L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Mahler, battaglia e incanto

di Alberto Ponti

Robert Trevino entusiasma il pubblico dell’Osn Rai con una mirabile interpretazione della Sesta Sinfonia dell’autore austriaco.

TORINI, 11 maggio 2023 - 'Una sinfonia delle essere un mondo' ebbe a dire una volta Gustav Mahler (1860-1911). Così è anche per la sua Sesta (1903-04), a cui l'appellativo di 'Tragica', affibbiatole da altri e diffusosi a livello di intitolazione solo in tempi abbastanza recenti (lo scrivente ricorda che fino a una ventina di anni fa veniva presentata come 'Sinfonia n. 6' e nulla più), sta in effetti abbastanza stretto. Non perché nella colossale partitura non manchino passi di tesa e vibrante drammaticità, ma piuttosto perché gli stessi convivono con ampie zone di distensione dove, necessario contrappeso, si fanno strada, anche nella concitazione e incandescenza del climax, suggestioni ed emozioni di genere opposto.

D'altronde la convivenza di elementi disparati e in apparenza inconciliabili è un'evidente cifra stilistica del compositore fin dalle sue prove giovanili di liederista.

L'interpretazione che ne dà Robert Trevino alla testa dell'Orchestra Sinfonica Nazionale, in un auditorium Toscanini più affollato e attento del solito, merita di essere ricordata tra gli eventi clou di questa stagione.

Nel primo movimento, Allegro energico ma non troppo, il gesto del direttore appare maggiormente controllato, in alcuni punti quasi trattenuto. Trevino privilegia al contrasto tra il cupo tempo di marcia e la celebre apertura lirica del cosiddetto 'tema di Alma' il senso dell'unità della forma, rafforzato dalla ripetizione dell'esposizione, in ossequio ai dettami della regola classica, caso unico nella produzione sinfonica mahleriana della maturità. Gli interventi dei fiati, legni e ottoni, senza la tenuta dei quali pagine come questa si trasformano in penosi calvari per chi sta dall'una e dall'altra parte del palcoscenico, sono magistrali per intensità, volume e intonazione, senza il minimo segno di cedimento, allo stesso modo della nutrita e complessa campitura delle percussioni, capeggiate da una formidabile coppia di timpanisti.

Nei successivi tre tempi, Trevino raggiunge esiti di alto livello in termini di fraseggio e di fluidità del dettato musicale, con un'attenzione maniacale alle molte indicazioni disseminate da Mahler che sono alla base di una visione personale di profonda suggestione. Lo Scherzo, proposto in seconda posizione in ossequio alla prima versione della sinfonia, si arricchisce così di raffinate sottigliezze nel continuo dialogo tra le sezioni dell'orchestra, dalla dolcezza nostalgica degli oboi ai pizzicati degli archi, ora appuntiti come frecce d'acciaio ora carichi di inesplicabile languore, in particolare nel cuore del pezzo in cui si rasenta spesso l’andamento caricaturale.

E che dire dell'Andante moderato, oasi idilliaca ma intrisa di sotterranei tormenti? Mahler riconduce ad un tutto totalizzante e caleidoscopico influenze di varia estrazione, brandelli di romanticismo al calor bianco, resurrezioni di eroi wagneriani caduti, ricordi concreti di vita vissuta fuor di metafora (i campanacci che risuonavano sui prati della quiete estiva di Maiernigg dove nacque l'opera), indomito spirito ordinatore nel proposito folle e affascinante di ricondurre la complessità del mondo ai righi sovrapposti di un plotone di oltre un centinaio di strumenti. I musicisti dell’orchestra si immergono nella lussureggiante foresta mahleriana come nel proprio elemento primigenio, trasmettendo all’uditorio l’incanto e la meraviglia librati al di sopra della feroce spietatezza dell’esistenza.

Sarebbe troppo facile e riduttivo scorgere nel vastissimo finale, Sostenuto-Allegro moderato-Allegro energico, le premonizioni dei drammi destinati a colpire l’autore da lì a poco: la scoperta della malattia che l’avrebbe portato nel giro di pochi anni alla morte e la perdita della figlia Maria. Nel movimento si agitano, in formidabile e lacerante contrapposizione, le forze positive e negative di ogni parabola umana, personale e collettiva, cui solo agli uomini di genio e talento è consentito dare convincente rappresentazione artistica. La scelta di Trevino ripristina il terzo colpo di martello, poco prima degli ultimi accordi, che il compositore aveva eliminato a partire dalla seconda edizione a stampa lasciando tuttavia facoltà di mantenerlo. L’esecuzione torinese, sotto la bacchetta del principale direttore ospite dell’Osn Rai, emerge per potenza espressiva, eccellente resa dinamica, precisione ritmica al servizio di una capacità narrativa che deriva da un’intrinseca bellezza del suono con pochi eguali nel panorama nazionale.

Ovazioni elettrizzate hanno accolto al termine le prime parti, a cominciare dall’ottetto di corni e poi via via fino ai percussionisti e alle due arpe, in un crescendo di entusiasmo durato alcuni minuti e con ripetute chiamate in scena per Trevino.

Il giovane Alban Berg, dopo averla ascoltata, definì la sinfonia ‘l’unica Sesta’. Il giudizio, a caldo, era dettato certo dall’ammirazione personale per Mahler. Sebbene ingeneroso nei confronti di altri autori, ne comprendiamo il fondamento emotivo dopo performance come quella in questione, di fronte alla quale non si può restare indifferenti.


 

 

 
 
 

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