L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Asciugare l’arcobaleno

di Francesco Lora

Di stagione in stagione si va articolando di fatto, alla Scala, un’integrale mahleriana secondo l’espertissimo Riccardo Chailly: la Sinfonia n. 2, col canto di Anna Larsson ed Erin Morley, sorprende per l’imprevedibile varietà di risorse.

MILANO, 3 aprile 2022 – Spiace imparare che Riccardo Chailly, ammalato, non potrà concertare le imminenti recite di Un ballo in maschera al Teatro alla Scala. Spiace non perché chi lo sostituirà – Nicola Luisotti e Giampaolo Bisanti – manchi di buone referenze verdiane, ma perché la direzione musicale di Chailly, alla Scala, è fatta di un paio d’opere e pochi concerti per stagione: qualità eccelsa e poca quantità, sicché perdere una lezione rattrista. Occorre allora riferire dell’ultimo concerto condotto da Chailly, gli scorsi 30 marzo e 1o e 3 aprile, nella regolare rassegna sinfonica scaligera e con in cartellone la Sinfonia n. 2 di Mahler, detta Auferstehung, “Resurrezione”. Spazio a una premessa. Fin dalle prime note si coglie l’errore di non aver seguìto, per chi non l’ha seguìto, il programma presentato da Chailly il 17-20 gennaio: conteneva la Sinfonia n. 1 di Mahler stesso. Di stagione in stagione si va articolando di fatto, alla Scala, un’integrale mahleriana secondo l’espertissimo Chailly. Ora: la Sinfonia n. 2 è dichiaratamente il prosieguo, dalla caligine iniziale alla finale apoteosi, del discorso avviato appunto nella Sinfonia n. 1. Ecco: si ha chiara percezione che Chailly riprenda un filo logico lasciato in sospeso, il cui genio non può essere intuito dall’ascoltatore per via autonoma. La lettura del primo movimento, rielaborazione del poema sinfonico Totenfeier e appunto “celebrazione della morte”, basta già a sbaragliare le attese. Persino nella sconvolgente Sinfonia n. 6 diretta a Milano nel gennaio 2019 Chailly aveva tratto dalla Filarmonica della Scala un arcobaleno di colori, tanto più esaltanti quanto più utili a servire il tragico, il sospeso, il grottesco e il catastrofico dei quattro tempi.

Nel poderoso movimento d’esordio di questa Seconda, al contrario, il virtuosismo di colori cede all’asciutta decisione dei ritmi, come se il bouquet timbrico vada esalando suo malgrado. Anche l’incalzare dei tempi esclude il bearsi in stasi estetizzanti. Lunga è la cesura tra il primo e il secondo movimento, come l’autore voleva e con tanto di pausa per accordare. Poi, il resto procede riconoscendo a ciascuna pagina un carattere proprio e imprevedibile. Si ascolta un Andante moderato fluido e carezzevole come non mai, con pizzicati di sontuosa temperatura timbrica a dargli nerbo. Si ascolta un terzo movimento, quello rielaborato a partire dal Lied sulla predica ai pesci di sant’Antonio di Padova, con un moto voluttuosamente maledetto, sinistro e ossessivo: anticipazione nella lettura, cioè non nella scrittura, dello Scherzo della Sinfonia n. 6. Si ascolta un Urlicht, “Luce primigenia”, quarto movimento, dove il canto contraltile di Anna Larsson sembra salire miticamente e teneramente, quasi visivamente, dalle viscere della terra, alla maniera di un’Erda wagneriana. Il quinto movimento è infine la festa di un’orchestra che scoppia di salute, unita al più sostanzioso, morbido eppure assertivo coro del mondo, prerogativa della Scala e orgoglio del suo maestro Alberto Malazzi. Lì la voce velata e distante della Larsson è raggiunta da quella del soprano Erin Morley: giovanile, fresca, squillante. Consigli per gli acquisti: soprattutto dove il direttore sia Chailly e se si esegue la Seconda di Mahler, la Scala accantoni quel modesto organino elettrico oggi in uso – difetto comune, peraltro, ad auditorium insigni – e si procuri uno strumento degno dell’ultimo corale in questa esecuzione superba.

 

 

 
 
 

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