L’Ape musicale

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NOTE DI REGIA

Sì, se fosse una ricetta…”

Per una di quelle strane coincidenze che legano gli eventi più disparati della vita, nella produzione che ho terminato poco prima di arrivare qui a Novara i miei cantanti dovevano cucinare una omelette sotto gli occhi degli spettatori. E adesso eccoci alle prese con un piatto ben più elaborato e preparato niente meno che da Antonino Cannavacciuolo! A pensarci bene, il connubio “opera e cucina” non è poi così stravagante. Il cibo spesso è presente in scena: Le Docteur Miracle di cui sopra, ma anche Tosca, L’elisir d’amore, Cenerentola, tanto per citare i primi titoli che mi vengono in mente. Credo però che questa sia la prima volta che un piatto, il suo inventore e i suoi aspiranti cuochi diventano i protagonisti assoluti di uno spettacolo musicale. D’altra parte ci sono molte analogie tra la preparazione di una ricetta e l’ideazione e la messa in scena di un’opera. Prima di tutto ci sono delle regole da rispettare: i cibi hanno accostamenti “naturali” e altri proibiti; l’opera ha delle convenzioni (o, se preferite, “convenienze”) che non è possibile ignorare. Il vero genio, musicale o culinario, è colui che riesce a dare, partendo da basi prestabilite, un senso di novità alla sua creazione senza per questo destabilizzare le certezze dell’ascoltatore/degustatore. Perché altrimenti oggi definiremmo genio un Mozart, o un Rossini, o un Verdi e non, per esempio, un Cimarosa? O perché voi assistete incantati alle magiche evoluzioni di Cannavacciuolo e vi disinteressate invece di me quando indosso la “parannanza” nella mia cucina (e il mio risotto, vi assicuro, è molto buono)? La risposta è semplice e non credo vada articolata oltre.

Ma, per ritornare alle regole, queste ci sono e vanno rispettate. E mi ha molto confortato trovare, nel frizzante soggetto di Luca Baccolini prima, nel gustoso libretto di Vincenzo De Vivo poi, e infine nella scoppiettante partitura di Valentino Corvino, tutte quelle “convenienze” che hanno reso l’opera un prodotto ricercato e conosciuto in tutto il mondo: duetti, arie, concertati, contrasti, amori, rivalità. Tutto secondo una tradizione riconoscibile, ma resa nuova dall’inserimento di un sapore inaspettato o da un gusto solo all’apparenza incongruente.

La vera sfida, per me, è invece quella di conciliare linguaggi distanti anni luce come quelli del teatro e della televisione. Antonino è ormai un fenomeno mediatico, riconoscibile anche da chi non ha mai messo piede in un suo ristorante o nella sua cucina. Come ricondurlo alle vecchie tavole del palcoscenico, dove non esiste il primo piano, dove si prova un passaggio fino all’estenuazione, dove tutto, per apparire naturale, deve essere in realtà programmato - e quindi artificiale?

È troppo presto per parlare dei risultati – mentre scrivo siamo ancora in prova - ma l’apporto scenografico di Marco Carella, che ha inserito uno schermo televisivo nella realistica cucina che vedrete in scena, e la collaborazione di Umberto Spinazzola, che da regista delle trasmissioni di Cannavacciuolo conosce meglio di chiunque altro la materia, fanno ben sperare per un’ottima riuscita del piatto.

E va reso onore al Teatro Coccia e alla sua Direttrice per aver iniettato quella dose di sana follia che, assieme al cuore, è da sempre l’ingrediente segreto di ogni impresa, piccola o grande che sia.

Roberto Recchia

Le mani

Un grande Chef è in primo luogo un grande artigiano. Intuito, papille, creatività e manipolazione. Da anni lavoro con Antonino e uno degli aspetti che ogni volta mi sorprende è la sua danza quando cucina, quando è ai fornelli. Antonino, a dispetto della sua mole imponente, si muove con una leggerezza totale. E le sue mani, all’opera, sono sempre uno spettacolo. In “Mettici il cuore” abbiamo progettato un impianto video in grado di restituire al pubblico la forza e la bellezza di questa danza. Un grande schermo, posizionato sopra alla sua cucina, racconta la ricetta attraverso un continuo gioco di mani. Mani che tritano, sfilettano, saltano. Mani che amano e rispettano gli ingredienti. Una serie di telecamere seguono la ricetta passo dopo passo, consentendo al pubblico di entrare nel piatto, dall’inizio alla fine. Una grande.

Umberto Spinazzola


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