L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Indice articoli

Rossini Opera Festival 2016

 

Le opere: notizie storiche e soggetti

La donna del lago

La donna del lago, melodramma in due atti su libretto di Andrea Leone Tottola, fu rappresentata per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli il 24 ottobre 1819. Esecutori furono Giovanni David  (Giacomo), Michele Benedetti (Duglas), Andrea Nozzari (Rodrigo), Isabella Colbran (Elena), Rosmunda Pisaroni (Malcom), Maria Manzi (Albina), Gaetano Chizzola (Serano), Massimo Orlandini (Bertram).
Gli autografi sono conservati presso la Fondazione Rossini di Pesaro e presso il Conservatorio di Parigi.
Il soggetto è tratto dal poema The lady of the lake di Walter Scott (1810).

Soggetto

Atto I

La vicenda si svolge in Scozia intorno al 1530. Sulle sponde del lago Kattrine, un gruppo di pastori saluta l’alba, mentre risuonano gli echi dei cacciatori. Elena attraversa il lago su una barca, vagheggiando Malcom, il guerriero che per amor suo ha disertato le truppe del re unendosi ai ribelli. Attratto dalla leggendaria bellezza di Elena, il re Giacomo di Scozia si aggira in incognito nelle vesti di cacciatore, sotto il falso nome di Uberto di Snowdon, per incontrarla. Raggiunta la giovane, si finge perduto. Elena lo invita a salire sulla barca, e gli offre ospitalità. Nella dimora di Duglas, padre di Elena,
Albina e Serano attendono l’arrivo di Rodrigo di Dhu, capo del Clan Alpino che si oppone a Giacomo di Scozia. Introdotto nella modesta casa della giovane, Uberto riconosce alle pareti le insegne nemiche; Elena gli rivela di essere la figlia di Duglas d’Angus, un tempo precettore del re, schieratosi poi con i ribelli. Nel frattempo, alcune compagne di Elena si rallegrano per le imminenti sue nozze con Rodrigo, che il padre le ha destinato in sposo per gratitudine nei confronti dell’ospitalità ricevuta dopo l’esilio. Elena, promessa sposa contro la propria volontà, manifesta la sua pena a Uberto,
alimentando le sue speranze di poterla conquistare. Il turbamento della giovane è causato in realtà dalla nostalgia per il suo amato Malcom. Quando questi sopraggiunge, rievoca mesto il suo amore contrastato per Elena. Osservati di nascosto da Malcom, giungono Elena e suo padre Duglas che annuncia alla figlia l’arrivo di Rodrigo, e le impone di accettare la sua mano. La donna tenta di opporsi alla volontà paterna. Duglas conferma tuttavia la propria volontà, e nell’udire le trombe di guerra esce per incontrare Rodrigo. Malcom può finalmente mostrarsi a Elena, e i due si giurano fedeltà e amore eterno. Intanto Rodrigo viene accolto dai ribelli e da Duglas. Nonostante le pressioni del padre, Elena non riesce a nascondere la sua angoscia nell’incontrare il promesso sposo, e il suo turbamento non sfugge a Rodrigo. Elena e Malcom si scorgono, quindi Rodrigo la presenta a Malcom come sua futura consorte: le reazioni dei due giovani lasciano intuire il loro rapporto. L’imminente attacco nemico unisce di nuovo tutti, spronando alla battaglia. Nel corso di un rito propiziatorio, una meteora attraversa il cielo. Esortati da questo segno, i guerrieri muovono incontro al nemico.

