L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

I poeti e la Rivoluzione

 di Roberta Pedrotti

 

In quattro serate a cura di Valentina De Ieso, Musica Insieme ripercorre gli anni della Rivoluzione Russa fra musica e poesia, con il pianoforte di Alexander Romanovsy e la voce recitante di Luigi Lo Cascio come fil rouge e la partecipazione di Alexandra Soumm, Olga Peretyatko e Miriam Prandi.

BOLOGNA, 7 e 14 novembre, 6 e 13 dicembre 2017 - Cento anni fa, i Dieci giorni che sconvolsero il mondo. Se gli inglesi possono rivendicare il primato di una rivoluzione, quella di Cromwell, che era arrivata a mandare al patibolo un sovrano e instaurare una repubblica, sono francesi e russi, a poco più di un secolo gli uni dagli altri, ad aver cambiato radicalmente il corso della storia.

La rivoluzione, di per sé, mescola utopia e orrore, la violenza e il più alto anelito alla giustizia, a distanza di uno o due secoli continua a influenzarci e spingerci a riflettere; nella ricorrenza secolare è inevitabile che fioriscano iniziative rivolte al fatidico Ottobre sovietico. Una di queste, parallela all’inaugurazione della mostra Revolutja al MAMbo (Museo di Arte Moderna di Bologna), è la breve rassegna Russia 1917 proposta da Musica Insieme in collaborazione con Unipol, che come ogni anno offre il proprio Auditorium a ingresso gratuito per un ciclo dedicato a musica e poesia.

Cardine dell’evento, articolato in quattro serate, è il pianista Alexander Romanovsky, ucraino di nascita, bolognese d’adozione, interprete raffinato e particolarmente affezionato a Musica Insieme. E giovane, giovanissimo se si pensa che è nato nell’estate del 1984 e che dunque era un bambino negli anni della Perestrojka, della caduta del Muro di Berlino, dello sfaldarsi dell’Urss, dell’avvicendarsi di Gorbac’ev e Eltsin. Alla sua stessa generazione appartengono le compagne d’avventura musicale per questa iniziativa, tutte nate fra il 1980 e il 1990: Olga Peretyatko viene da San Pietroburgo, Alexandra Soumm ha visto la luce a Mosca, Miriam Prandi è italiana, ma ha studiato con la tatara Natalia Gutman. Fa una certa impressione riflettere sull’esplorazione sonora della Russia fra il crepuscolo dello zarismo e l’aurora della Rivoluzione da parte di chi ha nel sangue queste esperienze, ma ha fatto in tempo in prima persona solo a sfiorarne l’estremo epilogo con occhi infantili. Era invece già un giovanotto che aspirava al diploma all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio d’Amico Luigi Lo Cascio, cui è affidata la lettura di testi poetici di Boris Pasternak, Maria Cvetaeva, Sergej Esenin e Valdimir Majakovskij. Ogni serata un poeta, a comporre un sottile reticolo di rapporti, a evocare lo spettro del mondo poetico che viveva la Rivoluzione, ora con sguardo entusiasta e partecipe ora con sgomento pietoso. È questa l’esperienza singolare della Cvetaeva, creatura letteraria disinteressata alla politica e travolta drammaticamente dagli eventi, innamorata platonica e in lunga relazione epistolare con Pasternak, commossa dalla morte prematura e volontaria di Esenin come lo fu l’altro illustre suicida Majakovskij, che pure la poetessa imiterà lasciando l’autore del Dottor Živago solo nel poker poetico a spegnersi naturalmente. Lo Cascio plasma il suono in crescendo di sera in sera, masticando e distillando la parola alla ricerca – fortunata – di un ritmo e di una musicalità, anche spigolosa o grottesca all'occorrenza, che suppliscono al parziale e necessario tradimento della traduzione da una lingua melodica come quella russa. Ha il carisma per attirare l’attenzione, ma non sovrasta mai il testo e l’equilibrio di ogni appuntamento, aperto dall’utile prolusione del professor Marco Bazzocchi.

I versi e le note si incastonano alla perfezione, ma disegnando un percorso ben modulato nel rapporto reciproco: dapprima Romanovsky con il violino di Alexandra Soumm propone brani dello stesso Pasternak, la cui attività di compositore è decisamente poco nota, con Skrjabin e Prokof’ev; quindi, al piano solo, evoca il mondo poetico della Cvetaeva nell’affine linguaggio di Rachmaninov; il 6 dicembre le sue liriche sono affidate alla voce di Olga Peretyatko, interprete sempre sensibile e incisiva della musica da camera della sua terra e apprezzata in particolare per l’ascolto raro delle pagine di Georgij Sviridov su testi dello stesso Esenin, cui Romanovsky solista risponde con tre dei quadretti stagionali di Čajkovskij; infine il ciclo si chiude con la magnifica Sonata in re minore op. 40 per violoncello e pianoforte di Šostakovič, resa con mobilità plastica e poetica, lirismo e spirito da Prandi e Romanovsky, che concludono poi con la Quadrille di Ščedrin, perfetto punto d’arrivo nella sua ambiguità fra ironia e senso tragico.

Il pubblico cresce di sera in sera, pende dalle labbra e dalle dita degli interpreti contribuendo a creare un’atmosfera concentratissima, applaude con franco e giustificato calore. Calor bianco in una stagione già fredda, ricordando gli ardori della terra del grande freddo.


 

 

 
 
 

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