L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il realismo di Edipo

di Michele Olivieri

L’emergenza sanitaria ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web importanti proposte arrivano direttamente a casa dando una mano alla cultura e un senso di aiuto per ciascuno di noi. L’Opera Nazionale di Bucarest ha trasmesso la versione del Lago dei cigni di Gheorghe Iancu, entrata nel repertorio del teatro rumeno e programmata regolarmente con successo tutti gli anni dal 2008.

BUCAREST, aprile 2020 - Da evidenziare primariamente l’allestimento di stampo metafisico. L’angolatura di Iancu tocca quella parte della drammaturgia che andando oltre gli elementi irreali si concentra sugli aspetti salienti della narrazione, secondo una prospettiva più ampia e ricca di sfumature introspettive. La sua rilettura (da Marius Petipa e Lev Ivanov), ha avuto la première il 19 aprile del 2008 (mentre la prima mondiale originale è avvenuta il 27 gennaio 1895 al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo) è suddivisa in due parti con gli atti I e II della durata di 75 minuti e gli atti III e IV della durata di 70 minuti ambientata alla corte Zarista nei primi anni del Novecento con una realista immagine sul rapporto tra madre e figlio, suggerendo un aspetto edipico.

La storia, ben nota a tutti, qui trova una nuova connotazione: nel giardino del palazzo, durante la sua festa di compleanno, il principe Siegfried legge un libro. È la storia del Lago dei cigni. La Regina Madre gli chiede di mettere da parte il libro e divertirsi con i suoi ospiti. Tra questi c’è Benno, l’amico d’infanzia di Siegfried, accompagnato da due ragazze, che desiderano partecipare alla celebrazione. Benno riesce ad attirare Siegfried nell’atmosfera festosa del palazzo. La Regina Madre ed il principe aprono i festeggiamenti con un valzer. Il maggiordomo annuncia l’arrivo di una giovane principessa, che la regina presenta a tutti come futura moglie di Siegfried, che, al fine di conquistare il trono, deve maritarsi. Siegfried si vergogna, rifiuta la proposta della madre, e i suoi genitori lasciano offesi la festa causa l’ostile atteggiamento. Alla fine della serata, per rilassare l’atmosfera, Benno propone una nuova danza. Gli ospiti lasciano il palazzo e Benno non riesce a convincere Siegfried a proseguire i festeggiamenti. Il principe, colmo di tristezza, desidera restare solo e continua a leggere la storia del Lago dei cigni. In modo impercettibile, entra nel mondo dei sogni, dove conosce lo stregone Rothbart, l’espressione negativa del proprio ego, che lo conduce in una terra fantastica, dove le ragazze si trasformano in cigni. Con il potere che possiede, Rothbart mostra Odette, la principessa dei cigni. Siegfried si innamora di lei immediatamente. All’inizio spaventata, la ragazza presenta il suo triste destino: lei e le sue compagne, trasformate in cigni in potere di Rothbart. L’incantesimo può essere dissipato solo da un giuramento di amore sincero. Siegfried dichiara immediatamente il suo amore eterno, ma Odette teme che non sarà in grado di tenere fede e finirà sotto il potere del male, perché solo un uomo incapace di tradire l’amore sarà in grado di rompere l’incantesimo. Tuttavia, Siegfried giura ancora una volta sull’amore eterno per Odette e la invita alla festa organizzata dalla Regina Madre. Odette afferma che non sarà in grado di recarsi a causa del suo aspetto da cigno, ma promette che sorvolerà il palazzo reale. Il principe le assicura di nuovo il suo amore. I cigni, insieme ad Odette, prendono il volo e Rothbart diventa di nuovo l’alter ego di Siegfried. Alla ripresa della seconda parte Siegfried continua il suo viaggio nel mondo dei sogni che lo trasporta al palazzo, durante la festa della Regina Madre. Qui arrivano ospiti da tutto il mondo e vengono presentati quattro pretendenti provenienti da Ungheria, Spagna, Italia e Polonia. Tutti i partecipanti appaiono sotto forma di uccelli, Benno è incarnato in un pappagallo che anima la festa. Dopo le danze di carattere specifiche per ogni paese, Siegfried si distingue da qualsiasi pretendente, ma i suoi pensieri sono portati anche alla sua amata principessa Odette. La Regina gli chiede di scegliere sua moglie tra le quattro ragazze, ma Siegfried rifiuta di nuovo e non ascolta il consiglio della madre. Improvvisamente, un nuovo ospite arriva a palazzo. È Rothbart, il mago, che accompagna una principessa vestita di nero, di nome Odile, sorprendentemente simile alla bella Odette, alla quale Rothbart prende in prestito le sembianze, attraverso un incantesimo, per ingannare il principe. Siegfried, beffato dall’immagine della giovane donna, la presenta ai cortigiani e a sua madre come futura moglie. Gli ospiti scompaiono. Rimangono solo Rothbart e la Regina Madre, a forma di gufo rosso mentre i due intrappolati nel vortice dell’amore e della seduzione, intrecciano i loro corpi in una danza sensuale. Siegfried e Odile si preparano per il sontuoso matrimonio e l’incoronazione. Durante i preparativi, tuttavia, Rothbart mostra a tutti la vera identità di Odile, il cigno nero, mentre la Principessa Odette singhiozzante, vola via, piangendo il destino e il tradimento del suo innamorato. Rothbart e Odile fuggono e Siegfried si rende conto di aver infranto la promessa d’amore eterno dichiarata a Odette, condannandola per sempre all’incantesimo del mago. Sulla riva del lago, i cigni attendono con impazienza il ritorno di Odette, l’unica che può salvarle dalla maledizione. La principessa dei cigni è lacerata dal dolore e racconta loro il tradimento di Siegfried. Accanto a Odette, i cigni piangono il loro destino. Rothbart, felice del suo successo, ritorna dal povero cigno per nutrire il suo orgoglio, terrorizzando le anime condannate. Sa che Siegfried di lì a poco arriverà per chiedere perdono. Il principe arriva nel luogo in cui si trovano i cigni, in cerca della sua amata, nascosto dagli amici. Colpito dal dolore e con il cuore spezzato dalla tristezza, cade a terra. I cigni si stanno preparando a volare, solo Odette non può staccarsi dal suo amante. Lo perdona e decide di affrontare l’infausto destino con lui. Il genio malvagio incarnato da Rothbart provoca una terribile tempesta per uccidere i due amanti. Quando il loro destino sembra essere senza via d’uscita ingoiato dalle onde tumultuose, Siegfried si risveglia dal sogno... Sì, tutto era un sogno, una forma di immaginazione, e il principe dovrà continuare a desiderare, cercando e trovando il vero amore.

