L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Vedere la musica e morire dal ridere

di Irina Sorokina

Il festival del teatro musicale russo ha portato a Mosca quarantaquattro titoli di diversi genere, fra opera e balletto, musical e operetta. Fra questi, Gli aspiranti sposi di Isaak Dunaevskij.

Mosca, 23 settembre 2021 - Si potevano considerare fortunati gli amanti del teatro musicale che da metà settembre a metà novembre si trovavano a Mosca, capitale della Federazione Russa. Per due mesi la capitale del paese più esteso del mondo ha accolto un festival dei teatri musicali russi organizzato col sostegno del Ministero della Cultura e personalmente dal presidente del paese; un festival degno di un grande interesse, chiamato Vedere la musica. Nell’anno 2021 ha festeggiato il suo sesto compleanno e presentato su numerosi palcoscenici moscoviti una serie infinita di spettacoli d’opera, d’operetta, di balletto e di altri generi di teatro musicale provenienti da ogni angolo dell’enorme paese. Il cartellone è spaziato da Un ballo in maschera a Salome, da Alcina ad Anime morte, dalla Vedova allegra alla Silva (così tradizionalmente si chiama in Russia La principessa della ciarda), dalla Bella addormentata a Spartacus, da Cappuccetto rosso a Joaquin (gli ultimi titoli sono un’opera di Cezar’ Kjui e un rock-opera di Aleksej Rybnikov). Nominiamo pochissimi titoli degli allestimenti che hanno fatto parte al festival per un semplice motivo: la maggior parte d’essi non è conosciuta nel mondo occidentale. In totale nell’arco di due mesi il pubblico locale e gli ospiti della capitale russa hanno avuto una preziosa possibilità di vedere ben quarantaquattro titoli.

E adesso un ricordo. Nei tempi dell’Unione Sovietica l’arte teatrale, come tutte le arti, fu benvoluta e coccolata. Quando una città raggiungeva un milione d’abitanti, si costruivano un teatro dell’opera e balletto e un’accademia coreografica. Oltre a queste istituzioni culturali mantenute dello stato, in molte città si trovavano i cosiddetti teatri della commedia musicale: è facile immaginare i titoli in cartellone, che spaziavano dalle operette di Offenbach e Hervè, Kalman e Lehar ai titoli dei compositori sovietici quali Strel’nikov, Aleksandrov, Dunaevskij, Miljuitin, Listov e Šostakovič e ai musical, sia occidentali sia “domestici”, quest’ultimi, a volte, niente male.

A noi è capitata la fortuna di vedere una produzione del Teatro della Commedia Musicale d’Irkutsk, una città storica sulle rive del fiume Angara e nelle vicinanze del mitico lago Baikal, la capitale della Siberia Orientale, da sempre nota per la sua intellighentsia e per l’alto livello culturale. Non c’è quindi da stupirsi del grande successo dell’operetta del classico della musica leggera sovietica, Isaak Dunaevskij, Gli aspiranti sposi.

È un titolo parecchio dimenticato, lontano dalla fama di Il vento libero e L’acacia bianca, migliori operette classiche della musica leggera sovietica. Tuttavia anche I pretendenti hanno le qualità per poter ottenere un buon successo e la messa in scena del regista moscovita Nikolaj Pokotylo lo ha dimostrato. Ma prima spendiamo due parole della storia.

Non c’è nulla di nuovo: Gli aspiranti sposi raccontano la storia esilarante della giovane Agrafena Savvišna rimasta vedova in seguito alla morte dell’anziano marito, Ivan Samsonovič Bokastov, proprietario di un popolare ristorante dalle cospicue entrate. Sono passate poche ore dalla scomparsa del ricco e poco attraente consorte, ma Agrafena Savvišna è stata letteralmente assediata da uno schieramento di pretendenti alla sua mano e al suo cuore… sia chiaro che i cinque tra cui un cuoco, un becchino, un cocchiere, un diacono e un marcatore in sala di biliardo aspirano al patrimonio del defunto e non alla giovane vedova piuttosto carina! Abbastanza confusa, sceglie il becchino, ma alla fine cambia idea, vuole il marcatore, e qui casca l’asino: quest’ultimo nel timore che la bella vedova sposi il becchino gli ha rubato il passaporto e per errore l’ha tirato fuori durante la cerimonia all’ufficio anagrafe. Quindi, povera Agaf’ja Savvišna risulta sposata col becchino, che disastro! E non finisce qui: nella confusione generale, riappare il marito dell’avvenente vedova. Non è passato alla miglior vita, ma soltanto addormentato a causa dell’eccessiva quantità d’alcool inghiottito, creduto morto e portato in chiesa dove si è svegliato! I pretendenti uno a uno si ritirano mentre Agaf’ja Savvišna chiede perdono al marito.

