L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Umiltà, studio, entusiasmo

di Luigi Raso

Incontriamo il mezzosoprano Annalisa Stroppa per una chiacchierata nel corso delle prove di Anna Bolena, in scena al Teatro di San Carlo di Napoli dall'8 giugno. E proprio da Gaetano Donizetti, che fu direttore artistico del San Carlo dal 1822 al 1838, dalla sua Bolena e dal belcanto donizettiano è partita la nostra conversazione di cui vi diamo conto qui.

Iniziamo dal presente: dalla parte di Giovanna di Seymour di Anna Bolena di Gaetano Donizetti, in prova in questi giorni al Teatro San Carlo di Napoli. Che personalità ha Giovanna, quali sono i suoi aspetti più interessanti della sua vocalità, le insidie della parte?

Giovanna è stata la prima parte donizettiana che ho interpretato, nel 2018, seguita dalla recente Lèonor della Favorite a Bergamo lo scorso anno (produzione che ha ottenuto il premio Abbiati quale miglior spettacolo del 2022, n.d.r.). Ammetto una cosa: adoro da sempre la musica di Donizetti, anche per ragioni personali: sono nata in un comune della provincia di Brescia, ma non molto distante da Bergamo, patria di Donizetti. Per me è un po’ di casa e qui al San Carlo sembra di avvertirne ancora la presenza. C’è il suo palco di barcaccia di I fila nel quale sono entrata: molto emozionante!

Ma per tornare all’aspetto puramente musicale, di Donizetti amo la sua scrittura di stampo belcantista, il mio terreno d’elezione, quello che fa esprimere al meglio la mia vocalità.

Quella di Giovanna è una parte impervia per estensione (arriva fino al si naturale), insiste nella zona del passaggio di registro, vi sono veri e propri atletismi vocali, volatine, legati e poi Giovanna canta tanto! In questa parte troviamo tutti gli elementi tipici del belcanto; poi c’è la vena drammatica, che considero uno degli elementi essenziali della scrittura donizettiana. La notiamo anche dal declamato: i recitativi in questo repertorio sono estremamente importanti, perché la parola conta molto! Donizetti scrive tutte le indicazioni su come “parlare”, sul colore della singola parola, sugli accenti, sui palpiti e i pianti. Tutto è legato alla parola, all’azione e all’espressione, elementi che diventano i mezzi attraverso i quali esprimere i sentimenti umani.

Forse possiamo dire che quello di Donizetti è un belcanto “maturo” che, per molti aspetti, apre le porte alla scrittura vocale di Verdi.

Che idea si è fatta del personaggio di Giovanna di Seymour così come tratteggiata da Felice Romani e Gaetano Donizetti?

Giovanna è la favorita del re, e vive questa condizione, pur ricambiando l’amore di Enrico VIII, con un grande senso di colpa; ma nello stesso tempo è amica e confidente di Anna Bolena. Giovanna è quindi una donna che vive una lacerazione interiore, come Lèonor della Favorite: entrambe sono donne tormentate, divise tra due uomini o, nel caso di Giovanna, tra l’amore per Enrico VIII e l’amicizia e fedeltà verso Anna.

Personalità molto tormentata quella di Giovanna, complessa quanto interessante da portare in scena per rendere tutte le sfumature della sua anima: in fin dei conti, ne ho un giudizio positivo; e provo a spiegarne il perché. Giovanna chiede “amore e fama” ad Enrico come allo scopo di “alzare la posta”, sperando, così facendo, di allontanarlo da sé, di farlo desistere dal proposito di abbandonare la moglie. Non la vedo come una donna che brama potere, una che non ambisce a diventare regina scalzando Anna; è stanca della relazione clandestina con il re e quasi cerca di interromperla.

Ovvio che con queste premesse, il mio giudizio su Giovanna sia positivo! La percepisco come una donna sinceramente addolorata per la sorte che, suo malgrado, concorre a infliggere ad Anna. Lo si intuisce quando ella stessa si reca da lei tremante, definendosi “infelice”.

In fondo tutte le eroine di Donizetti sono donne fragili e tormentate. Il grande compositore bergamasco conosce la psicologia femminile negli aspetti più intimi e profondi, scava nell’animo umano e il risultato di questa analisi lo traduce in musica.

Giovanna appartiene a quelle eroine del melodramma straziate dai rimorsi: penso ad Adalgisa di Norma e, in seguito, alla Principessa di Eboli del Don Carlo di Verdi.

Ad ogni modo, la Giovanna che interpreterò qui al San Carlo sarà molto diversa da quella cantata nel 2018, perché io stessa oggi sono diversa dall’Annalisa di allora! Nel teatro, nel canto portiamo inevitabilmente il nostro vissuto, musicale e non.

Lei, possiamo dirlo anche alla luce dei recenti riconoscimenti, è una specialista del belcanto donizettiano: quali sono le caratteristiche che non devono assolutamente mancare nell’affrontarlo?

