L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Edulcorando la Storia

di Michele Olivieri

Con successo la stagione di danza del Municipale di Piacenza è proseguita con uno dei titoli più amati del repertorio classico sulle storiche coreografie di Petipa-Ivanov, riprese nella versione di Alexey Fadeechev e della direttrice Nina Ananiashvili.

PIACENZA, 4 febbraio 2024 – Partiamo dal finale. Nell’intento della direttrice del Balletto dell’Opera di Tblisi in comune accordo con il coreografo si è scelto di chiudere l’Apoteosi con un lieto epilogo. Ciò è dato dal fatto che in un momento così costellato da nefaste brutture che attanagliano l’umanità il pubblico desideri leggerezza d’animo e un’atmosfera da “vissero felici e contenti” dove il bene sconfigge il male. Storicamente ciò non è errato da un punto di vista filologico in quanto il Lago ci ha abituati nel tempo a differenti chiusure narrative (a differenza di altri titoli storici). Basti pensare che la produzione del 1895 terminava tragicamente con la dipartita dei due protagonisti. In un secondo tempo vennero riuniti idealmente da un’apoteosi celeste. Ma la conclusione nelle riprese successive a quella originale di Petipa-Ivanov fu rivista, alcune con finale drammatico a fronte di altre con finale gioioso. Infatti queste ultime vennero pensate al tempo dell’Unione Sovietica per ideologizzare il trionfante pensiero eroico. Il primo coreografo che introdusse il lieto fine fu il lituano Asaf Messerer. Da questa ridente conclusione ne nacquero ulteriori con un cambio di azione, ma pur sempre scritte in chiave ottimistica a simboleggiare il potere della vita. Alcune risultarono semi-tragiche, altre più filosofiche, altre ancora di matrice metafisica. Forse oggi un finale così bene augurante può risultare stucchevole perché l’immaginario collettivo è radicato in quello drammatico, dove il ricongiungimento dei due amanti può avvenire solo in forma spirituale. A suffragare questa tesi basti pensare che una delle versioni più accreditate dalle maggiori compagnie internazionali è quella di Rudolf Nureyev in cui il malvagio Rothbart infiamma una tempesta sul lago dove Siegfried viene sommerso dalle acque, lasciando la fragile Odette e le sue compagne vittime imperiture del sortilegio.

L’accurato adattamento visto a Piacenza è firmato da Alexey Fadeechev, a lungo partner artistico della grandiosa étoile Nina Ananiashvili (presente in platea) che debuttò professionalmente proprio con il Lago al Bolshoi e diede l’addio alle scene con il medesimo titolo all’American Ballet Theatre, oggi autorevole direttrice della compagnia georgiana, con assistenti alla coreografia Tatiana Rastorgueva e Ekaterina Shavliashvili. I primi tre quadri sono stati reinterpretati da ciò che rimane dall’originale di Petipa-Ivanov su libretto di Vladimir Begichev e Vasil Heltzer, mentre il quarto è totalmente nuovo. Ridotto in termini di durata, il “balletto dei balletti” conserva nitido il filo espositivo. La mancanza dell’orchestra dal vivo come sempre toglie un po’ di emozione, ma dal momento in cui si è alzato il sipario la compagine di Tblisi ha fornito una lodevole interpretazione dell’arte di Čajkovskij anche attraverso la registrazione.

La scenografia di Vyacheslav Okunev con i fondali dipinti di antica memoria è risultata funzionale e di buon impatto estetico a rinsaldare il più tradizionale degli spettacoli, restituendo l’ambientazione regale per gli atti primo e terzo, un ambiente ombroso e naturalistico per gli atti secondo e quarto. I costumi sono stati riprodotti magnificamente con fogge e tessuti di pregio, colori accesi e dettagli di gran gusto come l’immancabile copricapo a fascia piumata divenuta l’acconciatura di riferimento delle creature-cigno.

