L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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L’esame comparato della struttura dei contributi articolati in “dallo Stato”, “dagli Enti locali” e “dai Privati” è sintomatica della scarsa attrattività di una Fondazione rispetto a privati e sponsor.

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Dai contributi cumulati si osserva che il campo annuo all’interno del quale ogni teatro deve muoversi è piuttosto ampio: dai 59,7 Mln€ annui della Scala ai 46,6 Mln€ dell’Opera di Roma (i più ricchi) alle cenerentole che sono il Verdi di Trieste (15,4 Mln€) e il Petruzzelli (12,9 Mln€); la media è intorno ai 26 Mln€ ed rappresenta la voce più corposa in ingresso del Valore della produzione annuo. La Scala si conferma l’unico teatro capace di finanziarsi con sponsor e sostenitori per più del 30 % (la serata Mapei sarà terribilmente cafona, ma evidentemente serve), seguono Venezia, Torino e Firenze con percentuali decrescenti tra il 15% e il 10%, mentre tutti gli altri sono abbondantemente al di sotto del 10% con Palermo fanalino di coda (praticamente al 2012, dopo l’uscita dalla fondazione dell’unico privato Unicredit, dai privati prende soltanto il 5‰ di contribuzione volontaria nelle dichiarazioni dei redditi). La Regione più generosa, invece, è la Sardegna che, assieme al Comune di Cagliari, supporta il Lirico per più del 50%.

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L’altra voce consistente in ingresso di un “Conto esercizio” è quella dei ricavi da vendite e prestazioni ossia l’incasso al botteghino, gli introiti da tournée e gli introiti ricavati dal noleggio di allestimenti propri. Ci sono altre due voci di minima entità (o che tali dovrebbero essere, salvo casi strani) ossia gli “altri proventi” (bookstore, bouvetteria, affitto spazi per conferenze) e gli “incrementi di immobilizzazioni” (che tralasciamo momentaneamente perché è quella su cui si possono fare giochi di prestigio, oggetto delle prossime puntate con esempi tratti dalla realtà, migliore di qualsiasi immaginazione).
Nel “conto” di un esercizio le voci in ingresso appena descritte sono (o dovrebbero essere) in equilibrio con quelle in uscita che sono: costo del personale dipendente (stipendi, straordinari e TFR di masse e tecnici); costo per servizi da terzi (i cachet di direttori, solisti, registi, scenografi, costumisti, compensi a complessi ospiti, compensi agli organi sociali e servizi vari esternalizzati); costi per materie prime (i materiali per i nuovi allestimenti e il materiale di consumo); costi per godimento di beni di terzi (il noleggio di allestimenti da altri teatri e il noleggio di materiale musicale); oneri diversi (IMU, Tares, Tarsu, cancelleria, brochure e minutaglia varia); ammortamenti (quote di costi sostenuti anche in esercizi anche precedenti per l’acquisto di beni a funzionalità pluriennale); accantonamenti (somme da allocare in un fondo rischi per fatti di potenziale verificabilità); le voci di costo più consistenti sono sempre le prime due, ossia il costo del personale dipendente e i servizi da terzi. La differenza tra “Valore delle produzione” (ossia gli ingressi nel bilancio) e “Costi della produzione” si chiama “Margine operativo lordo” dal quale si sottraggono ancora gli interessi da pagare su mutui e prestiti contratti e le imposte d’esercizio (oppure si sommano altri proventi variabili da caso a caso) per pervenire al “Saldo dell’esercizio”: se è positivo l’esercizio è in attivo e l’entità numerica “avanzata” si iscrive nel patrimonio netto, viceversa l’esercizio è in perdita e la somma negativa “erode” o “intacca” - come si dice in gergo - il patrimonio.


 

 

 
 
 

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