L’Ape musicale

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Roma, Orchestra senza direttore

RAI da ROMA, 18 dicembre 2022 - Che un'orchestra, soprattutto in certo repertorio e con organico ridotto, possa far da sé con il riferimento di una buona spalla non è cosa ignota o stravagante. Balza semmai all'occhio quando non è ufficializzata ma sul podio qualcuno si presenta.

Il concerto di Natale in Senato è un appuntamento istituzionale più che prettamente artistico, si sa, tuttavia, al netto di qualche caduta di stile (ci sono passati pure Allevi, Bocelli e Il Volo) ha mantenuto un livello medio alto negli ospiti e negli intenti, sicché anche quando non c'erano Muti o Maazel, Accardo o Gergiev, si trattava spesso di programmi significativi, per esempio con l'orchestra dei conservatori o il coro Mani bianche. Dunque, senza entrare in nessuna delle questioni extramusicali già sviscerate e sviscerabili nell'universo e in altri siti, ci concentriamo sul programma trasmesso in diretta tv da palazzo Madama, il tipico caso in cui si percepisce evidente la separazione fra la spalla dell'orchestra e il podio.

Prendiamo ad esempio la Sinfonia di Giovanna d'Arco di Verdi, in cui subito si nota la separazione fra il gesto direttoriale e quello orchestrale, soprattutto quando da una parte si vedono mani e bacchetta ondeggiare in un unico continuo movimento legato mentre gli archi evidenziano invece un'articolazione tutta staccata, oppure una gestualità più descrittiva sulla musica (anche nel viso, con le gote che si gonfiano sull'attacco dei tromboni) che presente nella musica. Il gesto non è causa del suono effettivo, semmai il contrario, ma anche così sempre sfasato in un'oscillazione fra ampiezza danzante e piccoli scatti che però non corrisponde a quella che è la reale articolazione. Allora, anche senza conoscere lo stile di Marco Mandolini, ottima spalla dell'Orchestra Haydn abituato anche a concertare programmi senza direttore, pare ovvio e naturale a chi osservi e ascolti con attenzione che si tratta di un'ottima prova di “orchestra con il pilota automatico” che si dà un tempo e si coordina con affiatamento e professionalità. Tant'è vero che, nella sostanziale correttezza esecutiva, quel che manca è proprio il quid che fa la differenza nella concertazione: uno scavo nella dinamica, nel colore, nell'accentazione che confermano un vuoto di vera personalità e autorevolezza sul podio anche al netto della trasmissione in streaming (ma la qualità della compressione audio di Rai1 soprattutto via web è superiore a quella di Rai5 da cui comunque questi elementi restano comprensibili).

Un discorso quasi identico si potrebbe ripetere per L'abbandono e La tregenda dalle Villi di Puccini, in cui la Haydn ribadisce di suonar bene, compatta, con un suono ben controllato e tuttavia manca qualcosa: manca il carattere, la suggestione, l'atmosfera dell'Abbandono come lo spirito febbrile, la danza diabolica e travolgente della Tregenda, che rimangono sottotono, subordinati a un'esigenza di correttezza, nonostante al moto blando della bacchetta si accompagni una mimica sopra le righe (e, ancora, senza rapporto con quanto ascoltiamo). Il bis della Tregenda, se possibile, risulta ancor più piatto e schematico, privo di un'autentica propulsione metrica e ritmica, inutilmente appesantita. La visione attenta è quasi un manuale, per negazione, del senso della direzione e della concertazione, che non deve seguire ma condurre e ispirare l'orchestra, che non deve disperdersi in gesti e mimica d'effetto, ma far ciò che è giusto ed esatto per dare un vero punto di riferimento ed esprimere le proprie idee. Altrimenti, si gioca a dirigere davanti allo specchio o al video di un altro concerto, altrimenti l'orchestra fa da sé e dimostra che tanto quanto un direttore può fare la differenza, allo stesso modo può essere inutile se questa differenza non la sa fare.

Istruttivo, quindi, anche il concerto dal Senato “senza direttore” sebbene ufficialmente ci fosse e non si sia data a Marco Mandolini e ai suoi colleghi il merito di autogestione e ascolto reciproco che spetta loro.


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