L’Ape musicale

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Un'ottima annata (anche per la musica)

di Lorenzo Cannistrà

Il 2021 è stato un anno d’oro non solo per le memorabili vittorie nello sport, ma anche per i trionfi dei giovani artisti italiani, che hanno dato lustro al Belpaese affermandosi nelle più prestigiose competizioni internazionali, dal ”Premio Paganini” di Genova al Concorso “Chopin” di Varsavia.

Al netto della recrudescenza del Covid-19 nell’ultima parte dell’anno, il 2021 è stato un anno per molti versi memorabile. Esso ha segnato, anche nell’opinione di chi non è aggiornato sui casi dell’arte, della scienza o dello spirito, il momento del riscatto di una nazione troppo spesso relegata nelle retrovie delle più importanti classifiche internazionali.

Innanzitutto, già il Paese nel suo complesso ha ricevuto degli attestati di stima non indifferenti dalla comunità internazionale per i miglioramenti registrati durante l’anno. Non a caso l'Economist ha incoronato l’Italia “Paese dell’anno 2021” per “un governo migliore, il successo sui vaccini, una nuova competenza politica e una forte ripresa economica”. E scusate se è poco.

Ma a trainare il sentimento collettivo di riscatto sono state forse di più (lo dico con una punta di malizia) le vittorie nello sport. E’ stato infatti obiettivamente difficile stare dietro alla girandola di emozioni e trofei che gli atleti italiani ci hanno regalato nel calcio, nel tennis, nell’atletica, e in varie altre discipline sportive.

Ma ricordiamoci anche di aver vinto un premio Nobel (Giorgio Parisi, per la fisica), e che anche la musica pop ha registrato importanti successi, come la vittoriadei Maneskin all’Eurovision, e il Golden Globe vinto da Laura Pausini.

Già, la musica. E la classica? Con piacevole sorpresa di chi segue il mondo della musica d’arte, l’ondata vincente ha riguardato anche alcuni giovani artisti italiani che si sono battuti quest’anno nelle più importanti competizioni internazionali del momento.

Si tratta di un settore che, ahimè, notoriamente non fa notizia, un po’ come se si stesse parlando di una clamorosa vittoria nella pelota basca. Ma senza addentrarci in una polemica un po’ trita, e limitandoci alla cronaca, segnaliamo che ci è voluta una lettera di Danilo Rossi, prima viola del Teatro alla Scala, indirizzata anche al Capo dello Stato, affinchè il violinista Giuseppe Gibboni venisse invitato proprio da Mattarella al Quirinale per ricevere gli onori dovuti a chi ha vinto – e in maniera decisamente meritata – il “Premio Paganini” di Genova, edizione 2021, uno dei concorsi più importanti al mondo per lo strumento ad arco.

Originario della provincia di Salerno, appena ventenne, Gibboni è stato incoronato dalla prestigiosa giuria presieduta da Sergej Krylov, vincendo anche altri premi minori all’interno della competizione. Una qualità del giovane violinista, che salta subito alle orecchie anche del più smaliziato ascoltatore, è quella riconosciutagli nientemeno che da Salvatore Accardo: la musicalità sincera. Bastano poche battute per capire che difficilmente ci si stancherà di ascoltarlo in concerto, tanto naturale e chiaro è il fraseggio, mobile e duttile come se il violino stesse davvero imitando la voce umana. Tanta chiarezza e sincerità non si perdono neanche nei passaggi più virtuosistici, condotti peraltro con sicurezza da veterano. Una splendida realtà, questo giovane strumentista, che ha già numerosissimi ingaggi, e al quale non è difficile preconizzare una carriera da star del suo strumento.

