L’Ape musicale

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Chailly apre con La rondine le celebrazioni pucciniane alla Scala

Il Maestro prosegue il suo ciclo sulle opere pucciniane alla Scala con una nuova produzione affidata per la regia a Irina Brook con Mariangela Sicilia e Matteo Lippi protagonisti.

Lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in differita da Rai5. Radio3 trasmetterà in diretta la prima rappresentazione il 4.

Il Centenario pucciniano è per Riccardo Chailly e per il Teatro alla Scala la continuazione di un progetto che si sviluppa da anni: riportare alle scene le opere del compositore secondo criteri esecutivi credibili e aggiornati come è ormai prassi per autori come Rossini e Verdi, esplorando genesi, varianti e ripensamenti e offrendo a chi ascolta un ritratto capace di restituire la complessità dell’artista. La Rondine va in scena alla Scala per sei rappresentazioni dal 4 al 20 aprile con la regia di Irina Brook, scene e costumi di Patrick Kinmonth e un cast composto da alcuni dei giovani artisti italiani in più rapida ascesa: Mariangela Sicilia (Magda), Matteo Lippi (Ruggero), Rosalia Cid (Lisette), Giovanni Sala (Prunier) e il ritorno di Pietro Spagnoli (Rambaldo).

L’opera sarà eseguita secondo la recentissima edizione critica a cura di Ditlev Rindom (Ricordi 2023), che ha potuto avvalersi per la prima volta dell’autografo pucciniano, creduto a lungo perduto e resosi disponibile soltanto in anni recenti.

Lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in differita da Rai5.

Radio3 trasmetterà la prima rappresentazione in diretta il 4 aprile poi in differita sul circuito Euroradio.

Un’ora prima dell’inizio di ogni recita, presso il Ridotto dei Palchi, si potrà seguire una conferenza introduttiva all’opera tenuta da Elisabetta Fava.

L’opera

“La più elegante, la più raffinata partitura di Puccini” secondo Victor de Sabata, La rondine non rientra fra i titoli più eseguiti del compositore, anche se in questi mesi sono numerosi i teatri internazionali che l’hanno inserita in cartellone sotto il doppio pungolo del centenario e della pubblicazione dell’edizione critica. Un saggio antidoto all’onnipresenza delle opere più note e regolarmente programmate. La genesi della partitura contribuisce a spiegarne l’originalità: all’inizio degli anni ‘10 Puccini era confortato dal trionfo della Fanciulla del West al Metropolitan, ma in difficoltà con il suo editore dopo la morte nel 1912 di Giulio Ricordi, cui succedeva il figlio Tito II con cui i rapporti non erano altrettanto buoni. Il compositore guarda ancora all’estero e accetta la commissione del Carltheater di Vienna, un lavoro di carattere leggero su libretto di Heinz Reichert e Alfred Willner: nelle intenzioni di Puccini non esattamente un’operetta, piuttosto una commedia intrecciata su ritmi di valzer, simile per alcuni versi al Rosenkavalier (1911) di Strauss con cui condivide anche il tema della maturità emotiva e della rinuncia femminile. Le incertezze sul libretto, poi affidato a Giuseppe Adami, e soprattutto lo scoppio della Prima guerra mondiale che vedeva Italia e Austria su fronti opposti, portano alla rottura del contratto con Vienna: La rondine viene battezzata nel 1917 a Montecarlo con la direzione di Gino Marinuzzi, che dirigerà anche la prima scaligera nel 1940. L’unica ripresa al Piermarini risale al 1994 grazie alla cultura e sensibilità di Gianandrea Gavazzeni.

Nelle parole di Riccardo Chailly, intervistato da Elisabetta Fava per la Rivista del Teatro, “La struttura è complessa, studiata nei minimi dettagli, ma all’ascolto suona estremamente naturale; tutto è superato dalla fluidità del canto, della melodia e dall’orchestrazione. Ma la forza delle individuazioni, la fluidità dei dialoghi, la modernità dei tratti danno un fascino tutto particolare a questa singolare commedia che gioca col passato e col presente, e fonde fra loro tanti stili senza per questo perdere di vista la sua organicità”. Nella tela sonora della Rondine dominano certo i valzer, ma intrecciati con sbalorditiva naturalezza con altre danze, tra cui il quick step, il tango, la polka e lo slow fox, e un intero panorama di citazioni e autocitazioni: non solo Strauss (Richard e Johann) ma il mondo delle Valses nobles et sentimentales di Ravel e le nuove prospettive aperte da Stravinskij.

