L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il mistero svelato

di Michele Olivieri

L’emergenza sanitaria ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web importanti proposte arrivano direttamente a casa dando una mano alla cultura e un senso di aiuto per ciascuno di noi. In streaming dalla Royal Opera House in Covent Garden a Londra è andato in onda il balletto “Anastasia” di Kenneth MacMillan per The Royal Ballet.

LONDRA maggio 2020La danza in questa creazione risulta appagante e lucente, e il rimando tra la storica famiglia imperiale e l’arte del balletto completa l’articolata ideazione in egual misura. Gli zar Romanov sono stati i primari finanziatori dei Teatri imperiali, non mancando mai alle occasioni in cui era possibile scorgere le esibizioni delle future prime ballerine od étoile, senza tralasciare la tradizione che voleva imperatori e nobili scegliere le amanti tra le esecutrici della danza classica accademica. Kenneth MacMillan rifacendosi al mito della granduchessa data per sopravvissuta all’eccidio della famiglia imperiale punta dritto al mito confezionando una creazione votata al talento, inteso come dote artistica, quell’inclinazione profonda capace di caratterizzare volti e personalità mettendo in luce gli esaustivi connotati. I protagonisti e il corpo di ballo nelle sfavillanti scenografie, indossano ornamentali costumi riccamente cuciti, ricordando leggiadre figure dalle guance morbide e graziose, e dai lineamenti fini. Tra tutti colpisce lo sguardo di una donna – la protagonista – che si ritrova suo malgrado a vivere alcuni dei più tragici eventi della Rivoluzione d’Ottobre, narrando attraverso la melodia del movimento un mondo perduto, i cui protagonisti si trasformano in spettri e la cui bellezza vive oggi nella memoria scritta e fotografica.

La musica, affascinante, dei primi due atti è di Čajkovskij (Sinfonia n.1 e n. 3), mentre quella del terzo atto - con la Sinfonia n. 6 di Bohuslav Martinů e la creazione elettronica di Fritz Winckel e Rüdiger Rüfer - si presenta appropriata per il soggetto.

Natalia Osipova è sorprendente, oltre che per la ben consolidata e sopraffina tecnica, per l’interpretazione drammatica che la vede trasformarsi da una ragazza appagata e brillante a una donna dolente ed irrequieta, i suoi movimenti appaiono significativi ed emotivi, i suoi occhi parlano!

La creazione coreografica, avvenuta nel 1967, con l’allestimento solo del futuro terzo atto rappresentato alla Deutsche Oper Ballet di Berlino nell’interpretazione della ballerina Linn Seymour permise in seguito a MacMillan uno sviluppo a serata intera per il Covent Garden mentre era Direttore Artistico del Royal Ballet, riproponendolo in seguito nuovamente nella versione originaria al Balletto di Stoccarda nel 1976.

L’edizione integrale, vista oggi in streaming, mostra lo Zar e la sua famiglia nella vita quotidiana di corte e a bordo dello yacht imperiale con alcuni ospiti mentre vengono informati dell’avvenuto scoppio della Prima Guerra Mondiale. Prosegue nel secondo con il ballo in onore di Anastasia, presso il Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo nel debutto in società della sfortunata granduchessa. La festa viene interrotta dall’annuncio del divampare della rivoluzione. Nel terzo atto si cambia totalmente registro ritrovando la protagonista in un manicomio berlinese, in cui è ricoverata una donna in stato confusionale che non distingue il passato dal presente. La giovane afferma di essere Anastasia, ma in realtà si chiama Anna Anderson, e per lungo tempo riempie le cronache dichiarandosi Anastasia, la sopravvissuta. Da questo fatto realmente accaduto prende spunto l’ampliamento del balletto di Kenneth McMillan rispetto a quello del debutto. Anna Anderson pretendeva di essere identificata come la Granduchessa Anastasia, e qui viene raffigurata delirante mentre cerca di recuperare la memoria tra coloro che la sostengono e chi la incolpa di alterare e falsificare la verità consapevolmente. McMillan metaforicamente mostra nelle scene iniziali ed intermedie la vita di Anastasia attraverso la fervida immaginazione della Anderson. Dopo la scomparsa del coreografo e ballerino scozzese avvenuta nel 1992, il balletto venne ripreso sulle intenzioni lasciate in eredità con leggere modifiche oltre a nuovi costumi e scenari disegnati da Bob Crowley, a differenza di quelli originali firmati da Barry Kay, a sottolineare anche la grandezza dell’Impero russo con colorati rimandi alle danze di carattere tipiche dell’identità nazionale. Le dinamiche risultano fluide con uno stile prettamente neoclassico, per concludersi su un dizionario di matrice contemporanea, nel far rivivere i traumi. Una danza finale che pone in risalto la perdita e l’incertezza, e la controversa figura di Rasputin, denominato il “demone santo”. Da sottolineare il grand pas de deux che coinvolge idealmente anche la storica amante dello zar, la celebre ballerina Mathilde Kschessinska, interpretata dalla sempre naturale e spontanea Marianela Nuñez, affiancata dal danseur noble Federico Bonelli. Il resto della compagnia risulta affidabile e distinta, con un temperamento proprio (Edward Watson, Thiago Soares, Christina Arestis, Christopher Saunders, Olivia Cowley, Beatriz Stix-Brunell, Yasmine Naghdi, Kristen McNally, Alastair Marriott, Alexander Campbell, Ryoichi Hirano, Valeri Hristov, Luca Acri, Tristan Dyer, Marcelino Sambé). Nel finale colpisce l’immagine della donna con i capelli tagliati corti, con indosso un abito tipico degli ospedali psichiatrici color grigio, mentre osserva un film d’archivio della Russia Imperiale soffermandosi sul primo piano della figlia più giovane dello zar, Anastasia, nella quale la donna in grigio si identifica.

La narrazione dapprima convenzionale e leggera, quasi fosse un pastiche di antica memoria con rimandi allo stile di Petipa, sfocia in una potente sfida psicologica per il ruolo della ballerina protagonista, capace di esplorare uno dei grandi misteri storici del XX secolo. Nel 1991 furono riesumati i corpi di nove persone ad Ekaterinburg. Il Dna provò che si trattavano dello zar, della zarina, di tre dei loro cinque figli e di altre quattro persone di servizio assassinate con i membri della famiglia imperiale. La mancanza di due corpi riaprì il caso su Anna Anderson. Nel 1994 le analisi del Dna di un reperto della presunta rediviva Anastasia portarono a concludere che non poteva essere imparentata con i Romanov, ma che in realtà si trattava di Franziska Schanzkowski, una malata di mente polacca. Nel 2007 presso la regione degli Urali vennero trovati i due corpi rimanenti all’eccidio, identificati successivamente dal Dna. Ciò escluse per sempre la possibilità che un qualsiasi membro della famiglia imperiale fosse scampato al massacro.

Il balletto permette di rivivere un dramma nel dramma, quello della follia umana in ogni sua accezione, in cui l’oro e il luccichio ben presto lasciano spazio alle sfumature leggendarie di un melò.

 


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