L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Danza macabra nella Casa di morti

 di Suzanne Daumann

 

Si sviluppa su tre piani narrativi abilmente giostrati l'ipnotica produzione del capolavoro di Janàček alla Bayerische Staatsoper.

MONACO di BAVIERA, 19 ottobre 2018 - Questa produzione ipnotica alla Staatsoper di Monaco sfida ogni tentazione descrittiva e invita alla riflessione. L'opera non racconta una storia drammaticamente ben definita: degli internati in un campo in Siberia raccontano le loro storie; sopraggiunge un nobile e viene percosso per aver preteso di essere un prigioniero politico; i carcerati inscenano pièce teatrali piena di allusioni erotiche; un'aquila scatena una discussione sul tema della libertà. Infine, il nobile viene liberato, uno dei detenuti riconosce in un altro appena morto colui che gli ha rovinato la vita. È soprattutto la musica meravigliosa di Janàček a dominare.

Simone Young dirige la Bayrische Staatsorchester con perspicacia ed energia, attenta al minimo dettaglio, e il ricco tessuto musicale, dagli accenti neri e rosso sangue, diviene luminoso e vibrante.

L'allestimento di Frank Castorp è assai esigente e si sviluppa su tre piani narrativi: l'azione nel tempo reale di un prigioniero che racconta la sua storia, il contenuto di questa storia e spesso un video sul fondo con diverse vicende fra i detenuti. Così, le identità sono confuse, incerte, come può avvenire in un carcere. Il giovane internato Aljeja, cantato dal soprano Evgeniya Sotnkiova, porta un costume da danzatrice degli anni 1920 dai tratti d'uccello, veste e copricapo piumati: l'aquila, un uomo, una donna... La scena girevole di Aleksandar Denić, che mostra di volta in volta diversi luoghi del campo, offre un altro aspetto danzante, indefinito alla produzione, così come le luci di Rainer Casper. Nel secondo atto appare una Danza Macabra e propone la chiave di lettura: la vita in prigione, la vita all'esterno, le identità, nulla è certo, nulla è reale.

Una meravigliosa compagnia di canto dà vita a questi personaggi: elegante malgrado il contesto Charles Workman come Skuratov; notevoli anche Bo Skovhus come Šiškov e Peter Rose nella parte di Aleksandr Petrovič Gorjancikov.

Applausi ampiamente meritati anche per Aleš Briscein, Manuel Günther, Tim Kuypers, Christian Rieger, Ulrich Reß, Milan Siljanov, Galeano Salas, Oğulcan Yılmaz, Alexander Milev, Alexander Milev, Niamh O’Sullivan, Callum Thorpe, Matthew Grills, Kevin Conners, Dean Power et Long Long.

Una serata densa e riuscita, complimenti!

foto © Wilfried Hösl


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