L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il barbiere nel cubo

di Giuseppe Guggino

Secondo titolo della stagione del Luglio Musicale Trapanese, Il barbiere di Siviglia rossiniano approda sotto i ficus di Villa Margherita in un nuovo allestimento del giovane Danilo Coppola, con un cast da accademie e concorsi caratterizzato da qualche interessante promessa e la fin troppo compassata direzione di Daniele Agiman.

Trapani, 5 agosto 2023 - La filologia musicale sembra far breccia anche nella Sicilia più recondita se un’istituzione musicale come il Luglio Musicale Trapanese, non sempre attenta alle finezze e che fino a qualche anno fa metteva in scena una Cenerentola ricorrendo a materiali d’orchestra antiquatissimi, si intesta oggi il merito di portare in scena il Barbiere nell’edizione critica di Alberto Zedda, riproducendo i cambiamenti apportati da Rossini per le recite al Teatro Contavalli di Bologna nell’estate 2016, a cinque mesi dalla prima romana.

Brandendo l’arma della filologia potrebbe dirsi che si tratta del “vero” Barbiere, giacché solamente a partire da queste recite – venuta meno la presenza nel cast di Manuel Garcia, creatore del Conte a Roma – l’opera cominciò a circolare col titolo corrente oggidì, anziché come Almaviva, o sia l’inutil precauzione. E la filologia viene in anche in soccorso anche alle istanze diremmo anche di natura più contingente, giacché la versione ridimensiona il peso di Almaviva che a Trapani è il giovane Riccardo Benlodi dal timbro avvenente ma dall’emissione rigida e muscolare nonché dalle agilità alquanto deficitarie. Rossini gli risparmia “Cessa di più resistere” che – non immemore del travestimento in chiave femminile, sperimentato a Napoli nell’aprile 1816 per la Colbran, come aria di Cerere nella cantata scenica Le nozze di Teti e di Peleo – nelle recite bolognesi, opportunamente trasportata, transita a Rosina, impersonata a Trapani dall’interessante mezzosoprano giapponese Sayumi Kaneko, già vincitrice del Concorso Di Stefano. Voce ben educata, per nulla affetta dai vizi tipici delle voci dell’est, anzi sicura di un’ottima e chiarissima dizione, si segnala per un maggior corpo e facilità in acuto (da qui l’abbondanza di variazioni in tale direzione) nonché per la precisione del canto d’agilità, ancorché il peso specifico necessiti di uno sviluppo; onerata dell’appariscente impegno finale, la sua scena della lezione in versione alternativa “La mia pace, la mia calma” è una passeggiata in discesa a confronto dell’originaria “Contro un cor”, con cui condivide solamente la sezione centrale.

Ottime le altre voci maschili, a partire dal sicurissimo Figaro di Diego Savini, allievo dell’Accademia rossiniana di Pesaro, che si rivela sin dalla sfrontata sortita molto più di una giovane promessa. Altrettanto convincente è il Bartolo disegnato da Pierpaolo Martella, allievo dell’Accademia della Scala nonché anch’egli vincitore del Concorso Di Stefano, dal sillabato efficientissimo, appena ancora da affinare in qualche eccesso caricaturale nei recitativi. Mariano Orozco si segnala per la tanto pregevole quanto rara pasta di autentico basso, a cui pare necessitare un affinamento nell’emissione, apparsa non ancora sempre ben ferma. Ottimi infine anche il sicurissimo e spigliato Antonino Arcilesi impegnato quale Fiorello e Sara Semilia che consente a Berta di svettare facilmente nel finale primo.

Che il materiale orchestrale dell’edizione critica non fosse sufficiente a ringalluzzire le masse strumentali del Luglio Musicale lo si capisce sin dalle prime battute della Sinfonia, quando il primo arpeggio del corno è fonte d’un piccolo incidente. Così per tutta la serata il gesto compassato di Daniele Agiman si muove con circospezione e fin troppa cautela; per contro il Coro, istruito da Fabio Modica, agisce con ben più apprezzabile sicurezza.

L’interessante scenografo Danilo Coppola – che per l’occasione si intesta la responsabilità della totalità della parte visiva, fino al disegno luci – risolve brillantemente i problemi di cambio scena fra esterno e interno, pur con la complicazione dello spazio en plein air, ricorrendo ad un tetraedro su girevole manuale. Nella Sinfonia d’apertura impazza un’anticipazione del temporale del secondo atto in cui si fa la conoscenza del tetraedro che sarà la casa di Rosina, con le sue finestre ancorché prive di “gelosie” alle finestre. “Una voce poco fa” farà disporre il tetraedro a favore del suo interno, caratterizzato da scale geometriche e assurdi prospettici à la Escher, realizzati con arredi illusoriamente collocati sempre ortogonalmente alle facce del volume prismatico, anche contro la legge di gravità. Se la chiave scenografica risulta pienamente affine alla scrittura rossiniana il lavoro registico e quello sulle luci, tanto all’interno quanto all’esterno del cubo, sembra indugiare però in qualche ingenuità di troppo, abbastanza estranea alla cifra del Pesarese. Non mancherà al godibile spettacolo in occasione di future riprese, dopo un adeguato lavoro di rifinitura, di diventare da un Barbiere nel cubo a un Barbiere veramente al cubo.


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