Un ottimo tentativo di superare gli elementi mutevoli, concentrando l’attenzione su ciò che si considera nel “lago” eterno, stabile, assoluto, nel coglierne la struttura e le intenzioni dell’opera originaria in una prospettiva innovativa.

Un plauso al rigoroso corpo di ballo, ai solisti e ai primi ballerini Cristina Dijmaru e Ovidiu Matei Iancu. La coppia protagonista ha strappato ripetuti applausi a scena aperta unitamente a Rothbart (Robert Enache) i quali si sono lasciati ammirare per la complice sinergia. Cristina Dijmaru è risultata un’Odette eterea, bellissima, delicata, drammaticamente dolente con una tecnica sicura e dall’interpretazione raffinata; Ovidiu Matei Iancu è apparso un Siegfried di eccellente musicalità dal carismatico temperamento, dotato di totale pulizia e sicurezza tecnica, doti accompagnate da signorilità interpretativa. I danzatori tutti Anbeta Toromani, Robert Enache, Ryou Takaya, Andra Ionete, Akane Ichi, Valentin Stoica, Akane Ichi, Eliza Maxim, Gabriela Popoviu, Bianca Stoec, Diana Gal, Remi Tomioka, Kana Arai, Ada Gonzalez, Akane Ichi, Bianca Stoicheciu, Ada González, Greta Niță (con la partecipazione dell’Orchestra e del Ballet Ensemble dell’Opera Nazionale di Bucarest) sono risultati preparatissimi dal punto di vista tecnico, capaci di emozionare il pubblico spaziando dalle discipline del classico e del neoclassico con accenti al contemporaneo. L’allestimento, in questa versione, ha acquistato notevole forza ed attrazione grazie alla dimensione metafisica, rarefatta e penetrata da una serenità incantata. Una lode ai costumi particolarmente preziosi, tessuti con gran pregio nella migliore qualità e colorazione di Luisa Spinatelli e alle luci di Camilla Piccioni capaci di infondere successione e ondulazioni alla drammaturgia. Gheorghe Iancu ha saputo concentrarsi sul linguaggio accademico per coglierlo nella sua dimensione oggettivante, con uno sforzo di superamento del sogno stesso dando espressione agli stati d’animo e ai pensieri, rendendo evidente ciò che è da sempre onirico. Calorosa manifestazione di consenso per le splendide variazioni in scena, le grandiose costruzioni geometriche dei cigni, l’irresistibile passo a quattro dei cignetti (in totale sincronia di teste e gambe) e per gli struggenti pas de deux tra il soave bianco dei tutù e l’aria crepuscolare con braccia fluttuanti ed ampissime. La produzione dell’Opera Nazionale di Bucarest, laboriosa e impegnativa sotto il profilo tecnico, ha richiesto all’intero ensemble capacità e forza nel mettere in pratica quel rigoroso studio dell’arte coreutica a cui la scuola rumena ben ci ha abituati. A dirigere l’Orchestra dell’Opera Nazionale di Bucarest l’attento maestro Iurie Florea a sottolineare la tragicità e il romanticismo della maestosa musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij. Iancu ha così voluto lasciare tangibile quella necessità e quella prospettiva di dare vita ad una storia intramontabile con l’indiscusso potenziale accademico nella conservazione della disciplina madre pur con i dovuti distinguo.

Due ore e quarantacinque minuti (con l’intervallo) di appassionata danza in musica dove i pliés, développés, grand fouetté en tournant, tour en l’air, croisé, dégagés, arabesques, battements tendus e pirouette sono stati il tramite per congiungere ‘sogno e realtà’ tra luce e tenebre, in un affresco imperituro sulle punte. Čajkovskij disse “questo balletto è anche una sinfonia” e così si è confermato nell’adattamento del grande ballerino e coreografo rumeno, naturalizzato italiano, nel rimontare il titolo più visto di tutti i tempi, lasciandolo in eredità ai posteri.

 

Foto di Michele Wiles e Artem Spilevski


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