Il primo quadro (come in seguito la variazione del cigno nero) ha patito qualche debolezza improvvisa per via della pendenza del piano scenico del Municipale particolarmente inclinato in avanti. Era infatti d’uso nel passato - soprattutto per i teatri all’italiana - istituire un declivio variabile in percentuale per offrire maggiore visibilità al pubblico. Ciò - complice le poche prove sul palco essendo la compagnia giunta a Piacenza nel fine settimana - ha creato qualche inesattezza tecnica non certo dovuta a mancanza di preparazione accademica. Fatta questa doverosa premessa a beneficio di chi non conosca i principali elementi che concorrono alla “macchina teatrale”, lo spettacolo ha affascinato con una produzione all'altezza del titolo capolavoro.

Il principe Siegfried, interpretato dal giovane primo ballerino Daler Zaparov, ha irradiato una fortezza d’animo supportata da passi e seguiti sia a destra sia a sinistra in perfetta interfunzionalità e polivalenza. Un unico appunto si può muovere a una leggera mancanza di contrasti espressivi che distinguono i vari atti. L’assolo di Benno, ballato da Papuna Kapanadze, è risultato completo con i suoi salti ben eseguiti, i coupé velocissimi, il forte slancio da terra e le sospensioni in aria. Le due cortigiane sono state ballate da Mariam Eloshvili e Nino Khakhutashvili con delicata presenza. L’introduzione di Nino Samadashvili nei panni di Odette è risultata mozzafiato e il pubblico si è presto reso conto della sua tecnica cristallina e dell’alchimia tra lei e Daler Zaparov. La loro chimica effusiva nei passi a due è risultata lirica, ma come da copione nel primo incontro viene presto interrotta da Rothbart, interpretato in modo maestoso e teatrale da Marcelo Soares. La sempre attesa variazione dei petits cygnets è stata ineccepibile riscuotendo unanimi consensi. Quest’ultima è una danza estremamente difficile da perfezionare poiché coinvolge quattro ballerine che avanzano all’unisono mentre sono unite tra loro; i pas de chat nel tipico movimento saltato che imita il salto del gatto unitamente agli emboités en avant e en arrière, i piqués, i contre-temps, in sincronia con i gesti del capo hanno superato la prova. Odette negli assolo merita una menzione d'onore perché tecnicamente rilevante nell’estendere le linee e nell’eseguire i portentosi fouettés nel “grand pas de deux”, dando prova di ricco virtuosismo e solido controllo. Le danze nazionali: czardas ungherese, danza spagnola, danza napoletana e mazurka polacca hanno portato colore e folklore, eseguite come vuole la tradizione quale pausa dalla disciplina classica. Mentre la minacciosa Odile entra nella sala da ballo per la festa di fidanzamento, le sostenute abilità di Nino Samadashvili vengono poste in brillante mostra. Interpretare due personaggi estremamente contrastanti come la delicata Odette e la seducente Odile (seppur entrambe alla ricerca dell’amore) richiede potenza e assoluto controllo psico-fisico, oltre alla mera tecnica. La quarta scena termina con intensità, mentre il principe Siegfried ingannato precedentemente dal perfido Rothbart trova il riscatto nel lieto fine, le fanciulle-cigno (Ekaterine Makhachashvili, Salome Iarajuli, Elene Gaganidze, Nino Makhashvili, Ana Ksovreli, Tatia Isakadze, Sesili Guguchia) si muovono con impalpabilità proteggendo la principessa Odette che ritrova le sembianze umane per ricongiungersi all’amato. Da segnalare inoltre il portamento sontuoso di Ina Azamaiparashvili nel ruolo della Regina Madre e la caratterizzazione di David Ananeli nei panni del Maestro di Cerimonia. A conclusione il pubblico (accorso in massa al Teatro Municipale regalando il sold-out e liste d’attesa al botteghino) ha tributato entusiastici applausi alla numerosa compagnia georgiana a riconferma che il Lago con i suoi romantici atti bianchi è fulcro emotivo del grande repertorio, nel quale è fondamentale un unico ingrediente: la disciplina.

Michele Olivieri


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