Atto II

Sta per iniziare la battaglia fra l’esercito del re e i ribelli. Uberto, nelle vesti di pastore, è alla ricerca di Elena, alla quale intende dichiarare il suo amore. La trova presso una grotta, ad attendere notizie del padre, e le confessa il suo amore, ma lei gli risponde di essere innamorata di un altro uomo. Di fronte a tale rifiuto, Uberto le offre tuttavia la sua amicizia e un anello, che gli è stato donato dal re di Scozia: in caso di sorte avversa, presentandosi con esso al re, potrà ottenerne la grazia per sé e per i suoi congiunti. I due vengono sorpresi da Rodrigo, il quale, in preda alla gelosia, chiama a raccolta i suoi guerrieri e sfida il rivale. L’intervento di Elena non riesce a evitare il duello. Nel frattempo Malcom si dirige alla grotta per mettere in salvo Elena dalle truppe di re Giacomo, ma vi trova solo Albina. Sopraggiunge Serano ad annunciare la disfatta dei ribelli e la resa di Duglas, che intende consegnarsi al re per implorare la pace. Alcuni guerrieri recano la notizia che Rodrigo è stato ucciso, e che la vittoria di re Giacomo è ormai certa. Costernato, Malcom parte con essi, alla ricerca dell’amata. Nella residenza reale. Duglas chiede clemenza per sua figlia e per il suo popolo. Ostentando inflessibilità, il re lo consegna alle guardie. Elena viene introdotta nella reggia, nelle cui stanze aveva trascorso l’infanzia e la sua prima giovinezza. Grazie all’anello spera di ottenere la grazia per il padre. Da una delle regie stanze, sente Uberto intonare un canto d’amore che menziona il suo nome. Elena gli chiede di condurla al cospetto del sovrano. La corte è radunata nella sala del trono. Elena cerca invano il re, ma a questo punto l’uomo le rivela che il re è di fronte a lei, poiché altri non è che Uberto. Re Giacomo mantiene la promessa e concede la grazia a Duglas; finge di voler punire Malcom, ma poi lo abbraccia e unisce la sua destra a quella dell’amante.

Il Turco in Italia

Il Turco in Italia, dramma buffo in due atti su libretto di Felice Romani, fu rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala il 14 agosto 1814.
Esecutori furono Filippo Galli (Selim), Francesca Maffei Festa (Fiorilla), Luigi Pacini (Geronio), Giovanni David (Narciso), Pietro Vasoli (Poeta, Prosdocimo), Adelaide Carpano (Zaida), Gaetano Pozzi  (Albazar).
L’autografo è conservato a Milano presso l’Archivio di Casa Ricordi.

Soggetto

Atto I

Nei pressi di Napoli la zingara Zaida piange le sue pene d’amore, benché invitata da Albazar ad unirsi al gruppo degli altri zingari che cantano festosamente. Il poeta Prosdocimo, in cerca di spunti dal vero per comporre un dramma buffo, si avvicina interessato. Da lontano vede apparire Geronio, marito della capricciosa Fiorilla, che ha la mania di farsi predire dalle zingare il futuro e che ora vuol sapere quando sua moglie si ravvederà. Ma la predizione è deludente e lo fa allontanare afflitto. Prosdocimo viene intanto a conoscere il passato di Zaida: schiava un tempo felice nel serraglio di Erzerum e amata dal principe Selim che intendeva sposarla, era stata da lui condannata a morte per le calunnie delle compagne invidiose, e salvata da Albazar. Prosdocimo la consola avvertendola dell’arrivo per quella sera a Napoli di un principe turco che, se informato della sua fedeltà a Selim, sicuramente potrebbe aiutarla a riconquistare l’amato. Mentre Fiorilla ritorna da una passeggiata con le sue amiche, sbarca sulla spiaggia il principe. Egli rimane colpito dalla bellezza di Fiorilla, che ne accetta di buon grado il corteggiamento. Prosdocimo da lontano si compiace dello svolgersi degli avvenimenti, perché ha saputo che il principe altri non è che Selim, l’amato di Zaida. Il poeta è soddisfatto per questo colpo di scena, ricco di potenziali sviluppi per il suo dramma buffo. Nel frattempo arrivano, contrariati dal comportamento di Fiorilla, Geronio e Narciso, il suo cicisbeo. Mentre Fiorilla e Selim sorseggiano il caffè in casa di Geronio, questi entra e suscita il risentimento del Turco che si calma solo perché Fiorilla costringe il marito a baciare, in segno di rispetto, la veste di Selim. L’intervento successivo di Narciso, che pretende da Geronio un comportamento meno acquiescente, fa precipitare la situazione. Selim abbandona Fiorilla con la promessa di rivederla più tardi sulla spiaggia. Geronio rimprovera la moglie e manifesta l’intenzione di cacciarla, ma si fa nuovamente irretire dalla sua furbizia. Selim aspetta sulla spiaggia l’arrivo di Fiorilla, pronto per fuggire con lei, ma incontra Zaida. I due si riconoscono e si riabbracciano affettuosamente. Sopraggiungono Fiorilla, Geronio e Narciso e scoppia una zuffa per il possesso di Selim tra Zaida e Fiorilla, mentre Prosdocimo osserva contento l’imprevisto finale dell’atto.

