino, e in vista dell'imminente esordio nei panni di Luisa Miller al Carlo Felice di Genova, le abbiamo posto alcune domande.

Si avvicina il debutto in Luisa Miller. Come si colloca questo ruolo all'interno del suo percorso verdiano?
Diciamo che è arrivato un po' all'improvviso. Studiai le due arie di Luisa circa quattro anni fa convinta di voler debuttare questo ruolo, ma poi abbandonai l'idea poiché, visto che lo cantano anche vocalità più leggere della mia, mi sono detta che non l'avrebbero mai dato a me. Invece, eccomi qui a ricredermi e pronta a interpretarlo tra una settima con addirittura il grande Leo Nucci come Miller e regista al Carlo Felice, due debutti in uno per me.

Luisa, nello sviluppo del suo dramma, mostra diversi aspetti della vocalità sopranile, come Violetta, che pure ha un primo atto decisamente belcantista, affronta nel secondo i conflitti più intensi e va a morire tragicamente nel terzo, o Elena d'Austria, che al contrario ha le accensioni più vigorose nel primo atto, quindi i passi più lirici e conclude l'opera con un'aria di coloratura. Quali difficoltà impone a un soprano un ruolo come questo?
Per quanto mi riguarda ho riscontrato difficoltá, nei primi passi di studio, nella prima aria "lo vidi e il primo palpito" poi risolti con l'assestamento del ruolo, per il resto conta molto l'interpretazione, si gioca soprattutto sul fraseggio.

Qual è la differenza fra la coloratura di Abigaille, Norma e Odabella e quella di Luisa? Solo di carattere e situazione o anche tecnica e musicale, dal suo punto di vista?
La coloratura di Luisa è tipica del primo Verdi, ma diversa, ovviamente, di quella di Abigaille, carattere diversissimo. Odabella è ancora più complessa e Norma è tutt'altra cosa.
Diciamo che in realtà c'è pochissima coloratura in questo ruolo, solo nel primo atto.

A Parma di recente ha cantato “a sorpresa”, per sostituire una collega all'ultimo momento, e con grandissimo successo anche l'aria del primo atto della Traviata. Pensa, dopo Luisa, di avvicinare anche Violetta?

Violetta è il sogno di tutti i soprani, ma non credo che oggi la mia vocalità possa piacere in questo ruolo, nel quale si è abituato l'orecchio a voci più lirico-leggere. Però sarei prontissima a cantarlo.

Cosa pensa della definizione di soprano drammatico d'agilità? È una tipologia vocale che esiste – e in cui eventualmente si riconosce – o più un modo per definire alcuni ruoli?
Io credo che sia giusto parlare di soprano drammatico d'agilità per definire alcune voci che devono avere determinate caratteristiche e abilità per un determinato repertorio.

Lei si sente una voce verdiana?
Io non amo attribuirmi una definizione, preferisco che lo facciano il mio pubblico e gli esperti del settore. Per quanto mi riguarda dico solo che la scrittura verdiana è consona alle mie corde e che alcuni colori e sfumature della mia voce forse ricordano qualche voce verdiana del passato... non saprei dir di più.

Nel suo percorso di studi questo repertorio è sempre stato riconosciuto come quello a lei più congeniale? I suoi non sono sicuramente i ruoli che si studiano e si affidano immediatamente a una studentessa di canto. Ci può raccontare qualcosa sulla sua formazione artistica e le tappe per lei più importanti della sua carriera?
Si è vero, i ruoli che faccio non si offrono a una cantante che sta iniziando una carriera, ma il mio debutto "importante" è avvenuto all'età di 37 anni e con anni di gavetta in realtà più piccole che mi hanno permesso di farmi le ossa per affrontare i grandi palcoscenici. Il mio percorso di studi è stato tardivo e irregolare, sempre alla ricerca del Maestro della vita, ma fortunatamente non ho dovuto girare molto. Federico Longhi ormai mi segue da 5 anni, conosce perfettamente la mia voce e i primi successi sono arrivati con lui.

Ultimamente ha interpretato Maddalena di Coigny, Santuzza, Tosca... Qual è il suo rapporto con la “Giovane scuola”? Musicalmente e vocalmente alternare questi titoli con quelli del primo Verdi e con Norma quali vantaggi e quali difficoltà può comportare?
Come mi dice sempre Federico "la voce non è un'ascensore" e quindi tra una produzione e l'altra, soprattuto di differente scuola e tessitura, ci vuole riposo e il tempo per mettere in gola il ruolo, non si può saltare in breve tempo da Santuzza al Trovatore o da Andrea Chénier ad Abigaille. Io cerco di seguire questa regola e non compromettere la resa nello spettacolo e la salute della mia voce.

Quali sono, in generale, le maggiori sfide artistiche che ha affrontato? Quali i personaggi che più ha amato?
Ogni volta che affronto un nuovo ruolo è una sfida con me stessa. L'ultimo con il quale ho avuto da lavorar duro è stato quello di Elvira nell'Ernani, ruolo nel quale ho debuttato con il Maestro Muti e che ho amato molto. Spero tanto di reinterpretarlo presto, anche perché non ho avuto modo di approfondirlo vocalmente come vorrei. Poi ho affrontato Maddalena di Coigny: un colpo di fulmine vero e proprio, non pensavo di potermi innamorare così di un ruolo che non fosse verdiano, ma nessuna musica mi ha mai commosso a tal punto, forse perché l'ho cantata in un triste periodo della mia vita allora mi si è stampata nel cuore. E, naturalmente, non posso non citare Leonora del Trovatore, che è stato il mio primo amore e come si suol dire "il primo amore non si scorda mai"....

In quali direzioni intende ampliare il suo repertorio in futuro? Ci sono dei sogni proibiti e nuovi obbiettivi invece già in via di realizzazione?
Sicuramente mi sto approcciando cautamente, ma non troppo, a Turandot e Norma. Poi non mi pongo  barriere e limiti, valuto ogni proposta con cognizione e dedizione. Un sogno che spero si realizzi presto è Elisabetta nel Don Carlo.

I suoi prossimi impegni?
Dopo la Luisa Miller qui a Genova tornerò nella mia città natale, Napoli, per interpretare Leonora nel Trovatore e Maddalena in Andrea Chénier al Teatro di San Carlo. Nel 2015 girerò il mondo con Nabucco: canterò la mia amata Abigaille a Lipsia, Stoccarda, Tel Aviv e per il mio debutto all'Arena di Verona. A Macerata sarò per la prima volta Nedda nei Pagliacci, insieme a Santuzza in Cavalleria rusticana. E ad ottobre 2015 tornerò a Bologna per Macbeth nella produzione di Wilson.
Arriveranno anche Odabella, Norma e...

In attesa di scoprire quali sorprese si celano fra i progetti di Anna Pirozzi, le rivolgiamo il nostro in bocca al lupo. E arrivederci a presto.


 

 

 
 
 

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