L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Colmare le distanze

di Luigi Raso

Anche il Teatro di San Carlo, nell'impossibilità di accoglierlo fisicamente, va incontro al suo pubblico attraverso lo streaming. Il primo appuntamento è un concerto beethoveniano diretto da Juraj Valčuha.

NAPOLI (streaming), 8 novembre 2020 - Se non si può andare al San Carlo, il San Carlo va dal suo pubblico. Il Dpcm - acronimo entrato ormai nel linguaggio comune anche tra chi non ha mai masticato pandette - del 24 ottobre scorso ha sospeso tutti gli spettacoli dal vivo, ma non la prosecuzione delle attività musicali per i soli addetti ai lavori. E così, la Fondazione del Teatro San Carlo raggiunge il proprio pubblico utilizzando la sua piattaforma web (http://www.cetv-online.it/index.php ) e i canali social Facebook, YouTube: al via, dunque, una programmazione in streaming di concerti e balletti, da trasmettere, a differenza di quanto accadde durante il primo lockdown, in diretta.

Il primo concerto, a causa di inconvenienti tecnici dovuti al notevole traffico di utenti, inizia in ritardo; la Sinfonia n. 1 in do maggiore, op. 21 di Beethoven viene trasmessa due volte consecutivamente: evidentemente non si trasmette in diretta, così come annunciato; resta, poi, da perfezionare l’audio, eccessivamente mortificante per lo smalto orchestrale.

Apprezziamo lo sforzo del Teatro e di tutte le sue maestranze teso a voler continuare a essere vicini al proprio pubblico; comprendiamo le insidie che possono nascondersi dietro la prima messa in onda di un concerto. E siamo ben consapevoli che nessuna tecnologica di ripresa audio/video, neppure la più sofisticata - si pensi a quella, davvero eccelsa, della Digital Concert Hall dei Berliner Philharmoniker - potrà mai supplire alla magia e all’alchimia che emana un concerto dal vivo e “in presenza”; ma in questo periodo si è costretti a fare di necessità virtù: o così o il silenzio.

E tra il silenzio nei nostri teatri e un surrogato di concerto dal vivo, scegliamo senza dubbio il secondo.

Il 2020, musicalmente, sarebbe stato l’anno dedicato a Beethoven, ricorrendo i duecentocinquant'anni dalla nascita del compositore di Bonn; i fatti o il Destino - parlando di Beethoven il secondo termine appare appropriato - hanno stravolto le nostre agende e imposto di occuparci di ben altre priorità. Eppure, proprio in questo annus horribilis, di Beethoven abbiamo tutti un gran bisogno: è il compositore che insegna all’Uomo la lotta titanica contro il fato avverso, a superare uniti le difficoltà, a guardare con fierezza oltre l’ostacolo, a tendere a un mondo dominato dalla libertà. Un messaggio, oggi, quanto mai attuale.

Stupisce e intristisce vedere entrare il direttore d’orchestra con la mascherina, salutare la magnifica sala vuota e dare l’attacco del concerto; c’è un silenzio irreale, innaturale per un concerto dal vivo. Risulta davvero difficile abituarsi a questa nuova modalità di fruizione degli spettacoli dal vivo; si è catapultati, attraverso lo schermo del PC, Tablet o TV, in un’atmosfera asettica.

Noi spettatori, superato il primo smarrimento, vediamo Juraj Valčuha imprimere alla Sinfonia n.1 in do maggiore op.21 - composta tra il 1799 e il 1800, e figlia della lezione di Haydn e Mozart - un’aura di compostezza, leggerezza e precisione: tutta la composizione è ammantata da un velo apollineo, nelle sonorità e nell’andamento calibrato. Dall’ascolto, pur non essendo l’audio della ripresa tra i migliori ipotizzabili e realizzabili, si intravedono trasparenze orchestrali e un senso di diffusa levità sonora, al quale, quando richiesto, si contrappongono dinamiche sbalzate e irruenti. Il secondo movimento, Andante cantabile con moto, è immerso in una grazia settecentesca, estremamente levigato nel tratto e dall’ordito strumentale. Nell’ultimo movimento, Adagio - Allegro molto e vivace, affiora il Beethoven dei giorni futuri: la conduzione di Valčuha si increspa, stempera la pennellata apollinea verso turgori dionisiaci: agogica e ritmica si fanno più travolgenti e scintillanti, il suono orchestrale si fa più vivido e denso.

A separare la Prima sinfonia dalla più matura e compiuta Quarta in si bemolle maggiore, op. 60 è un breve intervallo, riempito da qualche rumore proveniente dall’orchestra che ci fa sentire quasi nella sala.

Con la Quarta sinfonia Beethoven ci trasporta immediatamente in medias res: gli basta il rapido passaggio dall’Adagio all’Allegro vivace dei quali è strutturato il primo movimento per imprimere a tutta la composizione il sigillo del proprio inconfondibile linguaggio musicale.

Valčuha e l’orchestra del San Carlo, compatta e dal suono corposo e luminoso, danno vita a un primo tempo vivido, dai tratti sbalzati, dall’andamento incalzante e al quale, in un raffinato gioco di contrasti, segue l’atmosfera intima e dal sapore pastorale dell’Adagio del secondo movimento: qui aleggia su tutto l’eterea e rasserenante melodia dell’ottimo primo clarinetto. Come a voler esaltare la pulsazione ritmica che cova sotto la coltre di spensieratezza, Valčuha irradia di luminosa oggettività il ticchettio ritmico giambico di accompagnamento. La concitazione e la tensione iniziano a prendere corpo nell’Allegro vivace del terzo movimento, per poi esacerbarsi nel contrastato ultimo movimento, Allegro ma non troppo, dall’incedere deciso, costruito attraverso un suggestivo e intenso scambio e scontro tra dinamiche.

Non ci sono, ovviamente, i tradizionali applausi finali. Valčuha e i professori d’orchestra si rivolgono verso la sala salutando quel pubblico che anche “non in presenza” (locuzione ricorrente in questi tempi) ora li segue con affetto attraverso il filtro dei cristalli liquidi di un monitor.

Stasera, però, ci sentiamo tutti all’interno dei palchi e della platea del nostro meraviglioso teatro desideroso di riaccoglierci.

Per il momento, chi volesse ascoltare e vedere il concerto è disponibile sul canale ufficiale YouTube del Teatro San Carlo:


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