L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Quarant'anni alla Staatsoper

 di Andrea R. G. Pedrotti

Leo Nucci festeggia a quarant'anni dal suo debutto a Vienna con un recital che ripercorre alcuni personaggi chiave della sua carriera.

VIENNA, 13 marzo 2019 - Con un recital solistico che ripercorreva alcuni dei principali ruoli che hanno caratterizzato la sua lunga carriera di artista, Leo Nucci si presenta con il pianista James Vaughan alla Staatsoper in occasione dei quaranta anni dal debutto sul palcoscenico viennese come Figaro in Il barbiere di Siviglia.

In un programma dominato da Giuseppe Verdi, il primo omaggio, dunque, va a Gioachino Rossini e alla cavatina di Figaro. Da Rossini a Puccini con “Era uguale la voce?” da Gianni Schicchi, ed è proprio da questo momento che Nucci si conferma mattatore del palcoscenico, non solo per la burla di indossare un grande naso finto, ma per la capacità di fraseggio e di una mimica capace di richiamare appieno il gusto toscano in generale, fiorentino in particolare.

Ultimo appuntamento con il Belcanto, e primo brano serio, è “Cruda funesta smania” da Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti. Sicuramente il baritono italiano è capace di offrire il meglio di sé in Giuseppe Verdi ed è proprio a partire dall’esecuzione di “Eri tu” (recitativo compreso) da Un ballo in maschera che l’accentazione, il carisma e la precisione musicale si manifestano ancor più decise. Prima d’un breve intervallo è ancora Verdi a farla da padrone con l’aria di Monforte “In braccio alle dovizie” da I vespri siciliani, sicuramente il brano meglio riuscito, fino a quel momento, dell’intero concerto.

Dopo l’intervallo è interessante l’idea di inserire il Prologo da Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, opera a cui abbiamo assistito pochi giorni or sono nella stessa sala [leggi la recensione].

Solo Giuseppe Verdi d’ora in poi, con "Di provenza il mar, il suol" da La traviata, "Il balen del suo sorriso" da Il trovatore e il momento più alto dell’intera serata, ossia “Per me giunto… Oh Carlo ascolta” da Don Carlo. È qui che Nucci offre il meglio del suo incredibile bagaglio tecnico ed espressivo, che gli ha consentito, nella sua lunghissima carriera, di mantenere una notevole solidità vocale. La policromia del suono è eccellente, così come la ricchezza del fraseggio. Nucci riesce a eseguire delle mezze voci dall’emissione imperfettibile, fino a dispiegare la voce con filati talmente sicuri da far pensare che l’anagrafe menta, se non fosse per la prova delle innumerevoli produzioni documentate, qui a Vienna e nei maggiori teatri del mondo.

Commiato dal programma regolare è “Cortigiani, vil razza dannata”, anche perché Rigoletto, ruolo iconico dell’intera carriera di Nucci, non poteva assolutamente mancare in un suo concerto solistico.

Fra i bis, è bene citare una rarità, perlomeno con Nucci come interprete, cioè l’aria di Francesco Moor da I masnadieri.

Festa conclusiva per il Solistenkonzert di Leo Nucci, con la dirigenza della Wiener Staatsoper sul palcoscenico a omaggiare l’artista con la locandina della sua prima interpretazione viennese, incorniciata a perpetuo ricordo.

Al termine convenevoli (in un misto di italiano e tedesco) e grandissimo entusiasmo per un cantante che ha già sicuramente scritto un’ampia pagina di storia per il mondo dell’opera lirica.

foto Wiener Staatsoper / Michael Pöhn


 

 

 
 
 

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