L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Un anno d'opera, danza e concerti

Titoli e nomi: i commenti e le scelte delle nostre firme

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Canto lirico: patrimonio immateriale dell'umanità

Nel 2023 il Canto lirico italiano è stato definito dall'Unesco Patrimonio culturale immateriale dell'umanità, una definzione che coinvolge anche tutti i saperi e i mestieri che ruotano intorno all'opera. Si tratta, pertanto, di un riconoscimento e di un risultato fondamentale per affermare l'importanza e la vitalità di un mondo che può rimanere fedele a sé stesso in un continuo mutamento. Un mondo che si mette in relazione con la società, ne è specchio, sia nelle criticità sia nei punti di forza. Senza adagiarsi in un autocompiacimento, ma continuando a riflettere e interrogarci, siamo felici di aver seguito grandi produzioni con star internazionali e spettacoli prodotti da accademie e da piccole realtà, giovani emergenti e decani, figure conclamate e da scoprire, sopravvalutati e sottovalutati. Il 2023 ha posto ancora sotto la lente il valore fondamentale dell'onestà e della qualità in ogni aspetto della vita, in ogni mestiere e sapere che ruota intorno al canto lirico.

Regie

Un tema sollecitato da più parti, nelle recensioni, nelle riflessioni pubblicate e in quelle condivise nelle consultazioni di fine anno è quello delle regie d'opera, che nel 2023 si è mostrato con evidenza in più occasioni e su più fronti. Possiamo dire che addirittura esiste una questione parallela che riguarda la percezione della regia d'opera, sia per l'estremizzarsi di posizioni - nel pubblico ma anche fra gli addetti ai lavori - che rischiano di sclerotizzarsi nel rigido modernisti vs tradizionalisti a tutti i costi. Per di più, abbiamo visto in più occasioni quest'anno come questa semplificazione sia stata politicamente strumentalizzata, ridotta a slogan, dictat e sceneggiate che hanno mortificato il sano dibattito critico.

Guardando a quel che è avvenuto nei nostri teatri, abbiamo notato un ritorno di una vecchia guardia di registi in attività da qualche decennio, alcuni ancora sulla cresta dell'onda (Robert Carsen), altri tornati in auge solo di recente (Yannis Kokkos, Lluis Pasqual, per certi versi anche Hugo De Ana) senza offrire prove di particolar rilievo, anzi. La ripresa di produzioni firmate in origine da maestri del secolo passato, innovatori al loro tempo e ora considerati appieno "tradizionali", come Stehler e Zeffirelli ha mostrato come senza più la mano del creatore, nel tempo i pregi possano tendere a sfumare, i difetti a emergere, le rughe a farsi sentire. Allo stesso modo, anche nomi indicati sovente come alfieri osannati del teatro contemporaneo (modernisti, dunque?) possono avere risultati più o meno convincenti: è il caso di Damiano Michieletto (il cui Giulio Cesare ha dato adito a discussioni per la reinvenzione di significati e forme drammaturgiche), di Simon Stone (il cui Mefistofele romano ha ricevuto aspre critiche) o di Calixto Bieito (il cui Maometto II ha suscitato una vera rivolta, sebbene da più parti sia stato considerato uno spettacolo problematico, ma concettualmente non deprecabile). Proprio le questioni tecniche (e scenotecniche) e concettuali meritano attenzione più di quelle meramente estetiche. Anche le nuove produzioni del Rossini Opera Festival (Eduardo e Cristina e Adelaide di Borgogna) hanno messo in evidenza, soprattutto la seconda, una sorta di sfiducia nei confronti del testo che si riscontra spesso anche nel repertorio barocco, per il quale l'Italia può godere del vantaggio di una prevalenza madrelingua, ma che presenta un panorama molto confuso per quel che riguarda il rapporto con forme, codici e contenuti. 

La questione su cui riflettere, più ancora che sul "come si fa" potrebbe, allora, essere "come se ne parla".

