L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Nella gabbia del Bispensiero

 di Isabella Ferrara

1984 di George Orwell per la regia di Matthew Lenton al Teatro Bellini dal 27 novembre al 2 dicembre 2018 racconta in modo spietato il mondo di oggi.

NAPOLI, 27 novembre 2018 - Come rappresentare a teatro il mondo raccontato e descritto, costruito dettagliatamente dal pensiero filosofico, politico, culturale di uno scrittore della portata di George Orwell? 1984 non è solo un romanzo, è la visione complessa di una società e di un mondo intero che rischiano, o che promettono, di raggiungere evoluzioni tali da riuscire nel tentativo del Potere, e dei pochi che lo gestiscono, di sottomettere il genere umano, i singoli individui, la massa tutta. Riuscire nel tentativo di creare un unico pensiero da far pensare a tutti nello stesso modo; creare una realtà diversa da quella vera, contraddizione in termini, modificandola per adattarla agli obiettivi del Potere.

Stiamo parlando di un romanzo o stiamo inserendoci nel filone dialettico dello spettacolo messo in scena ieri sera al Teatro Bellini a Napoli? O stiamo semplicemente rapportandoci alla nostra vita di tutti i giorni, alle notizie dei telegiornali, alle fake news dei Social Media, ai dubbi e alle domande circa un nuovo contatto su Facebook, una serie di opinioni lanciate, spesso urlate, su Twitter?

Chi di noi non ha sentito parlare del complotto delle pubblicità che ci inseguono, che ci hanno raggiunto ormai, scegliendo per noi quello che vogliamo avere. O del complotto di quei “Loro” che ci spiano, che ci controllano attraverso i nostri computer, i nostri Smartphone.

Eppure mai come oggi, con i Social Media, con Internet e le infinite opportunità di connessione, con la globalizzazione e i mezzi per essere ovunque navigando su Google Earth, mai come oggi siamo davvero liberi di scegliere, tra infinite possibilità, cosa vogliamo e quando lo vogliamo; siamo liberi di esprimere le nostre opinioni, certi che qualcuno, che molti, le leggeranno; di inveire contro le ingiustizie; di accusare i colpevoli; di unirci in difesa, o in attacco, di una vittima in un gruppo social con un cancelletto (#) che si apre con la chiave delle nostre idee, di offendere anche e proprio “Loro”, i ricchi, gli ingiusti, i famosi, i potenti, i controllori.

Sarà forse questa la libertà che è schiavitù, l’ignoranza che è forza, la guerra di tutti i giorni che è la pace in cui viviamo? Lo scrive Orwell quando disegna un mondo che agonizza pur credendo di rinforzarsi giorno dopo giorno; lo mette in scena Lenton quando coraggiosamente decide di far riflettere il suo pubblico insieme ai suoi attori, esponendo questi ultimi ad una prova di recitazione non semplice, soprattutto allorquando, spogli degli abiti di scena, si cimentano nell’affrontare alcuni temi della nostra attualità così come oggi si fa. Facendo riferimento ad argomenti complessi, dalle mille sfumature e sfaccettature, di cui spesso si sa troppo poco per poterne avere idea chiara, e esprimendo opinioni che inizialmente sono esitanti per una non convinta umiltà o incertezza, ma che pian piano diventano ferme e decise, tanto da non lasciare spazio a un vero contraddittorio. Si parla e non si ascolta, forse non si ascolta nemmeno più se stessi. E questo è evidente quando si sostengono prima delle convinzioni per poi sposarne il giusto contrario, pur credendo fermamente in entrambe, credendo soprattutto nella nostra indubitabile ragione, o no?!

Non sarebbe stato possibile diversamente spiegare il Bispensiero di 1984 e portarlo su un palcoscenico, se non attraverso la messa in scena dello specchio di quello che noi siamo e facciamo ogni giorno, con Facebook, Twitter, notizie on-line, chat, foto, video, televisione, articoli.

Lo spettacolo inizia quindi con tre attori, la Giovanardi, Moretti e Volpetti, che cercano di affrontare il tema dell’attualità di un libro come 1984, dimostrando chiaramente quanto non solo sia attuale, ma quanto possa spaventosamente essere una realtà a venire.

Poi la scena resta buia, per illuminarsi poco dopo della luce emessa dalla cornice di uno schermo, da cui un occhio ci guarda, e in cui noi stessi guardiamo, perché in quella cornice spiata e che spia siede il Winston del romanzo di Orwell, il bravissimo Luca Carboni, un uomo pensante in una società dove il pensiero individuale è un crimine, uno “psicocrimine” da punire, anzi da correggere con la tortura.

