L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Péchés de jeunesse

 di Giuseppe Guggino

Gioachino Rossini

Vol. 8 – Musica da camera e rarità 1 – 1 cd: 79’ 21’’

Alessandro Marangoni (pf), Massimo Quarta (vl.), Enrico Dindo (vc.), Ugo Favaro (corno),

Lilly Jørstad (Ms.), Bruno Taddia (Br.), Ars Cantica Choir, Marco Berrini (dir.).

1 cd – 8.573822. Registrato a Ivrea il 27-28 marzo, 18 aprile, 8 e 25 luglio e 25 settembre 2017.

Vol. 9 – Musica da camera e rarità 2 – 1 cd: 67’ 59’’

Alessandro Marangoni (pf),

Laura Giordano (S.), Alessandro Luciano (T.), Bruno Taddia (Br.).

1 cd – 8.573864. Registrato a Ivrea il 18 aprile 2018, 24 maggio 2017 e a Firenze l’1 dicembre 2017.

Vol. 10 – Musica da camera e rarità 3 – 1 cd: 67’ 19’’

Alessandro Marangoni (pf),

Giuseppina Bridelli (Ms.).

1 cd – 8.573865. Registrato a Ivrea il 27-29 luglio 2017.

Vol. 11– Musica da camera e rarità 4 – 1 cd: 62’ 14’’

Alessandro Marangoni (pf),

Laura Giordano (S.), Maria Candela Scalabrini (S.), Giuseppina Bridelli (Ms.), Cecilia Molinari (Ms.), Alessandro Luciano (T.), Bruno Taddia (Br.), Vittorio Prato (Br.).

1 cd – 8.573964. Registrato a Ivrea il 30 luglio 2017, 26 ottobre 2017 e 8 gennaio 2018.

Interviste, Alessandro Marangoni

La ricorrenza del 150° rossiniano deve aver impresso nella Naxos una significativa accelerazione al progetto discografico sui Péchés de vieillesse intrapreso con Alessandro Marangoni al piano già a partire dal 2006, con l’incisione allora dell’intero Album de Chaumière e che aggiunge in questo 2018 ben quattro nuove uscite, segnando così quasi il completamento del piano dell’opera. Rispetto alle altre integrali (più o meno) delle opere pianistiche rossiniane, il progetto della Naxos ha voluto essere più radicale, con l’inclusione anche dei pezzi con altri strumenti e del copioso corpus di numeri canto e piano, oggetto proprio dei cd di ultima pubblicazione.

La natura disomogenea delle raccolte di pezzi (o almeno di quelle non esclusivamente pianistiche), organizzati da Rossini stesso in maniera meticolosa e non esente da ripensamenti, deve aver creato non pochi problemi all’intraprendente ed ormai quasi enciclopedica label cinese, nel radunare i vari solisti necessari all’incisione degli album nella loro organicità, sicché ognuno dei quattro cd ospita numeri provenienti da diverse raccolte, oltre a qualche numero inedito non catalogato.

