L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Uto Ughi e Bruno Canino

La sostanza dello spirito

 di Roberta Pedrotti

Uto Ughi e Bruno Canino danno una lezione generosa non solo nel concreto della beneficenza, ma anche nel modello esemplare di uno spirito vivace e appassionato nutrito di una professionalità autentica e consapevole.

BOLOGNA, 23 maggio 2017 - Uto Ughi e Bruno Canino per Ant. Un concerto di beneficenza com’è consuetudine ogni anno con grandi nomi nel cartellone del Bologna Festival, e ancora una volta un momento di riflessione non scontata sulla generosità e la dedizione alla musica di questi grandi che, conquistato il loro seggio nell’Olimpo, non celebrano sé stessi, ma si mettono a disposizione del prossimo celebrando la gioia e il piacere di suonare e condividere Händel, Beethoven e Brahms, e con essi la serietà della loro preparazione, della loro professionalità, delle loro carriere.

Come qualche mese fa Salvatore Accardo [leggi] aveva regalato agli allievi del conservatorio la sua esperienza e alla città un sorprendente concerto gratuito, oggi, parimenti, Ughi e Canino regalano alla ricerca e all’assistenza dei malati oncologici la fama autentica e meritata di musicisti solidi e raffinati. E fieri di esserlo, giustamente, come ricordano le sacrosante parole del violinista allorquando si sentì in dovere di puntualizzare sulla distanza fra fenomeni mediatici pseudoclassici e il percorso di studi, esperienze e perfezionamenti che distingue il musicista autentico (non solo e necessariamente interprete del grande repertorio “colto”: non si fa un discorso di graduatorie qualitative fra generi, ma di serietà e impegno, coerenza e consapevolezza in ogni ambito).

Così, forti del loro consolidato affiatamento, Ughi e Canino sono un modello esemplare e ispirano simpatia immediata per quel gusto del suonare insieme che trasmettono al pubblico, sia in  Händel (Sonata n.4 in re maggiore HWV 371), Beehtoven (Sonata n.9 in la maggiore op. 47 A Kreutzer) o Brahms (Sonata n. 3 in re minore op. 108). Proprio in quest’ultimo si apprezzano quei dettagli, quelle fini intuizioni di fraseggio che fanno la differenza anche quando, magari, lo splendore della coppia d’oro della musica da camera italiana risulta un po’ appannata dallo scorrere del tempo. Non è un singolo suono meno sostenuto o penetrante di un tempo a decretare l’interesse di un concerto come questo, ma lo spirito di due grandi musicisti che dopo tanti anni sanno proporsi e riproporsi con lo spirito giusto: senza sconti (il repertorio non è certo di tutto riposo) né esagerare (le durate son ben calibrate), senza trucchi, senza giustificazioni o autocelebrazioni. Musica, solo musica, gioia di far musica, di condividerla e di offrirla per un fine benefico. Senza fronzoli, perché le parole e i fronzoli non servono quando c’è la sostanza che hanno artisti come Ughi e Canino, curiosi, raffinati, colti, esperti, complici.

Lo ribadiscono nei bis, con l’ammiccante Tango di Albeniz e il virtuosismo spericolato della Ronde des lutins di Bazzini, in cui Uto Ughi dà davvero il meglio di sé stasera sotto il profilo tecnico.

Sicuramente c'è bisogno nel concreto dei fondi per iniziative benefiche, ma c'è bisogno anche, come non mai, di toccare con mano il valore e il piacere immateriale ma solidissimo di una competenza autentica, vissuta e coltivata con passione, onestà, serietà, spirito indomito che non conosce il tramonto.


 

 

 
 
 

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