L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'estro del futuro

di Vincenza Caserta

L'esecuzione integrale del primo libro dell'Estro armonico da parte dei Solisti veneti mette in luce la profondità profetica di Vivaldi.

PADOVA, 13 novembre 2022 - Vivaldi è un autore dalle mille sfaccettature, al pari di Johann Sebastian Bach, e sicuramente l’ascolto integrale di una tra le sue opere più importanti, L'estro armonico, offre numerosi spunti di riflessione sia riguardo la musica del suo tempo sia nei confronti di un aspetto quasi “profetico”che la pervade. Domenica 13 novembre Giuliano Carella dirige i Solisti Veneti in una matinée simile ad una “ promenade” all’interno di una galleria in cui i dipinti prendono vita, mentre si alternano rappresentazioni di paesaggi molto diversi tra loro eppure uniti da un fil rouge che fa percepire un pensiero profondo quanto ardito.

Tra le parole iniziali del maestro Carella si intuisce uno studio che vuole regalare al numerosissimo pubblico presente in sala qualcosa di magico. Il ricordo che il maestro offre lega quest’opera a un suo vissuto, quando nel 1972, nell’Auditorium di S.Francesco al Corso di Verona, Claudio Scimone diresse i Solisti Veneti presentando queste stesse pagine vivaldiane. Emozione e bellezza di un ricordo non sbiadito diventano le parole chiave del maestro Carella per poter far vivere nuovamente quest’opera tanto particolare e innovativa. La natura complessa di Vivaldi si rispecchia molto bene in alcune parole di Gian Francesco Malipiero che lo definiva “prete rosso perché brucia e prete perché mistico ma anzitutto umano, con l’orecchio contro il violino per meglio ascoltarsi, per la gioia di vibrare con il suo strumento, incurante di ciò che la musica fu prima di lui e sarà dopo la sua scomparsa”. Definire “profetico” Vivaldi non è azzardato, se si pensa a tutti i germogli del futuro che vivono proprio nell’Estro Armonico. Il primo Concerto in re maggiore per quattro violini, violoncello, archi e basso continuo con solisti Lucio Degani, Chiara Parrini, Enzo Ligresti, Antonella Defrenza e Gianatonio Viero si apre con un interessante dialogare tra gli strumenti solisti in una vivacità scandita già dalla poetica di “blocchi di colore” che animano l’orchestra conferendo una umanità delicata al discorso. È questa la più sorprendente forza innovativa di Vivaldi: la modernità che emerge nel senso di ricerca di stati d’animo all’interno del suono, facendo vivere più fantasiose e fluide solide strutture come quella del Concerto. Carella ed i Solisti Veneti partendo da un’idea semplice riescono ad intessere una narrazione che, assieme alla marziale freschezza del clavicembalo di Loreggian, rende giustizia ad un solare re maggiore. La forza del contrasto assume una valenza commovente nel Largo e spiccato, ed è qui che si manifesta per la prima volta il senso “profetico”di Vivaldi: in quell’unisono di orchestra, scuro e grave, quasi lugubre vi è un primo germoglio di Beethoven, mentre l’eleganza interpretativa dei Solisti crea un’atmosfera rarefatta. La capacità di destare sorpresa emerge anche nelle parentesi più meditative, che sembrerebbero un ossimoro davanti al brio iniziale eppure bastano le accortezze interpretative delle viole di Mario Paladin e Silvestro Favero a dare nuovo rilievo al canto del violino di Degani, che dona enfasi alla narrazione. Degani e Ligresti plasmano poi nuova brillantezza in un tema danzante che ha tutte le caratteristiche di una Giga.

Il Concerto n 2 in sol minore, con soliste ai violini Chiara Parrini e Antonella Defrenza e Carlo Teodoro al violoncello, nel suo incipit ricorda le celebri Stagioni e nella sapienza della scrittura si richiama alla teoria degli affetti. Nella forza incisiva dell'orchestra emerge la brillantezza dei soli della Parrini e della Defrenza. Lo scardinare in ogni minimo dettaglio questa Padova“fantasiosa” scrittura di Vivaldi permette alle tensioni create con effetti di colore di diventare percorso privilegiato per le soliste, descrittive in ogni frase. Le arditezze armoniche che regnano incontrastate nel Larghetto proiettano ancora una volta in un futuro immaginato da Vivaldi e chiave di lettura per quanto i Solisti Veneti offrono alla sala. Equilibrio ed eleganza danzano nell’Allegro finale e le parti corali dei “tutti” si illuminano di fresca vivacità.

Nel Concerto n 3 in sol maggiore, la chiarezza espressiva di Degani domina con un Allegro che coinvolge e ancor più scandisce innovazione nell’interessante disegno sottolineato nel Largo. Il fraseggio di Degani riesce a portare ai massimi livelli l’espressività attraverso un intenso monologo sostenuto con cura dai bassi del violoncello e dalle cangianti armonie del clavicembalo. Il Finale è colore allo stato puro in cui il contrasto dinamico trasporta interamente, attraverso una scrupolosa attenzione al dettaglio di scrittura, a una nuova idea di “ottimismo musicale”.

Il Concerto n 4 in mi minore con solisti al violino Enzo Ligresti, Luca Falasca, Matteo Ruffo ed Antonella Defrenza è affidato a una sonorità calda ed espressiva. Ancora una volta la punta di diamante è offerta dall’attenzione al dettaglio, alla capacità di ottenere una vis descrittiva attraverso una cantabilità ricercata, che riesce a sorprendere persino nella malinconia dell’Adagio.

Il Concerto n 5 in la maggiore con solisti Degani e Ligresti è un inno alla festosità nel deciso incipit all’unisono dei due solisti. Ogni movimento diventa una sorpresa nella lettura di Degani e Ligresti, l’inventiva sonora del Largo è tutta animata da morbidezza delicata che contrasta con l’energia dell’Allegro in cui ogni passaggio virtuosistico è sostenuto da una chiarezza e continuità..

Nel Concerto n 6 in la minore con solista al violino Chiara Parrini predomina il carattere della narrazione, ed è un racconto che fa apparire nel Largo centrale il messaggio più intenso di Vivaldi, ripiegato in quella ricerca che è descrizione dell’infinito attraverso armonie talvolta spigolose e sorprendenti che si stemperano nell’incisività del Presto finale.

I due bis sono dedicati alla brillantezza attraverso idee differenti e alle possibilità di nuovi percorsi: il primo movimento del Divertimento K 136 di Mozart è coinvolgente e frizzante; Playful pizzicato dalla Simple Symphony di Britten è un’ondata che sprizza gioiosa curiosità nell’utilizzo di un nuovo linguaggio musicale preso in prestito alla musica folk.

Vincenza Caserta


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