L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Zarpellon dirige Beethoven

Beethoven a sorpresa

 di Roberta Pedrotti

 

Ludwig van Beethoven

sinfonia n. 3  in mi bemolle maggiore op. 55 "Eroica"

Coriolano overture in do minore op. 62

Orchestra da Camera Lorenzo Da Ponte

direttore Roberto Zarpellon

registrazioni effettuate fra il 2008 e il 2010

CD RCA4 RCACC/004

Conosciamo Roberto Zarpellon e l'Orchestra Lorenzo da Ponte per lo più per il suo impegno sul fronte sei-settecentesco. Tenendo fra le mani un cofanetto tutto consacrato a Beethoven ci si interroga su quel che l'ascolto ci riserverà: è vero che Abbado ha spogliato questa musica da turgori tardoromantici, è vero che Hogwood o Herreweghe hanno detto la loro con incisioni storicamente informate  anche memorabili partendo da esperienze classiche e barocche, ma il rischio resta dietro l'angolo: se c'è la possibilità di un'esecuzione rivelatrice, c'è anche il pericolo di un colossale fallimento.

Apriamo il cofanetto, un live all'apparenza autoprodotto dall'Orchestra (cui consiglieremmo di evitare il maiuscoletto, di non facile leggibilità, per i testi introduttivi), inseriamo il CD nel lettore e, sì, constatiamo che si son fatte davvero le cose per bene, radunando un organico di qualità e ben coeso, chiaro nelle diverse sezioni, ben a fuoco negli equilibri generali e nei singoli interventi.

I tempi agili di un Beethoven contestualizzato nel suo tempo non significano che Zarpellon e i suoi ne propongano una lettura scarnificata. Al contrario si tende a dimostrare proprio quanto giovi all'incalzare dell'Eroica, al suo stesso vigore questo tipo di interpretazione, che rende, per esempio, la Marcia Funebre con una levigatezza neoclassica che fa pensare al Piranesi, alle atmosfere tragiche e sepolcrali di certa opera seria mozartiana o gluckiana, a Cherubini e Spontini, a Mayr e al primo Rossini. Allora si intende la grandezza di Beethoven nel suo tempo e nel suo linguaggio.

La sensazione, pertanto, non è quella sconcertante - nel bene o nel male - di un Beethoven che improvvisamente riveli un aspetto nuovo, che si mostri quale non l'abbiamo immaginato, che guardi in avanti o indietro nel tempo con il puntiglio di chi, per esempio, pensa che per essere storicamente informati si debba inserire un cembalo impertinente sulla linea del basso fino a Ottocento inoltrato. La sensazione è quella di un bel Beethoven, ben articolato nelle sue dinamiche, nei suoi rapporti ritmici e agogici, storicamente consapevole della sua portata rivoluzionaria e delle sue radici senza deverle sbandierare con stravaganze, eccessi, scelte programmatiche estreme.

Eccola, allora la bella sorpresa di questo Beethoven affidato a un'orchestra da Camera e a un direttore che conoscevamo soprattutto su altri terreni: non voler stupire, ma far tesoro di ogni competenza storica per servire la musica. Non occorre altro.

 


 

 

 
 
 

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