L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

mitsuko uchida e antonio pappano

Dalla Grecia alla Scozia

 di Stefano Ceccarelli

Dopo il suo recital, Mitsuko Uchida si ferma ancora un po’ a Roma, all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, regalandoci un bel concerto col maestro Antonio Pappano: l’esecuzione del Concerto in la minore per pianoforte e orchestra op. 54, quintessenza del concerto romantico, prodotto della penna melodica di Robert Schumann, è un successo. Il concerto è aperto da una nuova composizione commissionata dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Pasquale Corrado, compositore italiano emergente: Solo il tempo. Per coro e orchestra (A Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), che, come si evince dal titolo, è un omaggio ai due magistrati che lottarono contro la mafia, per una Sicilia e un’Italia migliori. Chiude la serata la Sinfonia n. 3 “Scozzese” di Felix Mendelssohn Bartholdy.

ROMA, 20 maggio 2017 – In apertura di concerto, Pappano prende il microfono e spiega la composizione che si appresta a dirigere: Solo il tempo di Pasquale Corrado. Si tratta di una commissione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, in prima esecuzione assoluta, dedicata alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, martiri e simboli della lotta contro la mafia. Pappano spiega di essere affascinato da opere che richiamano ambientazioni primordiali e di subire il fascino di questa composizione per l’uso del greco antico come lingua (a fini, lo vedremo, più eminentemente ‘sonori’ che effettivamente semantici). Corrado scrive una pagina in un linguaggio comune a molta musica del ‘900: atmosfere sfuggenti, fugaci passaggi di strumenti spesso suonati in maniera inconsueta (sfruttandone caratteristiche alternative, per così dire), sonorità sospese, spettrali, lingua antica al posto di una lingua d’uso comune. Si tratta di un threnos greco, un lamento funebre che trae carattere dall’uso eminentemente ‘sonoro’ del greco antico: il coro, infatti, si destreggia in un tipo di canto che è quasi incurante del valore semantico delle parole, ma è tutto concentrato nell’esprimere mistero per la lontananza di alcune articolazioni sonore (che, poi, sono fondamentalmente una nostra proiezione interpretativa su una lingua di cui conosciamo ben poco di come venisse realmente pronunciata). Il testo greco è una parte del discorso, in apertura di II episodio, di Prometeo dal Prometeo incatenato di Eschilo (i versi 440 e seguenti, nella traduzione di Mandruzzato: o i versi di un anonimo Maestro del Prometeo) che ricorda come i suoi doni siano stati dirimenti per far uscire gli uomini da uno stato di ferinità: l’omaggio a Borsellino e Falcone sta nell’immagine di Prometeo come civilizzatore umano e strenuo oppositore al potere costituito (Zeus) in omaggio al progresso della razza umana. Pappano dirige ottimamente una partitura potenzialmente ricca di insidie: la scrittura scivolosa, sempre cangiante, è affrontata magnificamente dall’orchestra dell’Accademia e dallo straordinario coro, che conclude con una lunghissima nota, in un filato mozzafiato, che al termine di qualche secondo di meditazione porta a un sincero applauso, che Corrado viene a cogliere, anche lui, sul palco.

Entra col suo passo felpato Mitsuko Uchida: come nel recente recital, anche qui ha un abito con pantaloni neri e una mantellina trapunta color dell’oro: in programma è l’esecuzione del Concerto per pianoforte di Schumann, la quintessenza del romanticismo maturo per pianoforte. Il I movimento (Allegro affettuoso) esce, semplicemente, stupendo: l’intesa fra i due è ottimale, i momenti di dialogo fra il pianoforte e l’orchestra sono tra i più riusciti, mercé soprattutto la tattile sensibilità del suono della Uchida. Ogni volta che torna, il tema principale è posto con nobiltà, con quel sentimento frammisto a tenerezza e malinconia precipuamente schumanniano. La cadenza è splendida. Il brevissimo Andantino grazioso (I) scorre trasognante, cullandosi fra i suoni che si passano il pianoforte e l’orchestra, carezzandosi. L’ultimo (Allegro vivace) viene vivacizzato dalla tecnica scultorea con cui la Uchida suona il tema principale, eroico quanto basta. Pappano, come in tutto il concerto, dirige magnificamente la partitura: la performance è un successo. La Uchida lascia la sala, dopo un brevissimo bis, fra gli applausi degli astanti.

La seconda parte del concerto vede Pappano impegnato nella direzione della Scozzese di Mendelssohn. Ottima l’agogica che l’italo-americano sceglie di impostare nel I movimento: l’alternarsi frequente di aree di riposo a momenti d’intensa drammaticità impone lo sforzo di mantenere tensione e colori sempre vivi (a quanto ci dice Mendelssohn stesso, questo movimento potrebbe essere ispirato dalla vicenda dei supposti amori fra la Stuarda e del liutista Rizzio, sua segretaria particolare, morto crudelmente assassinato dai protestanti scozzesi). Del Vivace non troppo (II) Pappano esalta quella florida scrittura degli archi che ricorda da vicino uno dei capolavori di Mendelssohn, le musiche per lo shakespeariano Midsummer Night’s Dream; è molto abile a rendere materia viva l’Adagio (III) anch’esso drammatico, come il I movimento, che non rifugge certo da diverse climax sfocianti in momenti d’intensità inusuale per l’ethos di movimenti come questo: l’orchestra suona magnificamente, i timbri sono omogeneamente amalgamati in momenti anche di grande impatto e potenza. La Scozzese ha un finale di eroici slanci: slanci però coreutici, dal sapore popolareggiante, quasi. Molto belli e ben diretti i momenti di stasi vaporosa degli archi riempita da un lamento dei fiati. Con slancio e nobiltà e una certa solennità Pappano chiude la sinfonia. Grandi applausi, meritati. 


 

 

 
 
 

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