L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Cenerentola o l’effimerità

di Stefano Ceccarelli

Unico balletto in programma per il festival estivo alle Terme di Caracalla, Cenerentola di Sergej Prokof’ev, sotto la direzione di Alessandro Cadario, viene presentato nella regia/coreografia di Rudolf Nureyev: una Cenerentola immersa nella scintillante prima industria hollywoodiana. Nei ruoli principali brillano Rebecca Bianchi e Michele Satriano.

ROMA, 2 luglio 2023 – Appartenente alla fase matura della coreografia del grande danzatore, la Cenerentola di Rudolf Nureyev è una regia che, pur non stravolgendo il senso ultimo della favola, certamente reinterpreta molto liberamente la trama del balletto di Prokof’ev. La riflessione ultima che lascia al pubblico, l’illusorietà della bellezza e della fama (con un sapore palpabilmente autobiografico), è un messaggio quant’altri mai attuale e toglie a Cenerentola la distensione ultima di un finale che viene ad assumere un sapore dolceamaro. La Cenerentola di Nureyev è qui presentata per la prima volta al pubblico romano, nell’affascinante scenario di Caracalla.

Nureyev immagina che Cenerentola sia un’aspirante attrice di Hollywood, come del resto la Matrigna e le sue Sorellastre. Effimere comparse di una macchina solo all’apparenza scintillante, Hollywood fagocita ed utilizza ciò che gli serve in quel momento, lasciando al futuro un’angosciante incertezza. Essendo stata l’unica ad aver soccorso il Produttore, costui fa diventare Cenerentola la star del suo nuovo film: è qui che la bella incontra l’Attore principale, cioè il suo principe. La storia si conclude nello sfarzo e nello scintillio della produzione cinematografica che consacrerà l’astro dei due attori: ma quanto durerà? La riflessione di Nureyev (autobiografica) va a toccare proprio quelle vite che, prese dalla strada, sono state innalzate agli allori, osannate, usate e poi gettate quando il sistema cinematografico non ne aveva più bisogno.

In questa produzione, la coreografia di Nureyev è ripresa da Eleonora Abbagnato, Aleth Francillon, Gillian Whittingham e Benjamin Pech. Nel ruolo del titolo danza Rebecca Bianchi, assolutamente perfetta nella parte. Versatilità e grazia caratterizzano la lettura di un ruolo tutt’altro che facile, specialmente nella versione di Nureyev. Si pensi alle scene mimiche con le Sorellastre e la Matrigna, o quando la protagonista si veste da Chaplin e balla il tip-tap. Non mancano momenti di puro lirismo, come il pas de deux con Michele Satriano (atto II), dove la Bianchi mostra tutto il suo valore tecnico sia nella variazione che nella coda, in cui i due danzano con maestria e sensualità. Splendido anche il finale dell’atto III, dove la Bianchi e Satriano danzano uno scintillante passo a due, che chiude fra gli applausi la produzione. Michele Satriano, come già anticipato, danza un convincente Attore principale: elegante, bello e scintillante, Satriano si trova a suo agio nel ruolo di un vanitoso attore che cade innamorato della bella Cenerentola: i loro passi a due sono ottimamente eseguiti. Le due Sorellastre sono interpretate, rispettivamente, da Susanna Salvi (Sorellastra rossa) e Alessandra Amato (Sorellastra verde), che rendono pienamente giustizia di due ruoli di carattere, comici, non facili: le varie gags che Nureyev prepara per loro sono da eseguirsi sempre assieme, sovente in sincrono e riescono benissimo, facendo divertire il pubblico – quando si danza così bene mimare di danzar male non è cosa facile e scontata. Divertentissima la Matrigna di Giuseppe Depalo, un ruolo en travesti che conquista la simpatia del pubblico e che, come per le Sorellastre, risulta una parte insidiosa giacché basata su gags e sketches continui, in cui il timing e la precisione sono essenziali. Alessio Rezza danza la parte del Produttore con la consueta bravura, fisicità ed energia per cui è apprezzato dal pubblico. Infine, va lodata la performance di Claudio Cocino nel ruolo del Maestro di ballo, ancora un ruolo di carattere.

Il corpo di ballo dell’Opera di Roma esegue magnificamente le coreografie corali, che risultano forse il punto più debole della tenuta narrativa (ma non certo coreografica) della rilettura di Nureyev, che forza non poco il senso originale del balletto di Prokof’ev. Per esempio, colorate e sgargianti sono le danze del I atto che originariamente dovevano rappresentare le fate delle diverse stagioni, mentre nella rilettura di Nureyev realizzano una sfilata delle novità della moda di Hollywood. Deliziose, irresistibili le danze di carattere dell’atto III, dove si può ammirare l’eccellente lavoro di Hanae Mori con i costumi di questa produzione, semplicemente sontuosi. Trascinante è il gran valzer del II atto (di notevole sensualità, fra le pagine più celebri di Prokof’ev), che prelude ad una rappresentazione del finale II, invece, molto riuscita: Nureyev reinterpreta i rintocchi dell’orologio, cioè le ore della giornata, come ballerini che danzano una sorta di ‘danza delle ore’; ognuno di loro porta il numero dell’ora sul petto, incarnando l’angoscia dello scorrere del tempo in maniera quanto mai efficace. È bene lodare, comunque, la performance dell’intero corpo di ballo, sempre eccellente, coesa, precisa.

Le scene, firmate da Petrika Ionesco, sono state inizialmente pensate per l’Opéra National de Paris. Meno efficaci nell’interno del I atto (alquanto anonimo), prendono corpo e carattere nel II e nel III, dove rappresentano Hollywood con il linguaggio figurativo che ricorda, negli esterni, Metropolis di Fritz Lang, negli interni del palazzo del principe, invece, le sinuose architetture moderniste, di gusto Art Nouveau, di Victor Horta – bellissima, in particolare, la scalinata che si ricollega con il grande led sul fondale. L’atto II e III, dunque, sono dei giganteschi set che raccontano una storia nella storia, il film di Cenerentola con lei stessa come protagonista (i titoli di coda finali sono eloquenti).

Infine, benché Caracalla sia afflitta da endemici problemi acustici dovuti ai microfoni, il che rende difficile giudicare l’effettiva qualità della resa sonora di una partitura, peraltro così complessa e screziata come quella di Prokof’ev, la direzione di Alessandro Cadario è sembrata convincente, soprattutto nel II e III atto, con l’orchestra che rispondeva assai bene. La produzione, quindi, non può che chiudersi con gli applausi del pubblico.


 

 

 
 
 

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