Concinnitas concinnitatis
Un ricordo del compositore Alberto Colla (Alessandria, 2 luglio 1968 – Alessandria, 12 gennaio 2025): un intelletto raffinato, lucido, in equilibrio fra una rara sensibilità e un bagaglio tecnico di primissimo ordine.
«Dio è morto, Marx è morto, [Schönberg è morto]… e anch’io non mi sento molto bene». Con questa variazione su Woody Allen inizia il Trattato di armonia moderna e contemporanea di Alberto Colla, un attacco che rivela già molto del suo autore, dall’intelligenza sottile all’ironia mossa con mano leggera.
Questa levità è forse una delle cifre caratteristiche della sua musica (ma anche della personalità), una leggerezza che in questo caso va di pari passo sia con la straordinaria perizia tecnica e sia con una conoscenza davvero enciclopedica della composizione: un intelletto raffinato, lucido, in equilibrio fra una rara sensibilità e un bagaglio tecnico di primissimo ordine. Questo è – almeno in parte – l’uomo e il compositore spentosi domenica 12 gennaio.
In questi casi la tentazione più forte è quella di elencare i successi e i premi, due costanti nella vita di Colla, dalla vittoria al “2 agosto” nel 1996 con Pax per soprano e orchestra fino a quella del “Giuseppe Verdi” indetto dal Comitato per le celebrazioni verdiane nel 2001 con l’opera Il processo, basata sull’omonimo romanzo di Franz Kafka: questo tassello in particolare costituisce l’affermazione di Colla nel panorama musicale italiano, oltretutto con la rappresentazione nella stagione 2001/2002 del Teatro alla Scala con la regia di Daniele Abbado e la direzione di Enrique Mazzola. Da qui, come tessere del domino, arrivano le commissioni da Luciano Berio dall’Accademia di Santa Cecilia, dalla Fondazione Arena di Verona, dalla C.E.I. (con tanto di esecuzione alla presenza di Papa Benedetto XVI) e dall’Orchestre National d'Île de France, i contratti Ricordi, Universal e Sonzogno, tuttavia questo ancora non basta per delineare, seppur con pochi e frettolosi graffi di matita, i tratti veramente importanti di una delle figure più interessanti e al contempo mai sufficientemente valorizzate del panorama contemporaneo italiano. Sono due gli elementi che racchiudono tutta la sua grandezza: il suo pensiero e la sua visione, contenuti tanto nella sua opera compositiva quanto nell’attività saggistica. Nel già citato Trattato di armonia dimostra una disarmante lucidità nell’affermare che «in campo armonico […] si è oggi giunti all’urgenza di un radicale aggiornamento», facendo riferimento alla grande frattura – ad oggi ancora non sanata – per cui una parte dei compositori fa ancora riferimento quasi esclusivo al sistema tonale, mentre l’altra l’ha del tutto abbandonato per «un panorama tecnico inedito e iridescente»; a questa rigida prospettiva delle cose, Alberto Colla aggiunge una terza via; si badi che non viene avanzata nessuna pretesa di verità assoluta, non viene rivendicata nessuna radicale invenzione, non viene agitato nessun alloro di autocelebrazione, semplicemente si offre una nuova soluzione che i colleghi possono valutare perché «il nostro è un tempo di sintesi. È giunto il momento di acquisire una prospettiva dell’universo armonico nella sua integrità strutturale. Proponiamo, pertanto, una “teoria del tutto” in grado di assemblare in un solo cristallo le numerose sfaccettature delle realtà storiche, spesso apparentemente avulse tra loro». Questa scoperta è senz’altro la più affascinante fra quelle di Colla e prende il nome di concinnitas, in cui «è realizzabile una sintesi della storia teorica della musica, e non solo occidentale». In estrema sintesi, in una sola teoria Alberto Colla è riuscito a riunire tonalità, serialismo, spettralismo, strutturalismo e modalità, in qualsiasi declinazione.
Per il proprio linguaggio ha prescelto uno stile di grandissima espressività che peraltro tiene in grande considerazione il dato percettivo; quest’ultima considerazione assume uno spessore immenso se si osserva quanto Colla sia stato un interprete incisivo, sempre lucido e super partes del presente. Si ricordino, a questo proposito, la Seconda Sinfonia D.I.S.Respecting (2009-10) «in memoria delle 395.647.000 vittime dei governi», la Quinta Sinfonia “L’inquietudine di essere umani” (2016) in cui si mette al centro il «rapporto di amore/odio verso gli animali: venerati come prole in casa, brutalmente torturati a vita negli allevamenti», la Sonata per violino e pianoforte “Epifania di una lacrima per il XX secolo”(2010) «in memoria delle vittime tanto dell’olocausto quanto dei due bombardamenti atomici (gli opposti che si toccano in una conseguenza unica e terribile)» o il Quintet écrit pendent la fin des temps (2016) «scritto sulla scorta di Olivier Messiaen […]. Messiaen visse la terribile prigionia di guerra, oggi viviamo la prigionia fra le guerre, nel ricatto, nel lavoro coatto, nella povertà, nella precarietà, nella minaccia, nel delinquere, nel terrore tra attentati, nel lavaggio del cervello, nella violenza fra simili e su altre specie. Una condizione da burattini, maneggiati da invisibili burattinai; condizione che ci ostiniamo a chiamare vita. […] Ecco, il teatro può denunciare con maggior enfasi l’orrore». Spesso ci si impicca nel voler definire cosa sia o cosa dovrebbe essere la musica contemporanea, indugiando su questioni di estetica o tecniche compositive; Alberto Colla, con la consueta leggerezza e assenza di proclami, ha indicato risolutamente quale sia l’unica caratteristica fondamentale: leggere in modo critico il presente, parlando dei problemi del presente in un modo adeguato al proprio presente. Con Alberto Colla perdiamo una voce chiara e sincera che molto ci ha lasciato in eredità, con la libertà di proseguire il suo cammino oppure no.
Come ultimo saluto, ricorriamo ancora una volta alle sue parole: «la musica non è stata creata da noi e non è neppure nostra prerogativa. L’abbiamo solo scoperta».