Per interpretare Donizetti, e il belcanto in generale (ma non solo!), a mio avviso, occorre saper cantare sul fiato, adoperare la messa di voce, sapere legare, dare importanza alla parola: il belcanto inizia dalla parola, già da quella, fondamentale, dei recitativi. In Donizetti troviamo, sì, atletismi vocali ma sono finalizzati all’espressività, a dare enfasi drammatica; il suo è un belcanto, come ho detto prima “maturo”, ricco di indicazioni agogiche e dinamiche, di accenti, ecc. Nella parte di Giovanna abbondano queste indicazioni/prescrizioni per noi cantanti.

E, invece, dal punto di vista vocale che differenze nota tra il belcanto di Donizetti, Rossini e Bellini?

Tra questi grandissimi autori ci sono ovviamente differenze di stile, pur essendo accomunati per l’aspetto vocale a una medesima tecnica ed estetica. Per spiegarmi mi piace ricorrere a una similitudine: immaginiamo più palazzi, tutti con le stesse fondamenta; ma ogni palazzo, all’esterno, ha un proprio stile decorativo. Ecco, le fondamenta sono gli elementi imprescindibili del belcanto - come ho detto prima, il cantar sul fiato, l’appoggio, la messa di voce, l’attenzione alla parole, ecc - e sono comuni a Rossini, Donizetti e Bellini; tornando alla similitudine dei palazzi, lo stile delle decorazioni esterne è ciò che caratterizza e differenzia i tre diversi modi di scrittura vocale.

E così in Rossini predominano le agilità, uno stile, diciamo, più “effervescente”; in Bellini dominano grandi linee melodiche, legati molto lunghi; in Donizetti, si nota una maturazione espressiva che, come ho detto prima, anticipa Verdi.

Ora facciamo un passo indietro e ripercorriamo a ritroso la sua carriera: lei è partita dal repertorio del ‘700, affrontato anche qui a Napoli, poi sono arrivati Rossini Donizetti e Bellini e il repertorio francese dell’800. Alla luce di quanto interpretato, come definirebbe oggi la sua vocalità?

Mi definisco un mezzosoprano lirico, perché il colore della voce e l’estensione sono da mezzosoprano. Si nasce con un timbro vocale, con determinate caratteristiche. Con il tempo si impara a comprendere quale repertorio sia più adatto alle proprie caratteristiche naturali. Al momento sono felice di affrontare il belcanto e il repertorio francese dell’800.

Ora riesco a scalare la tessitura con naturalezza; ovviamente, dipende dalle parti che devo affrontare: ci sono, poi, quelle più centrali e “comode”, come Carmen, Nicklausse in Les contes d'Hoffmann. Ma in generale assecondo ciò che la mia voce mi suggerisce, senza fare passi oltre ciò che mi fa star bene vocalmente!

E quali potranno essere gli sviluppi naturali della sua voce?

La voce matura con la crescita fisica ma anche con il vissuto, perché cantando si porta in scena inevitabilmente la somma delle esperienze della vita.

Mi sono concessa quelle che mi piace definire “piccole escursioni fuori porta”, tipo Laura nella Gioconda (interpretata recentemente a Las Palmas): mi sono sorpresa nell’aver percepito “comoda” - è un aggettivo che ritorna spesso durante la nostra conversazione! - questa parte, che, ci tengo a sottolineare, ho affrontato con la mia voce naturale, senza forzare e senza “gonfiare” i suoni! Ora la faccio “decantare”, poi magari tra qualche anno la riprenderò.

Sono una cantante che ama procedere con i piedi di piombo nella scelta del nuovo repertorio: preferisco aspettare il momento giusto per certe parti, anche a costo di dire no a diversi inviti per parti meravigliose, che ho sempre sognato di poter cantare, ma preferisco affrontare quando sarà il momento giusto per la mia voce, così com’è stato per Lèonor, che da molto tempo sognavo di interpretare.

Ho fatto qualche incursione nel repertorio verdiano. Ho interpretato Preziosilla della Forza: è una scrittura vocale quasi donizettiana; ho interpretato Fenena in Nabucco, il mezzosoprano nella Messa da Requiem.

Ho sempre pensato che sia importante far bene ciò che, in un dato momento, la mia voce può affrontare. Non voglio bruciare le tappe; sì, forse sono una “lumachina”, ma voglio cantare senza mai gonfiare e alterare la mia voce. E comunque, se tornassi indietro, rifarei le stesse scelte di carriera e repertorio: lo ammetto: sono grata alla vita per tutto ciò che mi ha donato fino ad oggi!

