L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Un «concerto» di centoventi professori

 di Alberto Ponti

Truls Mørk e Juraj Valčuha a Torino per Schumann e Richard Strauss con l'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.

TORINO, 15 gennaio 2016 - La Sinfonia delle Alpi (1915) di Richard Strauss è una delle opere del repertorio sinfonico che, assieme a poche altre, richiamano alla mente il titolo del racconto di Carlo Emilio Gadda Un «concerto» di centoventi professori. È, infatti, evento raro assistere a un tale dispiegamento di mezzi sul palcoscenico di una sala da concerto, tra il piacere quasi infantile di chi si diverte a contare uno a uno gli esecutori e di chi invece occhieggia gli angoli in cui si sono sistemati i campanacci, la macchina del vento e gli ottoni fuori scena.

Concepito quale resoconto di un’escursione alpina lungo un'intera giornata dalla notte che precede l’alba fino al tramonto e nuovamente alla notte successiva, l’imponente affresco è uno dei banchi di prova più temibili per qualsiasi orchestra perché, a dispetto dell’immenso organico richiesto, la scrittura di Strauss non procede quasi mai per blocchi omogenei di suono ma è estremamente duttile e virtuosistica nei confronti di tutti gli strumenti. Basti pensare, tra i tanti esempi, agli archi divisi in più parti per creare il quadro notturno che apre e chiude la sinfonia, oppure al frullato dei flauti nelle battute che precedono lo scoppio del temporale durante la discesa dalla vetta, la cui conquista costituisce il punto culminante dell’opera.

Juraj Valčuha, splendidamente sostenuto dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, si districa molto bene nell’impegnativa partitura con una lettura lucida e analitica, molto attenta a calibrare e bilanciare il peso dei diversi gruppi strumentali per evitare che rimangano sommersi in un’unica marea orchestrale. Il pregio maggiore dello slovacco, tra i migliori direttori della sua generazione, ricambiato delle sue fatiche con lunghe acclamazioni da un pubblico per l’occasione partecipe e numeroso, è quello di fornire un’interpretazione che va molto al di là della pura musica a programma, restituendo all’ascolto in tutta la sua problematicità un lavoro che ebbe una lunga gestazione anche se composto per la maggior parte nel 1915. Richard Strauss, impareggiabile orchestratore fin dall’adolescenza, percepì chiaramente che, nel campo della musica puramente strumentale, aveva dato le sue prove migliori nei poemi sinfonici della giovinezza e della prima maturità (da Don Juan a Don Quixote), tanto da volgersi, col mutare del secolo, in prevalenza ai lavori per il teatro. La Sinfonia delle Alpi, che segna il suo ritorno allo stesso genere più di dieci anni dopo la Sinfonia domestica, è anche una sorta di riflessione sul grandioso passato dell’Ottocento tedesco, di cui il compositore stesso sapeva di essere l’ultimo rappresentante, avviato al tramonto negli anni dell’esplosione delle nuove avanguardie musicali. Valčuha, nonostante i passi eroici e grandiosi di cui l’opera è disseminata, accenna bene a questo senso di intimo struggimento, già anticipatore di future, estreme pagine straussiane (su tutte i Vier Letzte Lieder), di rimpianto per un mondo che sta per essere spazzato via da una guerra senza precedenti destinata a sconvolgere la vecchia Europa.

Nella prima parte della serata si è invece ascoltato il celebre Concerto per violoncello e orchestra in la minore op. 129 di Robert Schumann (1810-1856), con solista il norvegese Truls Mørk. Dotato di un suono caldo, morbido e rotondo, perfetto sulla carta per il lavoro schumanniano, enfatizzato dal prezioso strumento Domenico Montagnana del 1723, il violoncellista ha compiuto la scelta leggermente spiazzante di tempi assai dilatati che finiscono per penalizzare un’opera che nasce sotto un’unica, immediata arcata creativa. Ne è sortita un’esecuzione comunque pregevole, di profondo scavo introspettivo su un concerto dal gesto mai plateale e poco virtuosistico, con i due tempi estremi a incorniciare un sognante Lied che risuona in un incanto sospeso dal tempo.


 

 

 
 
 

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