L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Et lux facta est

 di Stefano Ceccarelli

L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia porta in scena Die Schöpfung di Haydn, diretta da Manfred Honeck; le voci soliste sono: Robin Johannsen, Maximilian Schmitt e Tareq Nazmi. La serata è un successo.

ROMA, 11 gennaio 2020 –L’ultima volta che il pubblico dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha potuto godere di Die Schöpfung è stato nel 2015, quando a dirigerla fu Orozco-Estrada (leggi la recensione). Come tutti gli oratori di Franz Joseph Haydn, Die Schöpfung è una costruzione musicale che coniuga bellezza melodica e sublime architettura formale: ascoltarla dà un senso di pienezza, quasi uno spaginare il mito della Creazione attraverso le floreali evocazioni musicali che Haydn compose, evidentemente influenzato da Haendel. Sul podio v’è Manfred Honeck, un habitué della Sala Santa Cecilia. Direttore stabile della Pittsburg Symphony Orchestra, che ha condotto a un notevole livello, Honeck è certamente conosciuto per le sue letture del repertorio tardo-romantico e primo-novecentesco, ma evidentemente ama fare incursioni anche in un epoche differenti. La sua interpretazione dell’oratorio è solida, uniforme, sì attenta a far emergere le voci, ma senza coprire le continue invenzioni haydniane, più o meno celate nel tessuto dell’orchestra. L’impostazione agogica è solida e pulita, priva di effetti sterilmente impressionistici, volta a far ‘cantare’ questo capolavoro di Haydn. L’orchestra è straordinaria e segue fin nei minimi dettagli l’idea di Honeck e la partitura di Haydn, arrivando a momenti di incredibile qualità sonora. Potrei citare, a mo’ di esempio, almeno l’iniziale «Die Vorstellung des Chaos», dove l’orchestra e Honeck danno prova di acuta sensibilità al gioco delle cangianti tonalità impostato da Haydn in questa evocazione sonora del Caos primigenio, come pure dei volumi e degli sbalzi agogici concorrenti, appunto, all’idea di un caotico magma. Honeck è, però, sensibilissimo anche a cogliere quei momenti in cui Haydn annida nell’orchestra evocazioni di elementi naturali, come le pesantezze orchestrali durante la descrizione della divisione delle acque (recitativo di Raphael, n. 4); o le delicate allusioni al verso degli uccelli negli squarci edenici dell’aria di Gabriele («Auf starkem Fittiche»).

Il coro merita una menzione d’elogio per una performance, al solito, straordinaria. In realtà, in Die Schöpfung il coro non interviene massicciamente, ma la qualità musicale di sezioni come gli interventi in «Die Himmel erzählen die Ehre» fanno gioire le orecchie. I solisti si distinguono per ottime interpretazioni, pur con diverse qualità intrinseche. Robin Johannsen, che interpreta i ruoli di Gabriele ed Eva, pur non dotata di un ragguardevole volume, possiede però una voce aggraziata; sa, inoltre, cantar bene, padroneggiando magistralmente non solo la linea dolcemente legata del canto (come in «Nun beut die Flur das frische Grün»), ma anche le fioriture, gli arabeschi turgidi di «Auf starkem Fittiche schwinget sich». Nel duetto finale, in cui interpreta Eva, canta deliziosamente. Maximilian Schmitt (Uriele) è tenore dal mezzo solido e dallo squillo argentino, capace di modellare la voce a tutte le sfumature richieste dalla scrittura riccamente operistica di Haydn. In tal senso, oltre alla smagliante lettura dei recitativi, che costituiscono il nerbo di questo oratorio, vorrei ricordare l’aria «Mit Würd’ und Hoheit angetan», di cui Schmitt coglie la melodiosa ieraticità. Infine, il basso Tareq Nazmi (Raffaele e Adamo). Nazmi possiede un mezzo vocale ragguardevole per potenza e squillo, seppur potrebbe, forse, migliorare talune morbidezze, come per esempio in tutto il duetto finale con Eva – che riesce, comunque, godibilissimo in toto. Le sue due arie, «Rollend in schäumenden Wallen» e «Nun scheint in vollem Glanze», la prima turbinosa e tempestosa, la seconda dal piglio nobilmente sostenuto (puntata dagli effetti degli animali via via nominati nel canto), riescono magnificamente.

Insomma, un’ottima serata di musica, coronata da applausi per tutti. Ora è bene che la direzione artistica dell’Accademia valuti seriamente, magari nei prossimi anni, di presentare Die Jahreszeiten, per completare il dittico dei due straordinari oratori di Haydn.

foto Musacchio Ianniello e Pasqualini


 

 

 
 
 

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