Curiosando fra teatri e librerie
di Gina Guandalini
Ian McKellen è Falstaff nel West End, mentre non lontano dal mitico mercato di Portobello va in scena una Tosca particolare e le librerie antiquarie svelano spettacoli dimenticati.
Vedere e sentire il mitico mago Gandalf del Signore degli anelli sulla scena londinese è un’occasione che si è appena conclusa al Noel Coward Theatre nel West End. Un nuovo adattamento di Henry IV Parts 1 & 2 di Shakespeare ha avuto nel ruolo dell’anti-eroe comico Falstaff un poderoso Ian McKellen. La sintesi del testo e la messinscena sono di Robert Icke, che ha imposto abiti moderni (tanto per cambiare) ed è perciò costretto a lasciare alle luci e ad ampie tende il compito di tentare di creare un’atmosfera medievale. Icke rinuncia almeno a video e telecamere, ormai quasi inevitabili in ogni tipo di messinscena. Il principe Hal (interpretato con vitalità ed efficacia dal ventiseienne Toheeb Jimoh, che qui è una celebrità televisiva) deve passare da una adolescenza spensierata e spesso ribalda rispetto a tutti i doveri di un grande re: il suo amico di baldorie preferito è il vecchio Falstaff. La seconda commedia viene tagliata e si concentra – lasciando in secondo piano personaggi femminili molto caratteristici come Mistress Quickly (un’abile Claire Perkins) e Dolly Tearsheets – sulla voce risonante, sulla personalità travolgente e sul trasformismo di McKellen. “Carnal and carnivalesque”, ha scritto il critico del Guardian per descrivere l’esuberante vitalità di questo grande attore; non occorre traduzione. La gang di borsaioli che lo circonda, tutti giovani e scatenati, fa pensare a questo interprete (che a fine maggio ha compiuto 84 anni) come a una sorta di Fagin di Oliver Twist, a un decrepito ma indomito mascalzone, che catechizza i suoi discepoli con un monologo dell’onore pensoso e filosofico. Hotspur e Pistol sono entrambi affidati all’eccellente Samuel Edward-Cook. Il pubblico accoglie ogni parola di queste due commedie conglomerate in una con attenzione ed entusiasmo: McKellen ha stregato tutti.
La stagione di opere liriche all’aperto di Holland Park, non lontano dal mercato di Portobello, sta ormai prendendo il posto della ENO, English National Opera vicino a Trafalgar Square, che ha ridotto il proprio calendario e ormai punta su titoli moderni o extraoperistici. Lo spostamento topografico, dalla Londra “storica” al mercato cosmopolita, mi sembra significativo. A Holland Park la stagione si è aperta, sotto una pioggia insistente, con Tosca. Si tratta di una ripresa della regia dell’australiano Stephen Barlow; già presentata qui nel 2008, ambienta l’opera nella Roma del 1968. La capitale è percorsa da Cinquecento d’epoca e tappezzata da manifesti della Democrazia Cristiana. Due manifestazioni si scontrano: “Vota Scarpia” e “Libertà per Angelotti”. Il convegno dei mafiosi che circondano Scarpia è “Trattoria Farnese”. Avete capito tutto. Cavaradossi è il portoghese Josè de Eça, Scarpia l’australiano Morgan Pearse. Lo spettacolo si appoggia alla dinamica concertazione di Matthew Kofi Waldren e alla protagonista Amanda Echalaz. Trattasi di una bella e alta signora di origini sudafricane, veterana del ruolo. E purtroppo la voce lo dimostra, ormai malferma e gridata come è. Da noi ha cantato diversi anni fa alla Fenice (sempre come Tosca) e a Bologna. L’attrice è coinvolta e abile. Ma Puccini è un’altra cosa.
Di musica, di grande musica parla una mia scoperta personale. In nessuna biografia del contralto inglese Kathleen Ferrier (1912-1953) risulta che nel suo repertorio ci fosse anche lo splendido oratorio di Haendel Israel in Egypt. Ora lo testimonia una preziosa locandina, emersa tra pubblicazioni musicali, vecchi programmi di sala, numeri del mensile Opera con la Callas e la Sutherland in copertina, in una libreria antiquaria di Cecil Court. Vi è accluso en souvenir il biglietto d’ingresso. Sotto la direzione di Malcolm Sargent sul podio della London Symphony Orchestra, l’esecuzione ebbe luogo il 5 novembre 1943 alla Royal Albert Hall. Si darebbe veramente qualcosa per ascoltare la Ferrier in “And the children of Israel”, “Their land brought forth frogs” e “Thou shalt bring them in”, più recentemente straziati da countertenors sgangherati. Per non parlare del duetto “Thou in Thy mercy“: il tenore in quell’occasione era Heddle Nash (1894- 1961). Esordì cantando da tenore di grazia dietro le quinte nella compagnia di marionette Podrecca e tra il ’23 e il ’25 studiò a Milano con un wagneriano storico, Giuseppe Borgatti. Nash non era forse Schipa, ma nel paragone con certi tenori attuali verrebbe portato in trionfo per le strade. Basta ascoltarlo su YouTube in Haendel, Mozart, Donizetti, Bizet o Puccini per rendersi conto del crollo tenorile di cui siamo purtroppo testimoni. Una locandina del 1943 trovata in uno scatolone riporta alla luce una tappa del belcanto e molte considerazioni storico-teniche. Continuerò a frugare e rovistare ogni volta che sarò a Londra.