Riccardo Chailly e Giacomo Puccini

Il percorso delle direzioni pucciniane di Riccardo Chailly alla Scala si apre nel 1997 con la ripresa della produzione di Keita Asari di Madama Butterfly e prosegue nel 2007 con unnuovo Trittico con la regia di Luca Ronconi. Intanto dal 2005 si sviluppa con la Filarmonica un progetto pluriennale di esecuzione di pagine poco conosciute tra Milano, Lucca e Torre del Lago. Nominato Direttore Musicale, Chailly inaugura le manifestazioni culturali di Expo 2015 con Turandot: Nikolaus Lehnhoff aveva ripensato per la Scala una sua leggendaria regia, cantavano Nina Stemme e Aleksandrs Antonenko; il finale era per la prima volta in forma scenica alla Scala quello di Luciano Berio. Il lavoro sulle fonti si approfondisce nel 2016 con La fanciulla del West, eseguita nell’orchestrazione originale di Puccini alleggerita dai “rinforzi” aggiunti da Toscanini per l’acustica del Met ed entrati nella prassi corrente. La regia è di Robert Carsen. Con l’inaugurazione della Stagione 2016/2017 il Maestro compie un atto di riparazione proponendo un allestimento di Madama Butterfly nella sua prima versione, quella che cadde alla prima scaligera del 1904. Musica mai sentita prima anche nella Manon Lescaut del 2019 con la regia di David Pountney: nella prima versione torinese del 1893 ricostruita da Roger Parker spiccava il finale dell’atto primo, una cattedrale sonora che l’autore avrebbe semplificato prudentemente nelle riprese successive. Il 2019 si conclude con Tosca, che incredibilmente apre per la prima volta una stagione scaligera. La regia è di Davide Livermore, anche in questo caso si sceglie la prima versione, andata in scena al Costanzi nel 1900.

Ma per Riccardo Chailly Giacomo Puccini è tra gli autori di una vita, quelli che hanno accompagnato un’intera carriera. Una prima pietra miliare è Turandot diretta a San Francisco nel 1977 nell’allestimento di Jean-Pierre Ponnelle con Montserrat Caballé (l’unica volta che affrontò la parte dal vivo) e Luciano Pavarotti. All’assiduità in teatro si aggiungono le registrazioni. In disco Manon Lescaut con Te Kanawa, Carreras e i complessi di Bologna nel 1998; la Bohème con Gheorghiu, Alagna e la Scala nel 1999; le “Discoveries” con l’allora Orchestra Verdi nel 2004 e il CD di musica orchestrale realizzato con RSO Berlin nel 2006. Il video registra Tosca con Malfitano, Margison, Terfel e il Concertgebouw nel 2007, la Bohème di Valencia del 2012 e due versioni del Trittico: prima nel 2000 con il Concertgebouw e quindi quella scaligera del 2009.

Lo spettacolo

“La rondine - spiega Irina Brook nelle note di regia pubblicate nel programma di sala - è un ‘animale dello spirito’: gli individui dallo spirito di rondine perdono la ragione quando qualcuno cerca di controllarli. Amano vivere liberamente e vogliono vedere gli altri nello stesso modo. Vogliono essere padroni del loro destino […] Come regista cerco sempre di trovare un modo per sentirmi il più vicino possibile al mio materiale. L’idea per questa Rondine è stata di avvicinarla attraverso lo sguardo di un personaggio immaginario, ‘Anna’ [che sarà interpretata dalla coreografa Anna Olkhovaya], una giovane coreografa al suo debutto come regista d’opera. Questo alter ego incarna molte delle mie domande e dei miei sogni. Attraverso la lente di Anna, mi interrogo sull’influenza esercitata sulla psiche femminile dai film romantici, dalla letteratura e, naturalmente, dall’opera”. La scena, ispirata ai classici del musical hollywoodiano, ambienta la vicenda in un elegante padiglione estivo come se ne costruivano sui moli delle spiagge atlantiche o delle coste inglesi alla fine dell’800.

https://www.teatroallascala.org/it/stagione/2023-2024/opera/la-rondine.html


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