L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il presente chiama Verdi

di Luigi Raso

L'11 ottobre incontriamo a Salerno, dopo la prova generale di Pagliacci al Teatro Giuseppe Verdi, il baritono Ernesto Petti che ha interpretato la parte di Tonio.

Maestro, partiamo dal presente: chi è Tonio per lei? Ci parli della sua vocalità, della sua psicologia, di come vede questo personaggio e di quali sono le caratteristiche vocali della parte.

Tonio è un personaggio estremamente complesso; la sua scrittura vocale dà al baritono la possibilità di esprimere un’ampia gamma tecnica. Innanzitutto, il suo Prologo apre l’opera, e ciò è già di per sé complicato, un po’ come “Celeste Aida” intonata ‘a freddo’ da Radames. In Pagliacci Tonio ha un esordio simile. A lui Leoncavallo affida un manifesto: deve far comprendere le intenzioni dell’opera, la crudeltà della storia, la sua tragicità.

Nel corso di Pagliacci è un personaggio che attraversa vari stati d’animo: ama, non ricambiato Nedda; il rifiuto gli genera rancore, cattiveria, vendetta. È un uomo tormentato; ma deve anche esprimere l’amore, e quindi deve saper legare le frasi musicali.

Insomma, per me è uno dei personaggi più complessi e sfaccettati del repertorio baritonale.

Non è il suo debutto assolto nella parte, ma qui a Salerno, nella sua città, questa produzione ha un’importanza particolare...

Sì, ho già cantato Tonio a Cagliari, ma reinterpretarlo a Salerno, sotto la direzione del maestro Daniel Oren - che è molto esigente, ti aiuta e sorregge sempre - è come riscoprire la parte. Grazie al maestro Oren credo di riuscire ad esprimere il personaggio a tutto tondo.

Ora facciamo un passo indietro: qual è stata la sua formazione musicale e quali sono stati gli incontri più hanno inciso sulla sua formazione?

Ho iniziato a studiare il pianoforte; mi sono avvicinato alla lirica grazie a mio padre, che era un grande appassionato. Potrei affermare che i miei maestri di canto sono stati i vinili, quelli di Franco Corelli in particolare! Non ho avuto un vero e proprio maestro di canto ad indirizzarmi nello studio. Ho studiato, e lo faccio tuttora, molto me stesso; ho fatto molto sport, ho praticato l’apnea, attività che migliorano la respirazione e che aiutano a comprendere il proprio corpo.

Un maestro che ha cambiato il mio modo di cantare è stato il grande baritono Ludovic Tézier: l’ho incontrato un paio d’anni fa e mi ha insegnato a controllare il canto. Tézier è un maestro del ‘controllo’! Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi direttori – mi vengono in mente Roberto Abbado, Daniel Oren, Dan Ettinger – e ognuno mi ha insegnato qualcosa di importante.

Come si definirebbe oggi?

Mi sento un baritono quasi vicino alla maturità; ora mi sento padrone della mia voce e credo che stia per arrivare il meglio dalla sua espressione.

I suoi prossimi impegni prevedono molte parti di Verdi. Quali caratteristiche deve necessariamente avere un baritono per affrontare il repertorio verdiano?

Occorre saper cantare su tessiture acute senza perdere la rotondità della voce, la sua copertura; non bisogna mai aprire troppo i suoni, cosa che può essere ‘tollerata’ nel repertorio verista, ma in Verdi proprio no! Per affrontarlo occorrono necessariamente nobiltà, fraseggio e legato. Se non si è un baritono dalla linea di canto ‘nobile’, Verdi non lo si può cantar bene!

A proposito di ruoli baritonali ‘nobili’, lei sarà a novembre Rodrigo del Don Carlo - parte già interpretata al Teatro San Carlo nel dicembre 2022 - a Modena, Reggio Emilia e Piacenza. Ci parli di questo personaggio e della sua vocalità.

Per me Rodrigo è un personaggio nobile, ma ambiguo: è un manipolatore di Filippo e di Carlo. Per lui conta solo salvare la Fiandra: tutto è finalizzato a questo scopo; e per cercare di raggiungere la salvezza della Fiandra – lo ripete nell’opera – ‘usa’ l’affetto di e verso Carlo. Secondo me, si sacrifica per la Fiandra, più che per amore di Carlo.

E dal punto di vista vocale quali sono le caratteristiche e le insidie della parte di Rodrigo?

Be’, Rodrigo è un compendio di un mondo vocale. L’aria finale deve essere cantata piano, sul fiato, serve un fiato lunghissimo. La parte ha in sé tutto quello che il canto verdiano pretende: eleganza, nobiltà, fraseggio e perfetta intonazione.

Tra dieci anni come si vede? Quali saranno i prossimi obiettivi vocali?

A trentasette anni ho già cantato parti di Verdi complesse e ‘pesanti’. A breve sarò Barnaba nella Gioconda (nell’aprile 2024 al Teatro San Carlo, n.d.r.). Quando si è giovani, e si hanno energia e forza, queste parti vanno affrontate. Non penso che il repertorio ‘impegnativo’ debba essere affrontato solo quando si è più avanti con gli anni, dalla piena maturità vocale. Ora ho gli acuti; non so se tra dieci anni li avrò ancora. In futuro potrei dirigermi verso il verismo, repertorio che amo molto, ma per il momento canterò molto Verdi: amo Verdi, ho un rapporto speciale con le sue parti, e poi noto che fa bene alla voce!

E Donizetti c’è ancora nella sua carriera?

Ho cantato molte volte Lucia di Lammermoor; oggi la parte di Enrico è diventata difficilissima: i direttori d’orchestra non tagliano più (quasi) nulla, la parte diventa molto faticosa.

Come può l’opera lirica conquistare il pubblico giovane?

Penso che l’opera andrebbe insegnata nelle scuole. Oggi pomeriggio, qui a Salerno, la prova generale di Pagliacci era stata aperta agli studenti. C’erano molti bambini ai quali l’opera è piaciuta molto. Si dovrebbe continuare ad avvicinarli così, da subito.

Io sono cresciuto con la lirica, perché mio padre l’ascoltava e quando ho iniziato a prestarle più attenzione, mi sono appassionato. Per far lo stesso con i ragazzi, bisogna indirizzarli e guidarli nell’ascolto, portarli a teatro. Bisogna far entrare il teatro nelle scuole. In fondo la musica lirica è contemporanea, è ricca delle emozioni che provano i ragazzi.

Chi vorrà ascoltarla dove potrà?

Dopo Pagliacci qui a Salerno, ci sarà a novembre Don Carlo a Modena, Reggio Emilia e Piacenza; a Modena tornerò a dicembre per Il trovatore; poi, a Barcellona, a febbraio, Un ballo in maschera; La Gioconda a Napoli in aprile; a Stoccarda, da giugno, Il trovatore e alcune altre belle e importanti opere seguiranno, ma al momento non le possono annunciare.

La ringrazio del tempo che ci ha dedicato e le faccio un in bocca al lupo per i prossimi impegni e per la sua carriera!

Evviva il lupo! Grazie a voi dell'Ape musicale per l’intervista.


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