In particolare il Vol. 8 raduna tutta la musica per piano ed altri strumenti, oltre alla cantata Giovanna d’Arco eseguita da una Lilly Jørstad, un poco intimorita dagli ingombranti termini di paragone cimentatisi nella pagina, dalla Horne in giù; per il resto Alessandro Marangoni si presenta in compagnia di strumentisti di prim’ordine. Non si potrebbe infatti chiedere di più al violino di Massimo Quarta, impegnato nel Mot à Paganini e altre due brevi brani di più raro ascolto resi in tutto il loro carattere brillante, né si potrebbe immaginare un Gaetano Braga – cellista grande amico di Rossini, suo corrispondente epistolare ed abituale ospite delle soirées chez lui – più vario e funambolico di Enrico Dindo nel tema e variazioni Une larme piuttosto che nel romantico Agitato dagli Altri Péchés, versione strumentale di quel Roméo per tenore e piano di cui, nel secondo dei quattro cd, Alessandro Luciano fornisce una lettura muscolare. Difficilissimi sono poi i ribattuti di Prélude, thème et variations dal Vol. IX che il corno di Ugo Favaro esegue con ammirevole esattezza. Il percorso recupera poi la Tarantelle purosangue de l’Album de Chaumière, che Marangoni aveva già inciso col solo pianoforte e qui recupera con l’apporto dell’harmonium per la processione figurata, affidata all’Ars Cantica Choir preparato da Marco Berrini. La presenza del baritono Bruno Taddia impegnato nel fugace Metastasio e nel patriottico Ultimo pensiero introduce gli altri tre cd singoli, dedicati ai pezzi canto e piano, nei quali gli si affiancano altri giovani colleghi, ancorché tutti usuali frequentatori del Rossini operistico. A Taddia spetta anche una curiosa intonazione musicale della firma di Rossini (Vol. 11, ultimo track) – chiaramente una boutade del Pesarese – assieme a uno dei numeri più seri e intimi, quale è l’addio ad Olympie (scritto da vivo) dell’ultimo saluto dell’Album italiano (Vol. 9, track 17), dove l’interprete è tradito po’ dall’emozione nella mezza voce iniziale e finisce col caricare troppo il fraseggio in chiusura. Più convincente nella corda baritonale risulta Vittorio Prato che duetta bene col già citato Luciano nello strofico Complainte à deux voix dall’Album français (Vol. 11, track 4).

Stante la scrittura essenzialmente centrale dei Péchés vocali, un numero prevalente di essi è affidato alla corda mediosopranile, nell’incisione affidata quasi totalmente a Giuseppina Bridelli, addirittura unica solista in uno dei cd (Vol. 10) che propone plausibilmente e senza effettazione, anzi talvolta forse con troppa inerzia di fraseggio, i brani più noti dell’intero corpus (i tre numeri della Regata in veneziano, La chanson de Zora, La chanson du bebe, etc.), alcuni dei quali già cavalli di battaglia concertistici della Bartoli.

Laura Giordano e Maria Candela Scalabrini si dividono i numeri per soprano (Vol. 9 e Vol. 11), la prima, sempre impegnata a solo, cui non potrebbe difettare una pregnante realizzazione della Grande coquette (Vol. 9, track 4) o di qualche Mi lagnerò (Vol. 9, track 6 e Vol. 11, track 16 e 17), oppure ancora la duplice intonazione della Tirana in italiano (Vol. 9, track 1) e in francese (Vol. 9, track 7), la seconda chiamata invece a duettare con la Bridelli (in un pezzo donato da Rossini alle sorelle Marchisio – Vol. 11, track 2) o con Luciano in un curioso Nocturne (Vol. 11, track 3)con evidenti assonanze della parte tenorile con il duetto dello svenimento di Elisabeth de Valois e Don Carlos, rappresentato a Parigi nel medesimo anno

È con Cecilia Molinari, mezzosoprano dal timbro privilegiato e dal legato molto accurato, che si toccano i momenti più alti dell’integrale; se non particolarmente problematica sulla carta è la lettura dell’Ave maria su due note (Vol. 11, track 1), non altrettanto scontato è renderne il pathos, così come le riesce. E sull’Amour à Pékin è inevitabile il riascolto ripetuto, per un buon numero di volte, senza mai stancarsi: e non solo perché si tratta di una delle cose più belle mai uscite dalla penna di Rossini.

Dell’architrave portante di questa integrale, Alessandro Marangoni, va detto che ormai da molti anni ha imbroccato la strada giusta per l’esecuzione di questi pezzi che passa ineludibilmente dalla conoscenza del contesto biografico e d’uso nel quale furono scritti. Oltre ad averli analizzati in un compiuto scritto (Guida edizioni), ne sa rendere con discrezione, arguzia e tocco calibrato, pur senza il ricorso a strumenti d’epoca, tutte le sfumature e gli effetti con parco uso del pedale, cosa che Rossini apprezzava nel pianismo del giovane Diémer, il prediletto fra gli esecutori delle soirées. Probabilmente oggi il favore per Diémer non sarebbe così incontrastato.


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