Atto II

In una locanda Geronio apprende da Prosdocimo che lì sua moglie incontrerà Selim. Questi propone a Geronio di vendergli Fiorilla, secondo l’uso turco di disfarsi delle mogli non gradite. Geronio rifiuta sdegnato e i due si minacciano a vicenda. Giunte alla locanda le due rivali, Fiorilla e Zaida, cercano di imporre a Selim una scelta. L’incertezza del Turco offende Fiorilla, mentre addolora Zaida, che si allontana. Prosdocimo intanto è venuto a sapere che il Turco intende rapire Fiorilla durante una festa in maschera. Il poeta ha già avvisato Zaida, che comparirà nello stesso luogo travestita da Fiorilla,
e suggerisce a Geronio di mascherarsi da Selim per ingannare Fiorilla e sottrarla al rapimento. Narciso, che ha ascoltato le parole di Prosdocimo, decide di intervenire anche lui alla festa, vestito da Turco, per condurre con sé Fiorilla. Nella penombra della sala da ballo si creano vari malintesi: Fiorilla s’imbatte in Narciso, credendolo Selim, e Selim incontra Zaida che ritiene sia Fiorilla. Geronio, giunto per ultimo, trovandosi di fronte due Turchi e due Fiorille, reclama a gran voce la moglie e viene creduto pazzo. Accoglie in seguito il suggerimento di Prosdocimo di fingere il divorzio da lei, mentre Selim e Zaida decidono di partire insieme. Fiorilla riceve infatti una lettera in cui Geronio le comunica di non volerla più come moglie, e le ingiunge di tornare a Sorrento, alla sua famiglia d’origine. Abbandonata anche dagli amici, Fiorilla si dispera e si appresta a partire, in abiti dimessi, finalmente pentita. Geronio riaccoglie, come consigliato da Prosdocimo, la moglie, e la coppia ricostituita saluta Zaida e Selim in procinto di salpare. Anche Narciso si riconcilia con Geronio e Fiorilla, chiedendo loro perdono. Prosdocimo, soddisfatto per la conclusione dell’intreccio, si augura che anche il pubblico apprezzi il lieto fine.

Ciro in Babilonia

Ciro in Babilonia, dramma con cori in due atti su libretto di Francesco Aventi,andò in scena al Teatro Comunale di Ferrara il 14 marzo 1812.
Interpreti della prima rappresentazione furono Eliodoro Bianchi (Baldassare), Maria Marcolini (Ciro), Elisabetta Manfredini Guarmani (Amira), Anna Savinelli (Argene), Giovanni Layner (Zambri),  Francesco Savinelli (Arbace), Giovanni Fraschi (Daniello).
Il manoscritto autografo è perduto.
Il soggetto deriva, con molte licenze, dal Libro di Daniele ossia dalle Sacre Scritture.

