L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fare la differenza

di Vincenza Caserta

In vista delle fasi finali del Concorso internazionale Claudio Scimone per strumentisti ad arco, che si terranno fra il 20 e il 23 settembre a Padova, abbiamo incontrato il presidente della giuria, il maestro Nicola Guerini.

Per un interprete è fondamentale la maturità nel getsire le emozioni e trasmetterle al pubblico. I giovani che partecipano ai concorsi, nonostante la giovane età, riescono a compiere questa “magia”?

Penso che i concorsi siano un’ottima occasione per confrontarsi con se stessi e con gli altri candidati: un’esperienza che ognuno vive in modo diverso trasmettendo emozioni e fragilità. Ogni interprete desidera trasmettere le proprie idee, le proprie intenzioni coinvolgendo il più possibile chi ascolta. Talvolta alcuni solisti particolarmente talentuosi, anche se molto giovani, colpiscono per il loro magnetismo e per una visione dell’opera capace di creare spazi sonori, una dimensione nuova, un viaggio dentro le trame nascoste dell’opera.

Oggi abbiamo importanti riferimenti tra gli interpreti, alcuni sono ormai leggendari. Quali sono le caratteristiche che un giovane musicista deve avere per potersi affermare nei concorsi internazionali?

Nei concorsi si sono affermati artisti importanti che sono diventati un riferimento per la storia dell’interpretazione. Non cercherei una ricetta vincente per affermarsi in un concorso internazionale in quanto ogni candidato ha la propria formazione e la propria personalità. Il talento, è vero, lo si riconosce sin dalla giovane età, ma sono lo studio, le esperienze, i maestri che si incontrano a forgiare il proprio percorso e a fare la differenza.

Lei ha fatto parte di giurie di importanti concorsi: davanti a un livello tecnico molto sviluppato e curat, cosa permette di selezionare alcuni artisti rispetto ad altri?

L’aspetto tecnico è certamente importante ma ciò che colpisce in uno strumentista è la sua capacità di “far musica”, la ricerca del suono, il fraseggio, il respiro della pagina. Ci sono esecutori che già dall’attacco del primo suono mostrano tutti questi elementi.

Alcuni concorsi “storici” hanno consacrato e fatto conoscere grandi talenti. Quanto è importante oggi questo percorso per chi oggi si affaccia al concertismo?

Il concorso, a mio avviso, è una buona opportunità per farsi conoscere. Vincerne uno importante aiuta a emergere a livello internazionale ed essere invitato in stagioni concertistiche prestigiose, collaborando con grandi artisti.

Il concorso Claudio Scimone è dedicato agli strumenti ad arco. Non è semplice mettere a confronto tra loro strumenti diversi, come possono essere il violino ed il violoncello: che tipo di valutazione compie la giuria?

Il Concorso Internazionale Claudio Scimone è rivolto a violinisti, violisti, violoncellisti e contrabbassisti di ogni nazionalità nati dopo il 31 dicembre 1998. Nelle diverse edizioni abbiamo ascoltato numerosi talenti con caratteristiche anche molto diverse tra loro, chi con uno spiccato approccio analitico, altri più tecnico o istintivo. Di ogni candidato la giuria valuta la personalità, il suono, ma soprattutto il “musicista” e la sua capacità di raccontare ciò che “vede” nel testo musicale. Tecnica, msuicalità e personalità sono parametri molto importanti, un magnifico mix in cui uno non esclude l’altro, anzi. Teofil Milenkovic, Giuseppe Gibboni e Luca Giovannini, vincitori delle scorse edizioni, ne rappresentano una splendida dimostrazione.

Giuseppe Gibboni, per l'appunto, è l’esempio di un ragazzo premiato al Concorso Scimone che subito dopo ha ottenuto un’altra conferma al Paganini. Cosa ricorda in merito alla sua partecipazione al concorso?

Ricordo la prova splendida di Giuseppe Gibboni che si è dimostrato subito uno straordinario fuori classe: tecnica superlativa e padronanza totale dello strumento, suono e stile, intensità e raffinata maturità musicale.

La dedizione alla musica è fondamentale per chi intraprende questo percorso. Il pianista Arturo Benedetti Michelangeli la definiva “una filosofia, una concezione di vita che non può basarsi né sulle buone intenzioni né sul talento naturale, bisogna avere prima di tutto uno spirito di sacrificio inimmaginabile”. Che consiglio darebbe ai giovani interpreti che dedicano molto di se stessi all’arte?

Ho sempre pensato che ogni strumentista compie una sorta di rito iniziatico dentro il testo musicale. La dedizione è la parola chiave per crescere ogni giorno, una filosofia di vita che richiede liturgie e comportamenti severissimi con se stessi. Non deve passare il messaggio che esistono scorciatoie, perché la dedizione per lo studio continuo e consapevole è fondamentali per crescere artisticamente e coltivare l’umiltà, caratteristica dei grandi interpreti.


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