L’Ape musicale

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Meyerbeer, Africa, Europa, opera e colonialismo

 di Suzanne Daumann

Non pienamente riuscito, pur con spunti interessanti, il progetto ispirato al Grand Opéra di Mayerbeer.

Halle, 29 giugno 2019 - Proprio oggi il giovane capitano Carola Rackete ha sfidato tutti i divieti anche a costo del carcere per far approdare a Lampedusa la nave Sea Watch 3, con a bordo cinquantatré persone salvate in mare, in fuga da guerre e miserie. Una riflessione su passato coloniale dell'Europa s'impone senza dubbio. L’Opera di Halle/Saale ha intrapreso un progetto ambizioso in questo senso, basato sul grand-opéra L’Africaine di Giacomo Meyerbeer, smembrata in quettro parti, all'ultima delle quali abbiamo assistito.

Concepita come un tentativo di "decolonizzare" l'opera, la produzione resta sospesa fra lo spettacolo e il dibattito pubblico: un gruppo eterogeneo di personaggi, i cantanti dell'opera di Meyerbeer, il regista e il librettista che l'anno rivisitata così come diverse figure d'origini africane si ritrovano sul palco. Si canta una scena di Meyerbeer, poi si discute sull'aspetto razzista o colonialista della stessa. Si discute, ci si indigna, si riprende... Talora è divertente, un po' autoironico (specia il tenore che interpreta Vasco Da Gama), talora è francamente noioso. Talora può prendere una piaga inaspettata e moderna, quando un coro contemporaneo interviene su testo poetico del sudafricano Richard van Schoor, che recentemente ha riportato un successo eclatante e dimostrato la sua vocazione come compositore d'opera; questi interventi hanno uno spessore musicale profondo e drammatico e potrebbero indirizzare tutto lo spettacolo verso un'autentica riflessione, come una specie di crisi catartica. Ahimé, sono troppo poco numerosi. La serata per lo più si concentra su Meyerbeer. Una vola che è passata la prima perplessità, si comprende il concetto, ci si contenta di godere della musica, assai bella e assia ben eseguita, e infine ci si trova d'accordo con gli attori quando dichiarano il forfait: non è un buon sistema per esorcizzare il passato dell'opera in quanto genere musicale e borghese. Il progetto, si era detto dall'introduzione, proseguirà con una seconda serie di spettacoli a Lubecca, fra cui un'opera intera di pugno di van Schoor - ci permetteremo di andare a verificare sul posto. Sarà, forse, più compiuto.

Lodiamo, ad ogni modo, i partecipanti a quest'avventura: i cantanti innanzitutto sono riusciti nella quadratura del cerchio di uscire dai personaggi pur restandovi - Matthias Koziorowski nei panni di Vasco de Gama, Romelia Lichtenstein in quelli di Sélika, Liudmilla Kokaichuk come Inès, il Grand Inquisiteur di Gerd Vogel, e tutti gli altri che fanno sì che almeno musicalmente questa serata resti accettabile. Lodiamo il coraggio di tutta la squadra dell'Opera di Halle per aver intrapreso questa ricerca e attendiamo un'altra occasione per riflettere su Europa ed Africa.

Fotos: Falk Wenzel


 

 

 
 
 

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