Mi sono impegnata molto nello studio e nel lavoro, metto passione e amore in ciò che faccio, ma sinceramente, quando ero agli inizi della mia carriera, mai avrei pensato di arrivare nei teatri più importanti del mondo. Ora, essere al San Carlo, in questo teatro meraviglioso, a Napoli, città adorata dal “mio” Donizetti (lo sento anche un po’ mio!), per una parte così complessa e interessante, diretta dal maestro Riccardo Frizza, con colleghi eccezionali, mi riempie davvero di gioia!

Approfitto di questa conversazione per ringraziare il Teatro San Carlo per avermi invitato per questa produzione di Anna Bolena molto bella, vedrete!

Quali sono i modelli vocali che maggiormente la ispirano?

Be’, restando a Giovanna ho l’imbarazzo della scelta! Dico Simionato, Cossotto, Verret! Ma nel mio pantheon musicale ci sono anche Fedora Barbieri, Luciana D’Intino, Teresa Berganza, per la raffinatezza nel canto... e tante altre. Come non citare Lucia Valentini Terrani, Elena Obraztsova, Grace Bumbry, Janet Baker, Marilyn Horne? A seconda del repertorio, ho una cantante di riferimento. Pensando al barocco, Cecilia Bartoli, ad esempio, è un’artista straordinaria, che adopera la sua voce come se fosse uno strumento musicale!

Sono tanti i miei modelli e in questo elenco sicuramente ho dimenticato qualcuna!

Quali sono gli insegnamenti a cui tiene di più?

Molto semplicemente: sono tre. L’umiltà: se sei umile riconosci i tuoi e puoi migliorare. Lo studio: non si smette di studiare mai. Noi cantanti siamo atleti, e serve costanza e allenamento. E infine, l’entusiasmo: mai perderlo, mai!

In fondo siamo i maestri di noi stessi. Non ho cercato tanti maestri, forse perché sono stata fortunata a ricevere un’impostazione corretta dalla mia insegnante del Conservatorio.Ciò che trovo fondamentale per la crescita artistica è la scuola del palcoscenico: si impara dai colleghi, dai direttori d’orchestra; da ognuno/a ho appreso qualcosa.

Nell’ultima parte di questa chiacchierata ci allontaniamo dal campo musicale. Che rapporto ha con i social? Pensa che possano favorire l’avvicinamento dei ragazzi alla lirica?

Siamo tutti figli del nostro tempo; anche io mi sono, in un certo senso, arresa ai social: ho la pagina Facebook professionale che è utile per far conoscere agli appassionati dove e cosa canto.

Credo che, se usati correttamente, siano un ottimo strumento di comunicazione e possano avvicinare persone al mondo dell’opera; ma dipende molto da ciò che si propone. Sono dell’idea che serve dare qualità, più che quantità elevate di informazioni.

Abbiamo una grande responsabilità verso i giovani che ci seguono, ma dobbiamo dare loro gli strumenti affinché possano capire e apprezzare l’opera: occorre spiegare, illustrare il nostro mondo, guidarli verso un approccio consapevole.

Quando insegnavo a scuola - nella precedente vita, per un periodo, ho insegnato presso la scuola primaria - portavo i bambini a teatro: rimanevano affascinati dal luogo, dall’opera, da ciò che ruota intorno allo spettacolo! Ecco, i social devono puntare a coinvolgere persone che ancora non si sono avvicinate al mondo dell’opera.

Ultima domanda: la parte che maggiormente le piacerebbe interpretare?

Risposta secca e decisa: Giovanna in Anna Bolena, quella che sto cantando ora!

E, invece, una parte, anche estranea al repertorio femminile, che le piacerebbe affrontare? Questa domanda è un gioco, non è assolutamente seria: può rispondere di conseguenza!

Da bambina cantavo le arie dei tenori, quindi dico senza dubbio: Calaf, “Nessun dorma!”

Infine, quali sono i suoi prossimi impegni?

A luglio, al Bregenzer Festpiele, sarò Suzuki in Madama Butterfly; a settembre debutterò come Idamante in Idomeneo, re di Creta al Théâtre Royal de Liège: tornerò a Mozart che è sempre un balsamo per la voce; a ottobre e novembre sarò alla Bayerische Staatsoper di Monaco per cantare di nuovo nei panni di Suzuki.

E poi ci sono impegni non ancora ufficializzati, che non posso rivelare. Posso solo dire che arriverà un debutto da me molto, molto atteso!

Spero di tornare anche qui al Teatro San Carlo, perché è un teatro che ho nel cuore dai primi anni della mia carriera: vi ho cantato la prima volta nel 2011; possiamo dire che mi avete vista crescere, e ogni volta che ritorno qui provo grandi emozioni!

La nostra piacevole chiacchierata si conclude qui. La ringraziamo per il tempo che ci ha concesso, la sua disponibilità e gentilezza.

È stato un vero piacere! Grazie a lei e alla rivista L’Ape musicale per lo spazio che mi ha concesso!

Vi invito ad ascoltare questa Anna Bolena!


 

 

 
 
 

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