Da Paganini a Chopin: anche in terra polacca i nostri giovani hanno saputo farsi onore, dopo molti anni in cui al prestigiosissimo Concorso “Chopin” di Varsavia mancava un nome italiano tra i laureati. Il quinto posto di Leonora Armellini suona allo stesso tempo come un risultato di portata storica e tuttavia quasi ingeneroso: la ventinovenne pianista padovana ha mostrato una personalità assai spiccata e riconoscibile, soprattutto in mezzo ai soliti metronomici ed impeccabili orientali (il vincitore, Bruce Liu, cino-canadese, ne è un “fulgido” esempio). Alcune interpretazioni della Armellini (penso alla Ballata op. 52, o alla Polacca op. 53) sono state semplicemente memorabili per la freschezza e, anche qui, la sincerità dell’ispirazione. In questo senso la Armellini, lo dico senza retorica e conscio dei limti di questa espressione, si è fatta portatrice con il suo modo di suonare di una inconfondibile “italianità”. Mi ha favorevolemente impressionato poi l’assenza di remore della pianista a suonare spesso come se fosse in concerto piuttosto che in un concorso, prendendo anche dei rischi notevoli ma ben ripagati da una tecnica rodata, oltrechè del tutto naturale e piacevole da vedere. Di assoluto prestigio, poi, il secondo posto, ex aequo con il giapponese Kyohei Sorita, di Alexander Gadjiev, ventiseienne italo-sloveno. Personalità completamente opposta alla Armellini, Gadjiev ha impressionato per la tensione e l’introspezione delle sue esecuzioni. Sentirlo suonare significa trovare sorprese ad ogni angolo, grazie ad un incessante scandaglio, una continua interrogazione della partitura, il tutto sorretto da mezzi tecnici imponenti, eppur mai esibiti con compiacimento. Gadjiev si è rivelato una sorta di “pianista del futuro”, con un’attitudine all’analisi del testo musicale che ben di rado si può riscontrare in un giovane musicista.

Da Chopin a Liszt: a Budapest, il venticinquenne Giovanni Bertolazzi ha riportato un importante successo con il secondo posto alla prestigiosa “F. Liszt” International Piano Competition, svoltasi, appunto, nella capitale ungherese. Bertolazzi, veronese, già vincitore del premio Alkan edizione 2019, è un pianista solido, oserei dire granitico, capace di suonare le pagine più virtuosistiche di Liszt, oppure veri e propri banchi di prova come la sonata Waldstein di Beethoven e la Wanderer-Fantasie di Schubert (portate insieme, impavidamente, in una delle prove del concorso “Rina Sala Gallo” di Monza, nel 2018) senza versare una stilla di sudore. Come interprete ha ancora dei margini di crescita, attestandosi, per il momento, non oltre una notevole correttezza e un grande rispetto del segno grafico. In ogni caso, la tenuta concertistica perfetta, il gusto musicale sicuro (nonostante la giovane età), e la varietà timbrica che gli deriva da una tecnica di livello superiore, ne fanno uno dei giovani pianisti più interessanti dell’attuale panorama concertistico.

Non si può dimenticare, in questo breve excursus di successi musicali, l’Accademia Bizantina, ensemble fondato a Ravenna nel 1983, votata come seconda migliore orchestra al mondo ai “Gramophone Awards 2021”, e peraltro prima nella classifica delle orchestre europee. Il suo direttore, Ottavio Dantone, lo scorso novembre è stato invitato, insieme ai giovani vincitori di concorsi appena passati in rassegna, dal Ministro della Cultura Dario Franceschini, il quale, preso evidentemente atto delle proteste arrivate dal mondo musicale per la scarsa considerazione di tali vittorie, ha affermato:"Il Paese si mobilita giustamente per le vittorie sportive, ma non abbastanza per dei risultati incredibili e straordinari sul piano culturale, come quelli raggiunti da questi ragazzi".

Questa osservazione, per quanto tardiva e ovvia, rende tuttavia giustizia anche a tutti quei giovani artisti che, sia pur nel piccolo e spesso misconosciuto mondo della musica classica, non hanno ottenuto forse altrettanta visibilità – penso alla straordinaria Serena Valluzzi, quarto posto al Concorso “Busoni” ed. 2021, che ha infuso nuova vita al Ravel di Gaspard de la nuit, con un controllo sopraffino del materiale sonoro e una musicalità alquanto originale. A lei, e a tutti i giovani artisti italiani che si stanno battendo con abnegazione negli agoni concorsuali di mezzo mondo, auguriamo che il 2022 sia un’altra ottima, memorabile, annata.


 

 

 
 
 

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