L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La storia insegue i suoi miti

di Michele Olivieri

Tre titoli rappresentati con successo e approvazione unanime del pubblico accorso in massa al Teatro Arcimboldi: Alors on danse… ! dell’attuale direttore Gil Roman, e due pezzi di Béjart, 7 danses grecques e Boléro, la celeberrima coreografia creata sulla musica di Ravel con protagonista special guest Roberto Bolle, accompagnato dallo straordinario corpo di ballo maschile della Compagnia svizzera.

MILANO 12 maggio 2023–  Dal 1987, anno della sua fondazione, il Béjart Ballet Lausanne è un cardine irrinunciabile nell’ideale coreografico. Gil Roman guida dal 2007 sempre con fermezza e bellezza la compagnia. Successore designato da Maurice Béjart, l’ex danzatore è custode della tradizione lasciata dal maestro e gran cerimoniere di sublimità artistica. Mossi entrambi – Gil e Maurice – dal desiderio di portare la danza ad un pubblico più ampio, la compagnia oggi continua ad esibirsi con successo in tutto il mondo. L’agenda è fitta, nei prossimi mesi saranno ad Anversa, Losanna, Granada, Carcassonne, Vaison-la-Romaine, Martigny, Mézierès, Zurigo, Parigi, Bonn, e nuovamente in Italia, a Bari al Teatro Petruzzelli. In questi giorni, sono giunti a Milano per un evento unico che li ha visti in scena al completo con ospite l’étoile del Teatro alla Scala, Roberto Bolle.

Gil Roman fin dal suo insediamento ha saputo mantenere vivo il repertorio di Béjart, con l’aggiunta di inedite creazioni sue e di altri coreografi internazionali, restando conforme alle origini e al contempo aprendo un varco alla vocazione di preservare il lavoro del suo predecessore, pur dedicando varchi al concepimento di nuove opere.

In apertura di serata, Alors on danse… ! di Gil Roman su musiche di György Ligeti, John Zorn, Citypercussion, Bob Dylan. Una sequela di coreografie, slegate narrativamente tra loro, di matrice neoclassica, le quali hanno in comune la celebrazione della danza come motivo di compiacimento, di divertimento, di soddisfazione. Nella sua totalità, la creazione si divide in un solo, un premier ensemble, due pas de quatre, tre pas de deux, un pas de trois, un pas de six, un pas de deux, e un finale corale. Nelle sette rappresentazioni a Milano il cast è variabile ad ogni serata: ricordiamo Elisabet Ros, Julien Favreau, Jasmine Cammarota, Mari Ohashi, Vito Pansini, Alessandro Cavallo, Hideo Kishimoto, Cyprien Bouvier, Antoine Le Moal, Chiara Posca, Misayoshi Onuki e numerosi altri. Alors on danse… ! gode di un tessuto fresco e rigoroso al contempo, si ispira alla leggerezza del vivere, all’esplorazione delle non-barriere geografiche, fisiche e stilistiche, al recupero della necessità di contatto umano. Il tema appare astratto, ma grazie al movimento, alle pause, alle pose, a momenti ironici, alla perfezione accademica senza trascurare tagli di luce esaltanti e costumi carezzevoli, la forza del brano è insita nell’osservazione del movimento che si traduce in interpretazione emotiva.

A seguire, un brano firmato da Maurice Béjart, 7 danses grecques, creato nel 1983, che ha visto la sua prima a New York sulle musiche create da Mikis Theodorakis (nel cast originale ballava anche Gil Roman, come detto in precedenza l’attuale direttore del BBL ed erede del Maestro). A Béjart non piaceva la definizione “folklore” ma preferiva parlare di “arti tradizionali”. E proprio da questo distinguo nascono i sette quadri (quest’ultimo sostantivo ben si sposa in quanto la danza presentata è ornata con figure e colori, come fossero dipinti di abile fattura). Si parte con una introduzione, un pas de deux, un ensemble des filles, un ensemble des garçons, un altro pas de deux, a seguire un pas de deux con sei garçons, thèmes et variations, un solo, un pas de cinq, e a chiudere il finale con tutta la compagnia. Il coreografo non ha voluto ricreare i balli dal punto di vista filologico come fossero dei reperti, ma ha infuso loro nuova vita prendendo a prestito solo pochi passi della tradizione, e reinventando nel suo stile i restanti con un personale “credo greco”. Per rendere bene l’idea, le 7 danses grecques si presentano come nella forma musicale della fuga, disegnata sullo svolgimento contrappuntistico del tema ed esposta tramite il movimento alla ricerca di ogni possibilità di espressione che il corpo offre alla coreutica. Senza precedenti per spiritualità e fisicità prestata alla scena nel solo, il ballerino Oscar Eduardo Chacón ha saputo staccarsi dalla realtà raggiungendo la perfezione tecnica, espressiva e nondimeno interiore della sua danza. Iconografica la posizione in circolo aperto dove ogni componente si è trovato uno accanto all’altro, lasciando il solista a capo del circolo o a chiusura di esso. I danzatori hanno eseguito le medesime successioni di passi con una serie ritmica ripetitiva fino al termine della musica, dimostrando la loro preparazione con sequenze plastiche complicate e scultoree, secondo l’estro di Béjart. Pur annoverando passi a due, piccoli gruppi o assoli l’idea è quella che le danze presentate possiedano forte carattere e una vocazione collettiva, con rimandi alla storia della civiltà. Gli applausi scroscianti hanno accompagnato gli artisti, con una ovazione meritata per Chacón.

In chiusura di serata, l’attesissimo Boléro su cui sembra essere già stato detto e scritto tutto. Nato da Maurice Ravel, composto su commissione della leggendaria danzatrice della belle époque russa-francese Ida Rubinstein (a lei si deve inoltre la fusione di canto-danza-testo), fino all’apoteosi béjartiana del 1961 a Bruxelles. Stelle internazionali di primo calibro, nel tempo, hanno interpretato la coreografia di Béjart, rendendola via via tra le più famose al mondo. Ognuna delle star precedenti lo ha danzato apportandogli un personale tocco, una intenzione, un dettaglio, un gesto. Roberto Bolle, nel ruolo della melodia (già interpretato in passato sul palcoscenico della Scala), ha riflesso con armoniosa proporzione e imponenza delle forme il ritmo ripetitivo ed insistente della partitura, con il movimento incessante dei restanti diciotto danzatori (nel ruolo del ritmo) che in escalation hanno donato potenza e vigore, sino al raggiungimento collettivo dell’esaltazione.

Applausi e grida da concerto rock, ripetute chiamate alla ribalta, giubilo in crescendo (quasi la musica di Ravel non fosse terminata) a tutta la compagnia, al direttore Gil Roman, ed in particolare a Bolle, per una serata dall’ampio respiro internazionale.


 

 

 
 
 

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