Il libretto dell’operetta scritta nel 1927 si deve alla penna di Nikolaj Aduev e Sergej Antimonov. La faccenda esilarante si svolge negli anni della cosiddetta Nuova Politica Economica introdotta dal giovane governo sovietico vista la situazione del paese aggravata a causa della rivoluzione del 1917. Il libretto, ovviamente, è legato agli avvenimenti e ai tipi umani degli anni ’20 del Novecento, ciò nonostante fa ridere quasi cent’anni dopo: i personaggi descritti e i loro rispettivi vizi sono facili da trovare anche nei giorni nostri. L’operetta di Dunaevskij, compositore di grandissimo talento e autore di popolarissime hit dell’epoca staliniana, presenta una marea di melodie accattivanti in più generi (valzer, polka, galop, foxtrot, tango) e di citazioni dei compositori classici, da Rossini a Musorgskij, a scopo di parodia. Si definisce operetta, la creazione di Dunaevskij, ma è più vicina al genere di vaudeville, molto popolare in Russia per tutto il diciannovesimo secolo.

Per “domare” il capriccioso genere e provare di conquistare il pubblico, alla città siberiana è arrivata  una squadra moscovita composta dal regista Nikolaj Pokolylo, la coreografa Marina Sukontseva, lo scenografo Evghenij Terekhov, la costumista Anastasija Šentalinskaja e i light designer Galina Mel’nik e Maksim Trajber. Insieme hanno messo in scena uno spettacolo coloratissimo e spiritosissimo. Le scenografie hanno rispecchiato le tendenze delle correnti artistiche in voga negli anni ’20 del Novecento come il liberty russo e il costruttivismo, molto sentite nei primi decenni del secolo e nella giovane Unione Sovietica. Colori accesi come rosso e nero, forme geometriche accanto alle linee sinuose, scritte umoristiche e propagandiste: “la veste” dell’operetta satirica di Dunaevskij ha contribuito parecchio per creare un vero show, dinamico e a tratti esilarante. Non un punto morto, tante trovate registiche, la complicità creatasi tra gli interpreti e un’evidente modernità: Gli aspiranti sposi siberiani fanno fatto tanto divertire quanto riflettere grazie a parecchi paralleli con l’attualità della Russia contemporanea che ha adottato il “capitalismo selvaggio”.

Il teatro della commedia musicale d’Irkutsk vanta molti artisti talentuosi e poliedrici, in possesso di arte di cantare, ballare e recitare e ogni ruolo di Gli aspiranti sposi ha trovato un interprete ideale: Ivan Samsonovič Bokastov – Nikolaj Malyšev, Vera Šepetkina – Agrafena Savvišna, Aleksandr Ajdarov – Kuprijanovič (un cuoco), Vladimir Jakovlev – Filat Ignat’evič Štobyšev (un becchino), Viktor Lesovoj – Efim Isaevič (un cocchiere), Gejrat Šabanov – un diacono, Maksim Kolesnikov – Roman Kazimirović Gus’-Pleškovskij (un marcatore in sala di biliardo) e tutti gli interpreti dei numerosi ruoli di contorno.

Sul podio Viktor Olin ha ottenuto un’ottima resa dall’orchestra tutt’altro che grande: i professori si sono emersi con un evidente piacere nel mondo di musica leggera degli anni 1920 e hanno suonato con brio e un grande senso d’umorismo polke, valzer, tango e pezzi jazzati, del resto, tutti belli e orecchiabili, come tutta la musica di Dunaevskij. Una grande professionalità hanno dimostrato i due maestri del coro, Natal’ja Ladyghina e Ul’jana Čuguevskaja.

Un successo non solo grande e pienamente meritato: Gli aspiranti sposi siberiani hanno conquistato il pubblico della capitale russa che di tutti i generi del teatro musicale si intende assai.


 

 

 
 
 

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