Winston lavora per il Partito, per il Ministero della Verità, e il suo compito è distruggere il passato accaduto, sostituendolo con un altro pensato dal potere vigente, dal Grande Fratello. Secondo lo slogan "Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato", si sintetizza il controllo della realtà, il Bispensiero in “Neolingua”. La Neolingua: ecco il modo per impoverire il linguaggio esistente, cancellando i vocaboli, le parole inutili, per lasciarne sempre meno con un significato unico, per evitare che si possa formulare un pensiero antipartito.

Con i primi SMS (Short Message Service) qualcuno aveva paventato l’ipotesi che il nostro modo di comunicare rischiasse di impoverirsi, di banalizzarsi per la eccessiva semplificazione, e che questo potesse comportare una pigrizia mentale, soprattutto nei giovani, fino a far dimenticare l’italiano corretto e ricco di una lettera scritta a un amico o di una chiacchierata, a favore di un idioma scarno, spesso scorretto, troppo veloce per essere ben calibrato. Poi nel giro di pochi anni sono arrivate le chat, veloci e istantanee, che lasciano poco tempo al pensiero, e poi Twitter, cioè il modo più breve e povero per affrontare argomenti dalla cucina alla politica estera, dalla morte alle serie televisive.

Lo spettacolo continua dispiegando sulla scena tutti i momenti più significanti del romanzo.

La ribellione di Winston al Grande Fratello, prima con la stesura di un suo diario di suoi personali ricordi, poi con l’amore per Julia ribelle quanto lui, l’attrice Aurora Peres convincente nella sua scanzonata voglia di essere padrona delle propria vita.

L’inganno dei componenti del Partito che possono spiare tutti ovunque, anche laddove senza uno schermo sembrava di poter essere liberi. La tortura di Winston per la “correzione” del pensiero. Il tradimento finale di se stessi, che viene enfatizzato dal tradimento verso Julia, un altro essere umano che si ama di un amore che alimenta e che può salvare dal buio di un’esistenza illuminata solo dalla cornice di uno schermo; ma che di fronte al dolore e all’umiliazione cede il passo alla coercitiva rassegnazione della propria cancellazione a favore di un Grande Fratello che tutto può e tutto sa.

L’amore tra Julia e Winston è il centro tematico della libertà di un individuo di essere se stesso, forse per questo la scelta di proporre una scena d’amore fra i due protagonisti denudandoli non solo metaforicamente. Senza timore, senza vergogna, senza occhi a spiare. Come quando noi siamo noi stessi nella nostra intimità. E invece anche lì ci sono schermi, arrivano luci abbaglianti dal mondo esterno artefatto che ci scoprono, ci trovano. Come non pensare alla luce dei nostri televisori sempre accesi a farci compagnia, anche se non siamo soli. Come non pensare alle illuminazioni dei nostri smartphone che illuminano la notte, i cinema, i teatri, la strada su cui camminiamo anche alla luce del sole.

Ben pensati e gestiti gli effetti sonori e video e gli effetti ottici delle luci sul palco, che dal buio improvvisamente colpiscono il pubblico accecandolo, spesso infastidendolo, costringendolo quindi a soffrire la stessa sorte dei protagonisti dello spettacolo e di coloro che nella realtà, in una qualche realtà nel mondo, ne sono vittime. La coincidenza più inquietante quando dalle poltrone dietro di me ho sentito chiedere di spegnere lo schermo di uno smartphone perché “la luce mi va proprio nell’occhio”.

Forse alla domanda iniziale del regista circa l’attualità di un libro come 1984 e di uno spettacolo che lo rappresenti oggi, una risposta c’è.

L’epilogo purtroppo è triste e molto duro, la scena della tortura, ben fatta e molto ben recitata dal Winston di Carboni e dall’ O’ Brien di Mariano Pirrello, avvilisce e sconcerta. Ancor di più lascia interdetti l’arresto della voce narrante, la mente, il pensiero, la memoria di Winston, la brava Nicole Guerzoni dai toni chiari mai eccessivamente enfatizzati, calmi, decisi, increduli a volte, muti infine, incarcerata dalla psicopolizia.

Il pubblico è disorientato, sembra distratto, poco convinto. Forse perché non sa come reagire alla realtà su cui qualcuno ci invita a riflettere, quando qualcun altro di contro ci invita a non riflettere troppo.


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