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Donizetti e Callas nella foresta amazzonica

di Fabiana Crepaldi

La ripresa in Brasile, dopo quasi due secoli, del capolavoro di Donizetti celebra il centenario di Maria Callas.

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Manaus, 20 maggio 2023 - Per celebrare il centenario di Maria Callas, il 25° Festival dell'Opera di Amazonas ha presentato Anna Bolena, assente dai palcoscenici brasiliani dagli anni '40 del XIX secolo. Per questo revival, l'opera di quasi quattro ore è stata presentata senza tagli, con un cast quasi tutto brasiliano e una produzione moderna che ha conservato il carattere classico dell'opera. Durante il festival, che ha ospitato anche la conferenza Ópera Latinoamérica (OLA), la stessa orchestra e lo stesso coro si sono esibiti in quattro opere in giorni consecutivi. Tutto questo ha avuto luogo nella speciale città di Manaus, nel cuore della foresta amazzonica. Un vero miracolo della divina Maria Callas.

Il titolo scelto non poteva essere migliore. Nel 1957, alla Scala, in una produzione di Luchino Visconti, Maria Callas fu responsabile del ritorno di quest'opera nel repertorio. Infatti, la sua Anna Bolena consolidò il salvataggio dello stile belcantista, che era stato snaturato dagli interpreti veristi.

Un altro legame tra Maria Callas e Anna Bolena è che la Callas era una sorta di eroina tragica sia sul palcoscenico sia nella vita, come l'eroina di Romani e Donizetti. Sul palcoscenico, le registrazioni testimoniano le sue interpretazioni drammatiche. Nella vita, la sua grande tragedia personale fu la relazione con Aristotele Onassis, che la abbandonò per sposare Jacqueline Kennedy.

Con genialità e utilizzando un approccio psicologico, il regista André Heller-Lopes è riuscito a intrecciare sul palco Maria Callas e Anna Bolena. L'idea è stata chiara fin dall'inizio. Durante l'ouverture sono state proiettate foto della Callas, di Onassis e di Jackie Kennedy, oltre ad alcune immagini della produzione del 1957 e della Callas che indossava un abito nero con fiori rossi, nel quale sarebbe apparsa di lì a poco la protagonista dell'opera.

Nel corso dello spettacolo, Heller-Lopes ha riunito immagini della Scala, elementi della leggendaria produzione di Visconti, i noti abiti indossati dalla Callas e da Jackie Kennedy, e una delimitazione sul palcoscenico che separa la realtà dalla rappresentazione teatrale.

I costumi di Melissa Maia erano efficaci e molto ben realizzati. Mentre i personaggi maschili indossano abiti d'epoca, Anna è entrata indossando l'abito della Callas mostrato nelle proiezioni di apertura. Si tratta di un abito quotidiano, non di un costume, quindi era un'immagine della Callas che riviveva quel momento storico.

Indossando nel primo atto un abito rosso e, nel secondo, uno verde, Giovanna Seymour si distingue dagli altri personaggi, indicando il suo futuro regale (appena entrata, contempla il trono vuoto). Alla fine, apparirà nel tailleur di Jackie Kennedy: Giovanna e Jackie diventeranno la stessa persona.

L'intelligente e ben rifinita scenografia di Renato Theobaldo delimita l'ambiente del gioco scenico, in un rettangolo di luci LED. Sullo sfondo appare dapprima l'immagine dei palchi della Scala che pendono da un sipario. Un'immagine distorta di una memoria distorta, enfatizzata dall'ottima illuminazione di Fabio Retti.

Durante il duetto tra Anna e Giovanna nel secondo atto, le candele formano una croce. Al centro, il letto di Anna all'interno di tende rosse. Il sacrificio che si stava preparando, in cui Anna stessa sarebbe stata la vittima? Anna indossa l'abito di Giuditta Pasta alla prima dell'opera, nel 1830.

William Ashbrook, autore di Donizetti e le sue opere, sottolinea la potenza della scena finale: "combinando aspetti della scena della pazzia e della scena della morte, presenta vividamente le fasi del ritiro di Anna da una realtà insopportabile, attraverso il desiderio di liberazione, fino al trionfo, una volta recuperata la ragione, quando trova la forza spirituale di non maledire ma di perdonare coloro che l'hanno portata alla morte". Anche Maria Callas trovò la forza di perdonare Onassis.

Questa scena è stata il momento più bello e ispirato della produzione. La scenografia della mitica produzione viscontiana appare su schermi trasparenti, a strati, formando un'immagine che allo stesso tempo crea un effetto di profondità e di mancanza di messa a fuoco, un'immagine nebulosa, in cui si mescolano vari ricordi. È una scena fantasmagorica fatta di ombre, come il delirio di Anna, che mescola il suo passato con il presente in modo distorto. È anche la stessa cosa che accade alla Callas, che viveva con il ricordo di un passato glorioso, mentre la sua vita sentimentale si sgretolava. Il bellissimo coro femminile entra con tutte le cantanti che indossano veli scuri, rendendo la scena ancora più forte e rafforzando il carattere fantasmagorico. Le tragedie di Anna e della Callas erano già previste.

Anna arriva in questa scena indossando l'abito che della Callas nella produzione scaligera. Nel suo bellissimo cantabile “Al dolce guidami”, dialoga con un corno inglese obbligato, suonato dal palcoscenico, che sottolinea la linea malinconica e triste dell'assolo.

Il cast presentava una buona squadra di cantanti comprimari. Sia il tenore Wilken Silveira sia il basso Murilo Neves hanno interpretato efficacemente Hervey e Rochefort. Il mezzosoprano Juliana Taino e il tenore argentino Francisco Brito hanno brillato nei panni di Smeton e Percy: da loro sono venuti i migliori momenti di bel canto. Brito ha incantato il pubblico con la brillantezza del suo timbro e il suo bel fraseggio. Taino era in gran forma sia vocalmente sia scenicamente: la cavatina di Smetonè stata uno dei migliori numeri musicali della serata.

Nel trio principale spicca l'Enrico VIII di Sávio Sperandio. Con una voce potente, un'intonazione precisa e un fraseggio espressivo, incarna un Enrico freddo e sarcastico, che rasenta la maleducazione e prova persino un certo piacere nel male che sta preparando per Anna.

Purtroppo, il giovanissimo soprano Tatiana Carlos, che ha cantato il ruolo del titolo, ha avuto problemi di intonazione soprattutto negli acuti e una mancanza di omogeneità tra i registri. Ha una voce promettente ma ha ancora bisogno di miglioramenti tecnici.

Nel cast di una produzione brasiliana che rende omaggio a Maria Callas, è difficile immaginare una scelta migliore del mezzosoprano Luisa Francesconi. La cantante lavora sempre con attenzione alla costruzione del personaggio, al testo e al fraseggio, e nel ruolo di Seymour ha esibito una voce ben proiettata. Tuttavia, soffriva di una forte influenza e sembrava che la sua voce stesse diventando un po' pesante per il ruolo, con qualche difficoltà a sostenere le note acute.

Alla guida della Filarmonica di Amazonas, Marcelo de Jesus ha dimostrato un'intima conoscenza del repertorio belcantistico, anche se avrebbe potuto sostenere maggiormente i cantanti che affrontavano ruoli così difficili. Il suo lavoro con i fiati è stato ammirevole. Il Coro di Amazonas è stato uno dei punti di forza della serata, soprattutto quello femminile nella scena finale.

La scelta di De Jesus di realizzare l'opera senza tagli merita un plauso, ma sembra essere stata eccessiva per il cast che aveva a disposizione e, di conseguenza, per il pubblico.


 

 

 
 
 

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