Soggetto

Atto I

Baldassare, re di Babilonia, è assediato nella sua capitale da Ciro, re di Persia, che conduce la guerra con l’aiuto dei Medi. Durante una sortita nel campo nemico Baldassare riesce a impadronirsi della moglie di Ciro, Amira, accompagnata dalla sua confidente Argene e dal loro figlioletto Cambise. Invaghitosi di Amira, Baldassare le propone di sposarlo; quando lei si rifiuta la minaccia di morte. Argene e Amira possono però contare sull’aiuto di Arbace, generale di Baldassare innamorato di Argene. Nel campo di Ciro, che pensa a come riprendere figlio e moglie, giunge Arbace, il quale annuncia che proporrà a Ciro uno stratagemma per entrare in Babilonia. Baldassare viene a conoscenza che Ciro gli ha inviato un messo. È questo lo stratagemma: il messo è lo stesso Ciro travestito nei panni di
ambasciatore, che propone di togliere l’assedio a Babilonia in cambio di Amira e Cambise. Baldassare è pronto a concedere il figlio ma non Amira. Ciro promette che persuaderà Amira, per il suo bene e quello di Cambise, a sposare Baldassare. Entra Amira che nel vedere Ciro si emoziona e a stento il marito riesce a non farsi riconoscere. Baldassare finge allora di uscire e assiste celato al colloquio tra Ciro e Amira. Ciro, sapendo che Baldassare sta ascoltando, prova a convincere Amira a sposare il suo rivale; Amira non comprende il suo atteggiamento e, involontariamente, tradisce il travestimento del marito. Rientra Baldassare che fa imprigionare Ciro, oramai riconosciuto.

Atto II

Dietro istanza di Argene, Arbace promette di cercare di ricongiungere Amira e Ciro, facendo sì che lei possa visitarlo in carcere, dove Ciro riflette sulla sua sorte e promette che se mai sarà liberato per intercessione del Dio d’Israele a sua volta libererà i prigionieri ebrei e permetterà il loro culto. Entra Amira e i due si uniscono in un duetto d’amore, interrotto dal sopravvenire di Baldassare, che di nuovo li minaccia e li separa. Nella reggia di Baldassare, Zambri, principe babilonese a lui fedele, preannuncia ad Argene che lei e Amira dovranno presenziare al convito di Baldassare la notte stessa.
Nella sala in cui si tiene il convito tutti i maggiorenti babilonesi siedono alla tavola, adorna degli arredi sacri del Tempio di Gerusalemme. All’atteggiamento blasfemo di Baldassare tuoni e lampi  interrompono il banchetto: e una mano disegna sul muro le parole misteriose «Mane, Thecel, Phares». Tutti assistono alla scena con orrore; Baldassare fa subito chiamare i suoi Magi per interpretare i segni. Insieme ai Magi si presenta Daniello, profeta ebreo, che così spiega la scritta sul muro: per colpa dell’ingratitudine di Baldassare e della sua stirpe al Dio d’Abramo, giunta fino alla distruzione
del Tempio e alla profanazione degli arredi sacri, il regno assiro sarà diviso tra Medi e Persiani; Babilonia distrutta; Baldassare ucciso la notte stessa. Alla disperazione di Baldassare i Magi replicano che per allontanare il funesto presagio basterà offrire in sacrificio agli Dei Amira, Ciro e Cambise.
Baldassare non vorrebbe la morte di Amira, ma cede al parere dei Magi.
Daniello rimasto solo pensa che Ciro, lungi dal morire, sarà re in Babilonia. Amira viene intanto messa al corrente della sentenza: le sue apprensioni non sono per sé, ma per Ciro e Cambise.
Zambri, preoccupato per gli avvenimenti, viene richiesto da Argene di intercedere per Amira, Ciro e Cambise; le replica che oramai è tardi: Baldassare non ascolta più nessuno. Nella piazza di Babilonia è tutto pronto per il supplizio di Ciro e della sua famiglia, alla presenza di Baldassare che vuole affrettare l’esecuzione. Ciro dà l’estremo addio alla vita, e il convoglio dei condannati esce di scena mentre Baldassare si avvia verso la Reggia. Ma proprio nella Reggia, poco dopo, Zambri riferisce di come le schiere nemiche siano entrate in città e fino nella stessa residenza reale profittando del sonno di Baldassare. Egli prova la riscossa, ma si imbatte in Ciro e Arbace che conducono i soldati persiani e medi; Ciro risparmia Zambri e seguendo i desideri del Dio d’Israele ordina che si stermini tutta la famiglia di Baldassare. Argene intanto dà ad Arbace motivo per sperare nel suo amore, e tutti, vincitori e vinti (questi ultimi incatenati), si ritrovano nella piazza di Babilonia dove si celebra il trionfo di Ciro.


 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.