I festival

Nel corso dell'anno abbiamo seguito molti festival, nazionali e internazionali. Nel panorama italiano nella redazione abbiamo condiviso un apprezzamento particolare per il percorso svolto dal festival Donizetti Opera, che ha saputo mettere in relazione con il mondo contemporaneo i titoli in cartellone attraverso tematiche non forzate (ecologia, violenza di genere, rapporto fra potere e cultura) con coerenza di programmazione, interesse musicologico, qualità delle esecuzioni e allestimenti che hanno generato discussioni, ma sempre basati su scelte non banali (Bergamo, LuOpeRave e Casa & Bottega, 16-19/11/2023; Bergamo, Il diluvio universale, 17/11/2023Bergamo, Lucie de Lammermoor, 18/11/2023Bergamo, Alfredo il Grande, 19/11/2023). Viceversa, il Festival di Martina Franca è parso alla ricerca di un'identità che è parsa un po' appannata (Martina Franca, Il paese dei campanelli / Il turco in Italia, 30/07-01/08/2023). Macerata anche quest'anno ha pagato lo scotto di una programmazione diluita poco propizia alle atmosfere (e alla frequentazione) di un festival: ciononostante dal punto di vista teatrale Carmen si è imposta all'attenzione. Sia a Pesaro sia a Parma, fra Rossini e Verdi, si sono evidenziate ottime iniziative sul piano scientifico, nuove iniziative collaterali sempre più interessanti e significative presenze artistiche, ma anche momenti che hanno prestato il fianco a critiche e suggeriscono riflessioni per il futuro, un vero rinnovamento qualitativo delle bacchette e di riflessioni registiche, un progetto musicologico e artistico forte che siano davvero al centro dell'interesse, l'attenzione a ogni dettaglio. Qualche sussulto positivo pare arrivare da Catania, mentre Torre del Lago per il centenario pucciniano del 2024 si affida a Pierluigi Pizzi per rilanciare un festival stagnante da anni: ci si chiede se sarà davvero la miglior strategia di rinnovamento la direzione artistica nel venerabile e simpaticissimo regista che ha già annunciato che si occuperà di tutti gli allestimenti scenici salvo uno, affidato a Massimo Gasparon.

Il 2023 è stato anche l'anno del centesimo festival dell'Arena di Verona, che ha mantenuto ben definito una sorta di marchio di fabbrica: massima attenzione per i cast, con un girotondo serratissimo di stelle per un calendario che non prevedeva praticamente mai (faceva eccezione solo Il barbiere di Siviglia) due recite con la medesima compagnia; allestimenti scenici che spaziavano dal figurativismo zeffirelliano, al colorato surreale di De Ana, alle nuove produzioni di Antonio Albanese (ambientazione rurale anni '50, regia assente) e Stefano Poda (un continuo gioco di luci e coreografie) puntando più sulla spettacolarità che sul contenuto; direzioni subordinate all'alternanza delle compagnie di canto e ridotta ad accompagnamento più o meno preciso. Si è distaccato da questo modello solo Il barbiere di Siviglia, per una doppia compagnia di esperti rossiniani e una vera concertazione attenta al dettaglio, al fraseggio, all'equilibrio (Verona, Aida, 16/06/2023, Verona, Carmen, 23/06/2023Verona, Il barbiere di Siviglia, 22/07/2023Verona, Madama Butterfly, 12/08/2023,.

Il coraggio delle province

Altro aspetto condiviso da tutta la redazione è stato l'apprezzamento per l'attività appassionata e ingegnosa al di fuori delle grandi Fondazioni Liriche e Concertistiche: i circuiti regionali dei Teatri di Tradizione e le Istituzioni Concertistico Orchestrali. In particolare si è ammirata la capacità dei teatri emiliani di proporre con grande successo un repertorio titoli come Don Carlo, Otello, Il trovatore, Fedora, ma anche Pelléas et Mélisande, il coraggio con cui OperaLombardia ha allestito un Don Carlo alternativo e intrigante, produzioni condivise fra Toscana e Marche come Il barbiere di Siviglia e La rondine. (Piacenza, Pelléas et Mélisande, 05/02/2023, Piacenza, Fedora, 08/10/2023Piacenza, Don Carlo, 12/11/2023Piacenza, Otello, 17/12/2023Modena, Un ballo in maschera, 05/03/2023Modena, Fedora, 15/10/2023Modena, Don Carlo, 05/11/2023Modena, Il trovatore, 03/12/2023Pavia, Don Carlo, 19/11/2023Brescia, Don Carlo, 01/12/2023Pisa, Il barbiere di Siviglia, 27/10/2023Jesi, La rondine, 15-17/12/2023)


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