L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Shakespeare a Londra

di Gina Guandalini

Una panoramica sull'attività teatrale londinese, dalla Tosca di Puccini, al musical, a Shakespeare con i divi Kenneth Branagh e Ralph Fiennes.

Al Covent Garden il nome del momento è Aušrine Stundyte (lei lo pronuncia “Oscerine Stundìte”). Il soprano lituano è una bella donna con carnagione e occhi chiarissimi, di voce spinta – non però, come al solito, di quell’ampiezza wagneriana che le si attribuisce. Qui a Londra ha presentato la sua Tosca, ben recitata, risoluta, primadonna; ma cantare in italiano è sempre un test tecnico: varie note cruciali non sono sempre ferme - problema che oggi quasi nessuno avverte e segnala – e la dizione non è sempre coinvolgente. Dello spettacolo mi ha colpito la precisione di lettura della direttrice d’orchestra, la statunitense – di origini slovene – Karen Kamensek, la cui carriera sinfonica sta cominciando ad includere tappe operistiche. Una serata professionistica ma non memorabile.

Una fitta pleiade di musical interessanti e di buon livello esecutivo impazza in tutti i teatri di Londra: Mamma Mia!, The Lion King, The Phantom of the Opera, l’immarcescibile Les Misérables, e ancora Tina - the Tina Turner Musical, Cabaret e addirittura un repêchage dell’ormai trentennale Sunset Boulevard di Lloyd Webber. Ma è la grande prosa che il visitatore e l’habitué non può mancare di gustare.

Kenneth Branagh, ex enfant terrible e ora pilastro delle scene londinesi, ha offerto il suo Re Lear nello storico Wyndham’s Theatre tra ottobre e dicembre. Nel 1990 era stato regista di una produzione che includeva Emma Thompson, allora sua moglie. Per l’attuale King Lear si è orientato su una compagnia di giovani appena diplomati alla RADA, Royal Academy of Dramatic Arts, e suoi allievi. Nel ruolo secondario ma non troppo del messaggero Curan ha volute una ragazza, omaggio oggi quasi inevitabile alla parità di genere. Jessica Revell interpreta sia Cordelia sia il Fool – ma l’idea era stata anche di Strehler con Ottavia Piccolo, mezzo secolo fa.

Questa rivisitazione di King Lear, pensata, riscritta, interpretata e diretta da Branagh dura due ore senza intervallo; la regia sfreccia a una tale velocità che i momenti di profondità e di pathos finiscono per sfuggire all’ascoltatore. I giovani attori galoppano con energia attraverso il palcoscenico senza pausa e di conseguenza non c’è tempo per assorbire e meditare questo Shakespeare così potentemente tragico. La messa in scena è ambientata in un mondo arcaico, con monoliti e costumi stile documentario sull’uomo di Neandertal o anche Game of Thrones, tamburi assordanti, il soffitto come un planetario che rotea senza controllo. Con questo re arrogante più che senile, tutti gli intrighi di corte e le battaglie per il trono seguono la legge del branco.

A sessantadue anni Branagh, biondo e atletico, verso la fine a torso nudo, è un po’ troppo giovane per esprimere il crollo verso la confusione mentale e la morte. Recita con risonante chiarezza, e alcuni appropriati momenti di debolezza e disperazione, ma proprio questa articolazione netta lo rende sempre troppo giovane per il personaggio: un critico ha scritto che c’è qualcosa che non funzione se Lear si definisce un vecchio debole e disprezzato con voce squillante e invulnerabile. Un altro critico lo ha incoraggiato a tornare a questa tragedia tra vent’anni. Impressionante, in ogni caso, il suo urlo silenzioso davanti alla morte di Cordelia.

Il Macbeth con protagonista Ralph Fiennes ha iniziato la tournée a Liverpool e Dublino, e dopo Londra approderà a Washington. Il pubblico londinese è accorso a un deposito in riva al Tamigi, l’X Dock accanto alla metropolitana di Canada Waters. La capienza è abbastanza ridotta, ma probabilmente l’affitto è irrisorio rispetto al centro di Londra. Il regista Simon Godwin ha installato dietro il palcoscenico, dove gli spettatori devono passare per raggiungere i loro posti, uno scenario di guerra con una jeep che va a fuoco, crateri di bombe, copertoni bruciati, rumori di elicotteri e sirene. Agli italiani ricorda la strage di Capaci. Che la tragedia sia di guerra lo confermano le tute mimetiche dei personaggi. Come in Re Lear, diventava tuttofare un personaggio minore: qui è il servo Seyton ad acquisire importanza: lo vedremo anche come servente di Lady Macbeth nella scena del sonnambulismo, mentre il medico è una dottoressa di colore dell’esercito macbethiano, con tanto di croce rossa al braccio.

Ralph Fiennes aggiunge un nuovo trionfo alla sua carriera teatrale, che ormai è preponderante rispetto a quella cinematografica (che si è in pratica fermata con il ruolo di Voldemort).

Recita con chiarezza esemplare, modula e gusta ogni frase. Il critico del Guardian lo ha definito “Monstrous monarch”, riferendosi anche alle non infrequenti risate “nere” che strappa al pubblico. Dopo il criminale nazista in Schindler’s List trent’anni fa, ora Fiennes disegna un malvagio confuso e complicato; a volte sembra in crisi e vulnerabile e infine sprofonda nella malattia mentale con eloquenza, Come la consorte, che è Indira Varma, attrice di origini indiane e svizzere, attivissima sulle scene inglesi e nota anche per aver partecipato a Game of Thrones. Anche questa Lady precipita nella pazzia dopo essere partita con isterica frivolezza.

Il tutto è narrato con un vero lavoro di regia, serrato, onnipresente, con i personaggi che entrano ed escono da vari punti del teatro secondo una convincente logica narrativa; con le tre streghe ora coro greco ora balletto nevrotico. Terrificante l’apparizione del fantasma di Banco, colpito da una luce bianco-argento.

Il pubblico applaude con urli di entusiasmo.

Ed ora l’attesa è per il Falstaff di Ian McKellen in un nuovo adattamento di Henry V, in scena al Noel Coward Theatre da aprile a giugno.


Vuoi sostenere L'Ape musicale?

Basta il costo di un caffé!

con un bonifico sul nostro conto

o via PayPal

 



 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.