L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fra voci e regia

di Luigi Raso

Una panoramica sul 2023 appena trascorso dal punto di vista di Luigi Raso, fra i teatri di Napoli e Salerno, ma anche Vienna.

Ultimi giorni di dicembre, tempo di bilanci (anche) musicali.

Quelle che seguono sono opinioni, preferenze personali e opinabilissime, libere riflessioni sugli spettacoli recensiti (numericamente inferiori rispetto a quelli visti e ascoltati) per L’ape musicale: prima di scrivere queste parole in libertà, in via eccezionale mi concedo la libertà di esprimerle attraverso l’abusatissima, quanto personalmente detestata, prima persona singolare “io” per scrive queste riflessioni, stucchevole colonna sonora dei rapporti interpersonali, reali e social, contemporanei, pervasi da onnipresente e preponderante vacuo narcisismo.

Ebbene, qualche riflessione in ordine sparso.

Da gennaio ad aprile la programmazione del Teatro San Carlo, per consentire lavori di restauro alla sala di Antonio Niccolini, si è trasferita nel vicino Teatro Politeama Giuseppe Giacosa; le opere sono state eseguite in forma di concerto: Rigoletto, La damnation de Faust e Macbeth: tre grandi successi, un trionfo di voci per tutti e tre i titoli.

Ludovic Tézier e Nadine Sierra in Rigoletto hanno galvanizzato e stregato letteralmente il pubblico del Politeama in un gelida serata di metà gennaio (qui la recensione), ma tutte e tre le opere proposte in forma di concerto hanno riscosso un notevole successo: l’attenzione era concentrata esclusivamente sull’aspetto musicale e, in particolare, sulle voci.

Alla luce di questi trionfi, mi chiedo: non si sta dando, forse, troppa importanza - nelle discussioni tra appassionati di lirica, nelle recensioni - all’aspetto registico e scenografico dell’opera piuttosto che a quello strettamente vocale? La domanda non è provocatoria, ma, nasce da una obiettiva constatazione: nel 2023, le opere che al San Carlo hanno riscosso maggior successo di pubblico sono state quelle proposte in forma di concerto, titoli che schieravano artisti tra i più richiesti nel panorama lirico contemporaneo.

Ludovic Tézier ha confermato di essere un Rigoletto monumentale, un artista al di fuori dal comune per tempra vocale e intelligenza. Da ricordare la vocalità e le intenzioni interpretative della Gilda di Nadine Sierra, che lascia un segno anche per la spiccata e indiscutibile avvenenza fisica sfoggiata in quel Rigoletto.

Della Damnation de Faust (qui la recensione) ricorderò il bronzo vocale e l’acume interpretativo di Ildar Abdrazakov. A teatro i cantanti si ascoltano e si giudicano per le loro capacità vocali e musicali, non per le opinioni politiche. Il “caso Abdrazakov” mi impone una netta scissione tra l’artista e l’uomo. E il mio sconfinato apprezzamento è rivolto all’artista.

Ottima anche la prova del Coro del Teatro San Carlo, guidato da José Luis Basso, che nel successivo Macbeth (la recensione qui e qui) con "Patria oppressa" regalerà al pubblico del San Carlo forse la migliore prestazione degli ultimi anni.

A sbalordire, nel delineare una Lady Macbeth luciferina per timbro vocale e interpretazione, è Sondra Radvanovsky: chi ha ascoltato la sua interpretazione forse ancora tremerà al suo ricordo. Molto ben scolpito anche il Macbeth di Luca Salsi.

Nel frattempo Achille in Sciro di Francesco Corselli al Teatro Real di Madrid (qui la recensione) merita di essere ricordato per la rarità della proposta, per la dignitosissima messinscena e l’eccellente esecuzione musicale. L’opera non può essere considerata un capolavoro consegnato a un ingiustificato oblio, ma è da lodare la tenacia del Teatro Real di Madrid, dopo la rinuncia forzata dovuta al dilagare della pandemia da Covid 19, a metterla in scena dopo quasi duecentoottant'anni dalla prima rappresentazione. Ma il mio personale applauso e apprezzamento va al pubblico madrileno: teatro esaurito in ogni ordine di posto, pubblico prodigo di applausi calorosi al termine dello spettacolo, come se si applaudisse una tra le opere più popolari.

Passando al repertorio concertistico, il concerto di Riccardo Muti alla testa dei Wiener Philharmoniker al Musikverein di Vienna (qui la recensione) mi ha impressionato per la modernità, la vitalità e il nitore della tradizione con la quale il direttore italiano si approccia a Mozart e a Mendelssohn. Lo sfavillio sonoro dei Wiener Philharmoniker, poi, ha ben pochi rivali.

Anna Netrebko, artista che apprezzo molto, con il recital dello scorso ottobre al San Carlo (qui la recensione) integralmente dedicato alla musica da camera russa mi ha regalato quella che considero la sua migliore performance alla quale abbia assistito. Questo repertorio le pulsa nelle vene, e il suo canto ce lo sottolinea indelebilmente. Ad Anna Netrebko, quindi, il primo posto per miglior recital vocale del mio 2023 musicale.

Il violinismo pirotecnico di Giuseppe Gibboni (qui la recensione) mi ha stregato per virtuosismo e qualità del suono; Jan Lisiecki (qui la recensione) per il suo pianismo elegante, raffinato e discreto.

Michele Mariotti dirige, tra la fine di ottobre e novembre, un entusiasmante Maometto II (qui la recensione): la sua concertazione, unita all’eccellente prova del cast vocale, fa dimenticare e relega in un angolo scelte registiche discutibili.

Daniel Oren con Manon Lescaut (qui la recensione) segna la migliore direzione operistica dell’anno: il musicista israeliano possiede l’ormai raro pregio di far “cantare” l’orchestra, di saper far funzionare tutti gli ingranaggi di quel meccanismo complesso chiamato “opera lirica”. Manon Lescaut è titolo che Oren ama particolarmente, e lo si nota: la concertazione dell’Intermezzo è stata da brividi, malgrado un complesso orchestrale tecnicamente non eccelso.

Beatrice di Tenda al San Carlo (qui la recensione) è titolo che mancava da Napoli da tempo immemore: il suo ritorno a Napoli è stato molto apprezzato. L’esecuzione, nel complesso, buona: accanto a glorie consolidate (Jessica Pratt e Matthew Polenzani) si è fatta notare una giovane promessa, il soprano Chiara Polese, allieva dell’Accademia del Teatro San Carlo e incamminata, con ogni probabilità, verso una brillante carriera.

Sulla recente Turandot che ha inaugurato la Stagione lirica 2023 -2024 del San Carlo si è già detto ampiamente (qui la recensione): se il 2023, come si è detto, si è aperto con il predominio assoluto delle voci sulla regia, si chiude in senso diametralmente opposto.

Le discussioni su una regia, confusionaria e ridondante nella realizzazione più che nelle intenzioni, ha rubato la scena al cesello vocale di Rosa Feola (Liù) e alla solida e preziosa caratura vocale della Turandot di Sondra Radvanovsky, protagonista assoluta anche di una strepitosa incisione dell’ultima opera di Giacomo Puccini, diretta da un ispiratissimo Antonio Pappano alla testa degli eccelsi complessi dell’Accademia di Santa Cecilia (qui la recensione).

Del mio 2023 musicale altro non vi saprei narrare. A tutti voi l’augurio per un 2024 ricco di buona musica, felicità e serenità.


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