Un nuovo Foresto
di Luigi Raso
Si conferma il successo della prima, con un'atmosfera più rilassata, nella replica di Attila al San Carlo che vede Francesco Meli subentrare all'indisposto Luciano Ganci.
NAPOLI, 27 aprile 2025 - Delle defezioni e sostituzioni dei componenti del cast che Attila ha subito nel corso della sua marcia di avvicinamento a Napoli, si è raccontato qui.
Per l’unica replica di questa fortunata produzione dell’opera giovanile di Giuseppe Verdi si è tornati al San Carlo per ascoltare Francesco Meli subentrato all’indisposto Luciano Ganci, in evidentissima difficoltà alla prima del 24 aprile. Prima di descrivere la prova dell’ultimo sostituito in ordine cronologico dei nomi in locandina, c’è da dire che nel complesso l’esecuzione dell’unica replica del 27 aprile si è giovata di una maggiore rilassatezza e spontaneità da parte di tutto il cast: la prima è apparsa più ingessata e irrigidita, pervasa da maggiore tensione.
L'esito complessivo è stato sostanzialmente in linea con quello della prima, ma arricchito da una spontaneità nell’articolazione dell’esecuzione che ha reso ancor più apprezzabile lo spettacolo.
E poi, in luogo delle défaillance da indisposizione di Ganci, Meli ha illuminato la parte di Foresto con la sua statura di raffinato tenore verdiano: fraseggio scolpito e vario, mezzevoci, smussature, linea di canto screziata nei colori, dizione di intensa idiomaticità, incisività e impeto nelle arie e nelle cabalette, sicurezza nel registro acuto, aderenza stilistica e psicologica al personaggio. Quando l’acuta tessitura della parte di Foresto dà l’impressione di incrinare la solidità della vocalità di Francesco Meli, l’armamentario tecnico e la spiccata musicalità del tenore genovese fanno capolinea e riportano la linea di canto sui binari sul percorso più fluido e lineare.
Di Meli si apprezzano - in una parte come questa in cui è dietro l’angolo la tentazione di cedere ad affondi belluini - le sue doti di raffinato cesellatore, qualità essenziale per districarsi nell’articolato ordito del canto verdiano; dunque, aderenza stilistica, fraseggio, intelligenza musicale piuttosto che potenza e volume fini a sé stessi. Il tenore insegna ancora una volta cosa debba intendersi per canto verdiano.
Al termine, gradimento del pubblico ancor più caloroso e prolungato rispetto alla prima, con ovazioni per la Odabella di Anna Pirozzi e per Giorgi Manoshvili, apprezzatissimo Attila.
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